Napoli, Teatro di San Carlo, Stagione d’opera e danza 2024/25
“SALOME”
Dramma in un atto su libretto di Hedwig Lachmann, dall’omonimo poema di Oscar Wilde
Musica di Richard Strauss
Herodes CHARLES WORKMAN
Herodias LIOBA BRAUN
Salome RICARDA MERBETH
Jochanaan BRIAN MULLIGAN
Narraboth JOHN FINDON
Ein Page der Herodias ŠTĚPÁNKA PUČÁLKOVÁ
Erster Jude GREGORY BONFATTI
Zweiter Jude KRISTOFER LUNDIN
Dritter Jude SUN TIANXUEFEI
Vierter Jude DAN KARLSTRÖM
Fünfter Jude STANISLAV VOROBYOV
Erster Nazarener LIAM JAMES KARAI
Zweiter Nazarener ŽILVINAS MIŠKINIS
Erster Soldat ALESSANDRO ABIS
Zweiter Soldat ARTUR JANDA
Ein Kappadozier GIACOMO MERCALDO
Ein Sklave VASCO MARIA VAGNOLI
Ballerine CHIARA AMAZIO, RITA DE MARTINO, SHAILA D’ONOFRIO, MARTHA FABBRICATORE, VALERIA LACOMINO, KARINA SAMOYLENKO, GRAZIA STRIANO
Orchestra e Balletto del Teatro di San Carlo
Direttore Dan Ettinger
Regia Manfred Schweigkofler
Scene Nicola Rubertelli
Costumi Daniela Ciancio
Luci Claudio Schmid
Coreografia Valentina Versino
Produzione del Teatro di San Carlo
Napoli, 23 marzo 2025
Al San Carlo, va in scena Salome: dramma decadentistico e fiammeggiante di Richard Strauss, tratto dall’omonimo poema di Oscar Wilde. Viene ripreso l’allestimento del 2014, e la regia è nuovamente affidata a Manfred Schweigkofler. Il discorso scenico prevede una caratterizzazione dei personaggi attuata attraverso un’estremizzazione di cliché gestuali, sostenuti dal rigoroso descrittivismo del materiale testuale di Hedwig Lachmann. Il linguaggio gestuale appare enfatico e nervoso,
vivificato a volte da momenti profondamente umoristici. Il regista – in una conversazione con Lucia Licciardi, inserita nel programma di sala – sottolinea l’importanza del tono umoristico del dramma. Un’ambiguità strutturale, riscontrabile anche nel pastiche scenografico (disegnato da Nicola Rubertelli) entro cui si svolge la tragedia: le nitide luci di Claudio Schmid vivificano uno spazio scenico che desta delle perplessità, soprattutto per una sua incoerenza visiva. Il linguaggio scenico prevede uno scalone (quello del palazzo di Erode, forse), vari elementi decorativi vagamente ferrosi, un enorme specchio, posto in alto, che consente agli spettatori di intravedere le immagini pittoriche pavimentali, e uno spazio «sotterraneo» entro cui è rinchiuso Jochanaan. Un enorme pastiche, determinato da un’atmosfera drammatica estremamente vaga, ma impreziosito da una novità: sontuosi costumi, disegnati da Daniela Ciancio, vivacizzati da accessori in ScobySkin, materiale bio-fabbricato. La celebre Danza dei sette veli viene eseguita da Salome soltanto parzialmente, attraverso essenziali gesti danzati; la potenza erotica della
scena viene evocata attraverso una seducente danza collettiva (di Valentina Versino), eseguita da sette ballerine (Chiara Amazio, Rita De Martino, Shaila D’Onofrio, Martha Fabbricatore, Valeria lacomino, Karina Samoylenko, Grazia Striano), ottimamente preparate da Clotilde Vayer. Una presenza scenica che alluderebbe ai sette veli sotto cui Salome cela il proprio corpo. Il ballo collettivo e «sacrale» riesce a rendere visibili le perverse pulsioni sessuali della ragazza – già ravvisabili nella sua iniziale e insana attrazione nei confronti del corpo vagamente malaticcio del Battista, e nei confronti del suo cadaverico biancore. Una pulsione che riesce spaventosamente a concretizzare alla fine del dramma, quando bacia la testa mozzata del profeta e quando la stringe morbosamente a sé, strusciandola sul proprio corpo. Alla testa dell’Orchestra del San Carlo, Dan Ettinger: egli dà forma a un discorso strumentale fluidamente continuo e fortemente espressivo, che determina la potenza dell’azione e della parola sceniche. Affiorano con estrema evidenza i sensuali motivi tematici, disegnati mirabilmente: avviene così una valorizzazione teatrale della
lezione wagneriana appresa da Strauss – attraverso cui Ettinger riesce a dare risalto alla funzione teatrale e drammaturgica dei Leitmotive, sottoposti a continue trasformazioni. Le voci si inseriscono perfettamente nella scrittura strumentale, concorrendo alla formazione di un testo musicale dal carattere spiccatamente sinfonico, caratterizzato da una generale atmosfera esotica, un’energia strutturale folgorante e vigorosa, e da corpose e nervose sonorità. Nel ruolo eponimo, Ricarda Merbeth: il soprano garantisce all’anti-eroina un appropriato comportamento drammatico: le frustrazioni, sofferte dalla ragazza per il negato contatto col corpo del profeta, scoppiano in momenti di sensuale e scandalosa pazzia. Un ritratto psicologico particolarissimo, la cui costruzione avviene attraverso una maturità e una varietà espressive, e adoperando dinamicamente la voce. L’attrice-cantante padroneggia l’estrema e robusta scrittura vocale, affrontando saldamente i vari registri; riesce anche ad adoperare teatralmente il
materiale testuale attraverso una condotta scattante e declamatoria della voce – che, all’occorrenza, sfocia in situazioni sceniche intrise di erotico lirismo. Salome è irrimediabilmente attratta dalla morte: l’amore, per lei, è il sapore amaro sottratto, post mortem, alle labbra del Battista, interpretato da Brian Mulligan. Il baritono conferisce al suo Jochanaan un temperamento drammatico profondo, contrassegnato da atteggiamenti scenici di contrita introspezione mistica – che, vocalmente, si risolvono in immagini metaforiche di tipo profetico; un linguaggio restituito attraverso un fervido declamato – che, nei momenti di tensione scenica, il cantante riesce a condurre verso toni severi e fortemente espressionistici; ciò avviene quando il profeta scaglia contro Salome le sue espressive e rabbiose invettive. A interpretare Erode è, invece,
Charles Workman. Il tenore presta al tetrarca ricchezza sonora e una vocalità drammatica e declamante; caratteristiche che gli consentono di soddisfare opportunamente tutte le variegate necessità del ruolo, assumendo, all’occorrenza, anche toni sentimentalisti e teatralmente «ambigui»; ciò accade quando Erode tenta di corteggiare subdolamente Salome e quando appare vittima di tormenti fisici, dettati dalla repressione dei suoi desideri sessuali. Nel ruolo di Erodiade, Lioba Braun. Il mezzosoprano riesce a garantire ottime capacità interpretative alla moglie del tetrarca, scissa in momenti scenici sottilmente ironici e in sentimenti di irritazione e di sdegno per l’atteggiamento insano del marito. Forse, un maggior peso vocale avrebbe consentito alla cantante di caratterizzare ulteriormente il personaggio. Notevole è la prova vocale e interpretativa di John Findon, che restituisce un valido e appropriato ritratto del capitano Narraboth, fatalmente attratto dalla bellezza di Salome. Completano ottimamente il cast: Štěpánka Pučálková (Un paggio di Erodiade), Gregory Bonfatti (Primo Giudeo), Kristofer Lundin (Secondo Giudeo), Sun Tianxuefei(Terzo Giudeo), Dan Karlström (Quarto Giudeo), Stanislav Vorobyov (Quinto Giudeo), Liam James Karai (Primo Nazareno), Žilvinas Miškinis (Secondo Nazareno), Alessandro Abis (Primo soldato), Artur Janda (Secondo soldato), Giacomo Mercaldo (Un uomo della Cappadocia), Vasco Maria Vagnoli (Uno schiavo). La ripresa di questa Salome viene calorosamente accolta dal pubblico napoletano, acclamante e numeroso. Foto Luciano Romano
Napoli, Teatro di San Carlo: “Salome”