Verona, Teatro Filarmonico: “La Wally” di Catalani

Verona, Teatro Filarmonico, Stagione Lirica 2025
“LA WALLY”
Dramma lirico in quattro atti su libretto di Luigi Illica                                                       
Musica di Alfredo Catalani
Wally EUNHEE MAGGIO

Stromminger GABRIELE SAGONA
Afra MARIANNA MAPPA
Walter ELEONORA BELLOCCI
Hagenbach CARLO VENTRE
Gellner YOUNGJUN PARK
Pedone di Schnals ROMANO DAL ZOVO
Orchestra e Coro della Fondazione Arena di Verona
Direttore Antonio Pirolli
Maestro del Coro Roberto Gabbiani          
Regia Nicola Berloffa                                                                                                     
Scene Fabio Cherstich                                                                                                          Costumi Valeria Donata Bettella
Luci Valerio Tiberi
Allestimento della Fondazione Teatri di Piacenza in coproduzione con Fondazione Teatro Comunale Pavarotti/Freni di Modena, Fondazione I Teatri di Reggio Emilia e Teatro del Giglio di Lucca.                                                                                                                         
Prima rappresentazione di Fondazione Arena di Verona al Teatro Filarmonico

Verona, 16 febbraio 2025
Alfredo Catalani, pressoché assente nella lunga storia degli spettacoli lirici veronesi (si ricorda solo una Loreley areniana nel 1935 con Albanese, Merli, Cigna e Tagliabue) torna al Filarmonico dopo oltre un secolo con la sua ultima opera, quella Wally già ammirata da Toscanini e Mahler. Il capolavoro del lucchese, un affresco sonoro ambientato sulle Alpi tirolesi denso di contrasti emotivi frammisti a suggestioni paesaggistiche, tratto dal romanzo di Wilhelmine von Hillern, con il suo finale di potenza tardoromantica si vide schiacciato dalle quasi contemporanee novità teatrali di Mascagni, Leoncavallo e Puccini. Opera di fatto assente dalle scene italiane, definita “tedesca” da Verdi, vanta un formidabile tessuto sinfonico capace di dipingere veri e propri paesaggi sonori, come nei preludi al III e IV atto, anche se dei numeri vocali è rimasta celebre solo l’aria Ebben ne andrò lontana peraltro cavallo di battaglia di molti soprani. Partitura pregevole, dunque, che dipinge i suoni di una vicenda nella quale il legame tra uomo e natura regge il ritmo drammaturgico condizionando le singole personalità fino al potente ed innovativo finale. L’allestimento del regista Nicola Berloffa è il risultato di una coproduzione tra le fondazioni Teatro di Piacenza, Teatro Comunale Pavarotti – Freni di Modena, Teatro di Reggio Emilia e Teatro del Giglio di Lucca, già andato in scena nel 2017. Protagonista visiva è la montagna, testimone di fatica, dolore, gelosia e contrasti umani e sociali, che incombe minacciosa nella sua grandezza e pericolosità sui protagonisti arrivando persino ad inghiottirli nel suo abbraccio finale inesorabile e mortifero. La lettura di Berloffa, almeno nelle intenzioni originali, vorrebbe offrire una narrazione fluida di gusto noir ponendo l’accento sugli elementi più inquietanti del racconto ma al Filarmonico la sua efficacia è stata smorzata da talune scelte, specialmente nel secondo atto dove protagonisti e coro sono compressi all’interno di una baita alpina nel quale faticano quasi a muoversi. Il contrasto tra le cime innevate, sfondo rassicurante e ristorativo e gli interni, dove si consumano le azioni, i conflitti e gli intrighi, trovano nelle scene di Fabio Cherstich uno sfondo fortemente evocativo grazie al paesaggio montano realizzato su più piani praticabili che creano sentieri e burroni, all’uso del fumo bianco di alta quota e della immancabile nevicata. Di buon gusto i costumi di Valeria Donata Bettella, che posticipano la vicenda di circa un secolo, e le luci di Valerio Tiberi che creano suggestivi contrasti tra scenografia e fondale. Sotto il profilo musicale il risultato non è sembrato particolarmente omogeneo, soprattutto nel secondo atto dove il suono era assorbito dalla struttura e le voci venivano sovrastate dall’orchestra. Nel ruolo della protagonista, la coreana Eunhee Maggio pur possedendo un buon materiale vocale non risulta particolarmente adatta alla densità vocale e drammatica che il ruolo richiede; puntando a una dimensione lirica del personaggio con la ricerca di particolari colori e sfumature ha finito per azzerarne la sostanza al punto che a più riprese (anche nella celebre Ebben ne andrò lontana, assai esile e priva di slanci) risultava difficoltoso sentirla. Appare evidente che nel corso dell’opera è stata spesso  fagocitata dalle voci maschili, a partire dall’Hagenbach di Carlo Ventre, vigoroso ed appassionato, anche se talvolta si mostra eccessivamente portato a un  canto spinto che ne adombra la prestazione nonostante una certa sensibilità al fraseggio. Su un altro piano si pone il baritono Youngjun Park,  che unisce spiccate capacità attoriali ad una linea di canto sempre nobile e vellutata, venendo a delineare il personaggio di Geller come malvagio, lugubre  ed opportunista. Prova positiva anche per Eleonora Bellocci nel ruolo del giovane cantore Walter, dotata di presenza scenica e bella voce che dispiega nella Canzone dell’edelweiss, così come lo Stromminger di Gabriele Sagona, convincente ed autorevole. A completare il cast Marianna Mappa (Afra), fiera e passionale e Romano Dal Zovo (Pedone di Schnals). Dal podio Antonio Pirolli riesce ad imprimere una lettura intensa e ricca di sfumature, ora energica ora vellutata, capace di rivelare tinte impressioniste che coinvolgono e mettono in evidenza i contrasti caratteriali e la tavolozza timbrica di cui la partitura di Catalani abbonda. In questo è fortemente sostenuto dall’Orchestra della Fondazione Arena sempre in ottima forma grazie anche alla bravura delle sue prime parti. Bene anche il coro, guidato da Roberto Gabbiani, efficace nell’interazione con i protagonisti della vicenda ma ancora una volta messo in difficoltà da posizionamenti discutibili (nel già sopracitato secondo atto e nel terzo dove è troppo arretrato) dai quali riesce tuttavia a disimpegnarsi con onore. Un pubblico non numerosissimo ha decretato il successo di questo spettacolo che di fatto ha la valenza di una prima e restituisce piena dignità musicale ad un grande compositore morto troppo giovane e suo malgrado oscurato dal concittadino e coetaneo Giacomo Puccini. Repliche venerdì 21 e domenica 23. Foto Ennevi per Fondazione Arena.