Torino, Teatro Regio: “L’elisir d’amore” (cast alternativo)

Torino, Teatro Regio Stagione d’opera 2024 – 2025
“L’ELISIR D’AMORE” 
Melodramma giocoso in due atti di Felice Romani da “Le philtre” di Eugène Scribe
Musica di 
Gaetano Donizetti
Adina ENKELEDA KAMANI
Nemorino VALERIO BORGIONI
Il Dottor Dulcamara SIMONE ALBERGHINI
Il sergente Belcore LODOVICO FILIPPO RAVIZZA
Giannetta ALBINA TONKIKH*
*Artista del Regio Ensemble
Orchestra e Coro del Teatro Regio di Torino
Direttore 
Fabrizio Maria Carminati
Maestro del coro Ulisse Trabacchin
Maestro al fortepiano Paolo Grosa
Regia 
Davide Menghini
Scene Davide Signorini
Costumi Nika Campisi
Luci Gianni Bertoli
Nuovo allestimento del Teatro Regio di Torino in coproduzione con Teatro Regio di Parma
Torino, 29 Gennaio 2025
 L’Elisir dovrebbe essere allestito, senza patemi, come un’opera semplice e lineare. La collocazione potrebbe giocarsi nell’alternativa tra la piazza di un piccolo borgo o, in campagna, entro un cortile al centro di un agglomerato di cascine. Nel corrente allestimento del Teatro Regio, la collocazione è in una attrezzatissima falegnameria che affianca un teatro di marionette. Vige la confusione più totale: lo spazio è ingombrato da un tavolone da falegname, dal pagliericcio di Nemorino, ci sono pure un pc portatile e il frigorifero per la cocacola. Si è costretti a ricorrere alle interviste degli ideatori dello spettacolo e ai pretenziosi “Appunti di regia” per raccapezzarcisi. In conclusione: scena assai confusa, artefice Davide Signorini; costumi cervellotici di Nika Campisi, si fanno indossare alle popolane di cui al libretto crinoline e parrucche, come per balli chez Adriana o Fedora. Davide Menghini, il regista, mette poi sù un gran caos in cui si mescolano alla rinfusa, ad aumentar la confusione, nani, ballerine, soldataglia, marionette, pinocchi e grilli parlanti. Le luci di Gianni Bertoli, pur adempiendo alla funzione principale che è illuminare, sono sparate a caso sul gran caravanserraglio in scena. Reso indistinguibile, tra i tanti figuranti, in questo gran bailamme, il Coro del Teatro Regio di Torino se la cava egregiamente potendo dar sfogo a sonorità che, in un clima più composto, urterebbero. Ulisse Trabacchin ha comunque fatto tesoro della situazione per far sfogare tutte l’energia che il suo complesso possiede e deve, in altre circostanze, mortificare. Né si mostra dissimile quanto realizza l’espertissimo Maestro Fabrizio Maria Carminati. La frequentazione pluridecennale della buca l’ha certamente ben dotato della capacità di adattamento ad allestimenti e interpreti assolutamente non lineari. Qui l’eccellente Orchestra del Teatro Regio pare non voler perseguire un prefissato disegno complessivo, ma, dopo un brillantissimo Preludio, riesce a rendere plausibile quanto si vede e quanto si sente. Non è stata certo impresa da poco adattarsi alle due compagnie di cantanti, in campo a sere alterne, che si caratterizzano come assai dissimili. Enkeleda Kamani, giovane ed avvenente soprano albanese, dà ad Adina tutta la verve della soubrette di rango. Il timbro è asprigno, poco il peso sonoro, come scarsi gli armonici. La vivacità come il carattere civettuolo e dispettoso, vengono sicuramente promossi e garantiti sia dalla cura della pronuncia italiana che dall’eccellente tecnica di canto. La vocalità della Kamani non promuove comunque l’aspetto più lirico del personaggio. Simone Alberghini, Dulcamara di lusso di questa compagnia, viene ridimensionato nella sua esuberante prestazione dalla confusione scenica generale. Quando è tutto un viavai caotico, anche l’entrata del carattere chiave dell’opera passa in sott’ordine. La voce sfida bellamente le insidie del tempo, quali un vibrato evidente e una certa fissità d’emissione. L’espansione sonora, la perizia tecnica e il colore, così come le doti attoriali, si mostrano intatte. Il personaggio gode di una innata simpatia che Alberghini sa, con efficacia sorprendente, trasmettere allo strabocchevole pubblico della pomeridiana infrasettimanale. Belcore, lo spaccone che, inesorabile, non se ne fa scappare una si realizza nei panni e nella magnifica voce di Lodovico Fabrizio Ravizza, forse il reale punto di forza del cast odierno. Voce, sana, giovanile ed esuberante. Bel colore e bella flessibilità. Per quanto Belcore sia già vivacemente estroverso, Ravizza si mostra ben pronto ad affrontare anche altri personaggi di peso, sia del repertorio buffo che drammatico. Voce e personalità che senz’altro promettono molto e da seguire con attenzione. Albina Tonkhik, artista del Regio Ensemble, è una squisita Giannetta a cui bastano i pochi interventi, previsti dalla parte, a introdurre quella nota di lirismo che latita nella protagonista. Valerio Borgioni, per essere un prototipo di Nemorino ha tutto: bella presenza, età, spigliatezza e timbro mascolinamente carezzevole. Sfrutta doti naturali che però non paiono ancora sufficientemente modellate dallo studio e da una musicalità innata. La sua vocalità, bella e prorompente, non si mostra ancora lavorata a sufficienza, né pare al momento sfruttare a pieno le risorse di un canto sul fiato. Legati e forcelle sono spesso colti di striscio, così come molti altri segni dinamici. È una vocalità che all’atto può anche affascinare ma che potrebbe pur rivelarsi, nel tempo, precaria. La Furtiva Lacrima è ottimamente eseguita, nel “larghetto” molto largo che gli concede Carminati, anche al confronto col tempo più stretto che, con altro interprete, lo stesso direttore stacca la sera successiva. Gli indugi e le pause, arricchite da colori ben calibrati, ne ricreano comunque il fascino che da sempre la caratterizza. Gli applausi e le grida entusiaste, lanciate da un manipolo di giovani appassionati, hanno contagiato in pieno la compassata platea. Paolo Grosa, al fortepiano, in buca, ha, con gran classe, sorretto le voci nei recitativi e interludiato con fantasia nei passaggi di scena. Al Regio sono quasi assenti, da decenni, i titoli drammatici del repertorio donizettiano, il solo Elisir gode di una ricorrenza costante e comunque si mostra sempre di grande richiamo e di successo assicurato. Ciononostante, ci si rammarica, a ragione, che né per le Tre Regine, né per Favorita non si prospetti neppure vagamente una qualche ipotesi di approdo.