Genova, Teatro Carlo Felice, Stagione 2024-2025
“FALSTAFF”
Commedia lirica in tre atti su libretto di Arrigo Boito da Shakespeare
Musica di Giuseppe Verdi
Sir John Falstaff AMBROGIO MAESTRI
Ford ERNESTO PETTI
Fenton GALEANO SALAS
Dott. Cajus BLAGOJ NACOSKI
Bardolfo ORONZO D’URSO
Pistola LUCIANO LEONI
Mrs Alice Ford ERIKA GRIMALDI
Nannetta CATERINA SALA
Mrs Quickly SARA MINGARDO
Mrs Meg Page PAOLA GARDINA
Orchestra, Coro e Tecnici dell’Opera Carlo Felice di Genova Balletto Fondazione Formazione Danza e Spettacolo “For Dance”ETS
Maestro concertatore e direttore Jordi Bernàcer
Maestro del coro Claudio Marino Moretti
Regia Damiano Michieletto ripresa da Andrea Bernard
Scene Paolo Fantin
Costumi Carla Teti
Luci Alessandro Carletti
Video Rocafilm Filmproduktion
Allestimento della Fondazione Teatro Carlo Felice di Genova.
Genova, 9 marzo 2025.
Ancor prima che si alzi il sipario domina, sullo schermo che chiude il palcoscenico, un live della grande e nota facciata della Casa di Riposo che Verdi ha voluto donare ai musicisti e alla città di Milano. L’immagine sfuma poi sull’ampio soggiorno della casa in cui il notissimo ritratto del Maestro occhieggia sia il divano damascato, ricovero del sonnacchiante Falstaff, che i tavolini da gioco degli altri ospiti e l’andirivieni di carrelli vivande e OSS indaffarati. Dallo sfondo si diffonde il suono di un pianoforte solitario che accenna le più note hits verdiane. L’ambiente, assai mesto e rattristante per un pubblico non più giovane, viene sconvolto di netto dai frastornanti accordi iniziali dell’orchestra, uniti alla contemporanea arrembante irruzione, attraverso le alte finestre, di tutti i personaggi dell’opera. Il clima di sonno-veglia, sogno-realtà, che è la cifra dominante dell’intero spettacolo, viene così perentoriamente imposto dalla geniale regia di Damiano Michieletto, qui fedelmente ripresa da Andrea Bernard. Frutto di pura visione poetica è poi la scena di Paolo Fantin che le luci di Alessandro Carletti tinge di fantastico, mentre i costumi contrastanti di Carla Teti costringono a una prosaica quotidianità. Lo spettacolo, nato a Salisburgo (2013) e poi ripreso a Milano, ha tuttora mantenuto la dirompente carica innovativa delle sue origini. La sfumatura prevalentemente malinconica e l’incertezza dei confini del sogno sono le tinte che permeano la recita. Su tutti gli attori, che in complesso recitano magnificamente, emerge l’inossidabile eccellenza di Ambrogio Maestri, ancora ineguagliabile
protagonista. I fiati non son più quelli e le frasi, a tratti, soffrono di qualche esitazione ma l’indignazione dell’Onore, da rinfacciare alla plebaglia, continua a squillare prepotente. Ormai reticente ai trasporti d’amore, li tiene inudibili in sott’ordine, efficacemente bisbigliati. Il Quand’ero paggio lo dà, senza rimpianti, come una turbativa nei ricordi, ormai cassata definitivamente sia dal possibile che dal probabile. Falstaff, che sonnecchia in continuo, pare assediato da incubi e delusioni che lo rendono eroe solitario, senza interlocutori. Tutti gli altri si agitano ma rimangono comparse di un sonno turbato. Ford, grezzo omuncolo di poco spessore, così lo considera anche la moglie, viene magistralmente impersonato da un giovanile e fresco Ernesto Petti, che peraltro, un po’ troppo volentieri, si allinea alle vocianti e troppo sonore sfuriate di Sir John e dei
Bardolfo/Pistola di turno. Erika Grimaldi trova in Alice uno dei suoi personaggi d’elezione, vi esprime, senza remore, l’innato e ben coltivato lirismo asprigno, tipico della sua controllatissima vocalità. Le ben sonore e timbrate reverenze di Sara Mingardo non si faranno facilmente dimenticare come, checché ne dica il Sir, la sua arguzia ben articolata con una dizione e un fraseggio raffinatissimo e provetto, da manuale di recitazione. La Meg di Paola Gardina disbriga con perizia e classe i suoi, seppur ridotti, interventi solistici ed è efficacissima nei numerosissimi insiemi previsti da quest’opera tutta costruita con iperbolici concertati, quasi una sfida che Verdi lancia al Wagner dei Meistersinger, tanto esaltato nella Milano scapigliata del tempo. Sono certamente frutto di un’assai meticolosa preparazione attoriale, unita ad una corrispondente accuratezza musicale, le apprezzabilissime prestazioni
dell’irresistibile Blagoj Nacoski, Dottor Cajus, e della coppia buffa Bardolfo e Pistola, rispettivamente Oronzo D’Urso e Luciano Leoni. Fuori dalla mischia e librati nei cieli della loro passione, frutto di un puro fantastico sogno, l’eccellente coppia Fenton-Nannetta a cui Verdi dà, eccezionalmente, solo affetto e simpatia. Belli il timbro e la grazia del porgere di Galeano Salas, giovane e promettente tenore di grazia messicano. Risolutezza e sicurezza sono sfoggiate con perentoria vocalità dall’eccellente Caterina Sala nei panni di Nannetta. Altrettanto significative le magiche filature, al limite dell’udibile, del fil d’un soffio etesio (sic!). Di lei, il palcoscenico e la platea, a termine recita, hanno
festeggiato, oltre al successo personale, il concomitante compleanno. Nel breve atto finale si è pure visto agire con proprietà, nella carola delle fate, il corpo di ballo della Fondazione “For Dance” ETS e si è udito l’ottimo Coro dell’Opera Carlo Felice, guidato dal Maestro Claudio Marino Moretti. L’intrepida Orchestra del Carlo Felice era diretta dal valenciano Jordi Bernàcer che ha superato l’incertezza, insita nell’ambiguità del dilemma, sogno – realtà, adagiandosi anch’egli, come Falstaff, sul metaforico divano sicuro della buona pratica della bacchetta. Così operando si può rischiare la noia ma si evita sicuramente il disastro. Strabocchevole e, a tratti, anche entusiasta il pubblico della domenica pomeriggio. Si deve constatare che si è finalmente non solo ripresa ma pure rinforzata la tradizione che prevede, di domenica, tutta la Liguria al Carlo Felice.
Genova, Teatro Carlo Felice: “Falstaff”
