Maggio Fiorentino: Dame Jane Glover dirige i concerti Brandeburghesi di J.S.Bach

Firenze, Teatro del Maggio Musicale Fiorentino, Stagione 2025
Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino
Direttrice Dame Jane Glover
Johann Sebastian Bach: Six Concerts Avec plusieurs Instruments BWV 1046 – 1051.Concerto n.1 in fa maggiore BWV 1046; Concerto n. 3 in sol maggiore BWV 1048; Concerto n. 5 in re maggiore BWV 1050; Concerto n. 6 in sib maggiore BWV 1051; Concerto n. 4 in sol maggiore BWV 1049

Firenze, 21 marzo 2025
Ad accogliere il pubblico un ampio organico strumentale, con i musicisti quasi tutti in piedi: 2 corni (Alessio Dainese, Alberto Serpente) 3 oboi (Marco Salvatori, Alessandro Potenza, Massimiliano Salmi) un fagotto (Alejandra Rojas) un violino (Salvatore Quaranta), con un nutrito gruppo d’archi disposti in semicerchio e, in fondo, un clavicembalo per la realizzazione del basso continuo (Dimitri Betti). Una serata in cui si sono apprezzati i virtuosismi di una musica concepita all’interno di una varietà che, nonostante risalga al periodo compositivo di Bach a Weimar, continua a stupire per la sua bellezza senza tempo. L’ordine d’esecuzione (1, 3, 5, 2, 6 e 4) in certo modo – oltre che evidenziare un’ulteriore ricchezza anche sul piano tonale come esplicitato dalla realizzazione armonica del clavicembalo (basso continuo) – offriva un arcobaleno di colori e di intrecci armonico-contrappuntistici. La ricchezza della scrittura bachiana, ove a tratti si coglievano i tre generi del concerto barocco (policorale, grosso e solistico), autentica eredità stilistica italiana (Gabrieli, Corelli, Vivaldi), nell’interpretazione della Glover evidenziava un’accurata concertazione.

Nel Primo concerto, un autentico polittico sonoro, si poteva già cogliere in nuce quella sintesi della musica concertante barocca, ma per l’organico orchestrale ed in particolare per la presenza dei corni (‘corni di caccia’ nell’originale, di cui si segnala la magistrale interpretazione di Dainese coadiuvato da Serpente), sembrava assurgere ad emblema di atmosfere più note (Sinfonia La Chasse di Haydn) oltre al fatto che l’ottima articolazione della fagottista Rojas ben si fondeva con i bassi. Riflettendo sull’interpretazione della direttrice colpiva il modo di trattare i musicisti, autentica gentlewoman, e la sua spontanea natura musicale tanto che qualche piccola e sporadica ‘sbavatura’ non era un’ ‘imperfezione tecnica’ ma sfumatura dei colori. Considerando l’impresa nell’affrontare un programma assai impegnativo, la direttrice con entrambe le mani, senza l’uso della bacchetta, sprigionava una bella espressività convogliando l’orchestra in un unico respiro musicale. Con il Terzo si è percepita ancora di più la policoralità (tre gruppi di strumenti: 3 violini, 3 viole, 3 violoncelli concertano alla pari) in cui emergeva l’omogeneità timbrica ed un virtuosismo trasparente tanto che il rapporto imitativo del terzo movimento (Allegro) presentava un’inaudita chiarezza.
Con il Quinto abbiamo assistito alla presenza, insieme ad un flauto traverso (suono luminoso e ‘vibrante’ di bellezza di Mattia Petrilli), di un violino principale (Quaranta, musicista molto strutturato e dotato di grande duttilità che gli permette di affrontare qualsiasi repertorio con estrema musicalità), di un gruppo d’accompagnamento (violino, viola di ripieno, violoncello e contrabbasso) e del clavicembalo (Cristiano Gaudio, un musicista di cui sentiremo parlare per il suo modo versatile di suonare e per le buone idee, sostenuto da un’ interessante natura musicale). Quest’ultimo, oltre che ad offrire varietà nella realizzazione del continuo, sia nella lunga cadenza, a tratti autentica ‘Toccata’ solistica (“Cembalo solo senza stromenti”) si è fatto apprezzare anche nel movimento centrale (Affettuoso), perfetto esempio interpretativo del trio (flauto traverso, violino e clavicembalo).
Il Secondo è stato un bell’esempio di concerto grosso in cui i protagonisti erano il ‘Concertino’ (la luminosa tromba di Gabriele Cassone), flauto dolce (Maria De Martini, dalla buona articolazione ed espressività), oboe (Salvatori più volte apprezzato nel programma per chiarezza interpretativa e bel suono) e violino (Quaranta) e il ‘Tutti’ con l’orchestra d’archi in ripieno. Si segnala l’efficace ricerca della gradazione dei colori da parte della direttrice onde valorizzare i singoli strumenti. Nel I movimento la ripetizione del melos era letta in un contesto retorico diverso, nell’Andante il principio ostinato del basso, con la figurazione dell’ottavo, dettava la scorrevolezza del tempo e l’intreccio imitativo dei solisti, ivi compresa la precisione delle entrate, mentre nell’Allegro assai il rigore della fuga sovrastava sul principio concertante.
Il Sesto ha visto protagonista un ensemble di soli archi con 2 viole da braccio (Jorg Winkler e Dezi Herber in ottima sintonia) 2 viole da gamba (Silvia De Maria e Felice Zaccheo in un bel fraseggio) un violoncello (Simao Alcoforado, squisito continuista e capace di sfoderare un audace virtuosismo) e un Contrabbasso (“Violone” in partitura) suonato sempre con appropriatezza nel creare il profondo effetto nella tessitura dei 16 piedi (Marco Martelli) in cui, a parte la peculiarità dell’organico, si ha una valorizzazione del ruolo della viola, spesso incastonata tra i violini e il basso e quasi sempre per assolvere il ruolo di ‘ripieno’ o di completamento dell’armonia. Soprattutto nel II movimento (Adagio ma non tanto) in cui le 2 viole da gamba tacciono, sono proprio le viole da braccio, in un ‘duetto’ accompagnato dal basso (il violoncello si muove intorno alla linea del basso con delle semiminime), ad attirare il pubblico per il bel suono, la seducente cantabilità e il virtuosismo dell’Allegro.
A chiudere la serata il Quarto che prevede “Violino Prencipale. Due Flauti d’Echo. Due Violini, una Viola è Violone in Ripieno, Violoncello è Continuo” proposto invece con un organico più ampio: 6 violini I, 4 violini II, 3 viole, 3 violoncelli, 2 contrabbassi e il clavicembalo per il continuo. Si è apprezzata la base del concerto grosso, ma il corposo organico ha offuscato in certe sezioni l’espressività di alcuni strumenti del concertino, come nel caso dei flauti dolci (Maria De Martini e Nina Taddei, ‘duetto’ proiettato verso lo stupore). Serata riuscita per tutti con un plauso al violinista Quaranta, autentico ‘virtuoso’ e colonna portante dell’Orchestra del Maggio e per Glover, una Dame che ha offerto una lettura complessivamente attraente di un’opera che continua a porre questioni di carattere interpretativo-musicologico. Foto Michele Monasta