Roma, Accademia Italiana: Intervista a Gemma Gulisano

Roma, Accademia Italiana
“Look at me, I am the sun!”
a cura di Gemma Gulisano
Dal 14 marzo all’11 aprile 2025
Abbiamo intervistato la curatrice, Gemma Gulisano, per scoprire di più sulla mostra romana all’Accademia Italiana, dedicata all’artista pesarese Armadilly – al secolo Camilla Cesarini – dal titolo “Look at me, I am the sun”, che esplora l’identità digitale, la visibilità sui social e la cultura della performance visiva.
Come nasce l’idea di questa mostra?
Collaboro con Armadilly da quattro anni e il nostro rapporto, professionale e personale, è cresciuto in sintonia. Questa mostra segna un momento di maturità per entrambe: da un lato, la consapevolezza e l’evoluzione della sua ricerca artistica, dall’altro la mia crescita come curatrice. Il progetto nasce da un percorso condiviso, che consideriamo parte di un’evoluzione continua.
Perché avete deciso di dare questo titolo: “Look at me, I am the sun!”?
Il titolo “Look at me, I am the sun!”, scelto da Armadilly, prende spunto da una lettura dei tarocchi in cui le fu detto: “Tu sei il sole per lui”. Un episodio personale che riflette il desiderio universale di visibilità e approvazione, ma anche l’ironia che caratterizza il linguaggio dell’artista. Il titolo incarna il conflitto tra ciò che siamo e ciò che aspiriamo a essere, tema centrale nelle sue opere.

Il sole. Che significato ha per te?
Il sole è un elemento indispensabile nella mia visione esistenziale. Le giornate di sole, come immagino per la maggior parte degli individui, mi regalano un’energia speciale, una carica diversa. Il sole restituisce l’immagine  della persona solare che cerco di essere, nel tentativo di vivere la giornata sempre al meglio, con la massima carica positiva, anche quando i problemi non mancano mai. La consapevolezza di quanto sia preziosa la nostra esistenza, mi spinge a considerare ogni giornata come fosse l’unica che mi sia concessa di vivere, trasformandola in un’opera d’arte.

Come curatrice di questa mostra, come hai concepito il progetto espositivo?
Il progetto espositivo è stato concepito con grande sinergia tra me e Armadilly. Abbiamo sviluppato insieme un allestimento che fosse più dinamico e meno formale rispetto a quelli presentati in precedenza, in modo da rispecchiare l’evoluzione del nostro rapporto e dei nostri rispettivi lavori. L’allestimento è stato concepito per restituire un senso di fluidità, proprio come le relazioni sentimentali nella contemporaneità. La mostra affronta la natura sempre più effimera nell’era digitale, dove le dating app e le interazioni virtuali influiscono profondamente sul nostro modo di vivere i sentimenti e le connessioni. Le relazioni sentimentali viziate dall’artificio social e compromesse dall’individualismo che sfocia nella disgregazione sociale in atto, riflettono la condizione del “sempre più finti e sempre più soli”.

Qual è l’opera in mostra che meglio rappresenta il conflitto tra realtà e finzione nell’era della visibilità online?
My Room è un’installazione che ricostruisce in modo minuzioso la cameretta dell’adolescenza di Armadilly, alias Camilla Cesarini. Ogni dettaglio – dal PC con il tasto rotto agli adesivi, dai poster agli oggetti personali – racconta frammenti di un passato che oscilla tra fedeltà e reinvenzione. Alcuni elementi sono riprodotti con precisione, altri sono filtrati da una visione idealizzata. L’opera mette in scena il conflitto tra realtà e finzione, tema ricorrente nella ricerca dell’artista. My Room diventa così il simbolo di una crescita personale: la Camilla adolescente cede il passo ad Armadilly, che rilegge il proprio vissuto alla luce del desiderio di essere “all’altezza”, inseguendo modelli e aspettative imposte dalla società. Il confine tra autenticità e costruzione si fa sottile, rivelando una riflessione più ampia sull’immagine che proiettiamo di noi stessi, soprattutto nell’universo digitale.
In che modo l’arte di Armadilly affronta il tema delle relazioni sentimentali nell’era digitale?
La mostra indaga l’impatto del digitale sulle relazioni sentimentali, evidenziando come l’uso di app di incontri e social media finisca per alterare la percezione di sé e degli altri. L’artista racconta di rappresentare spesso adolescenti annoiate che si espongono sui social, ma anche sé stessa, il proprio corpo e lo sguardo che vorrebbe ricevere dagli altri. Al centro c’è la tensione tra realtà e apparenza: i rapporti umani si fanno fragili, condizionati dall’individualismo e dall’ossessione per l’immagine, fino a sfociare in un senso di solitudine diffusa. I profili social diventano vetrine di versioni idealizzate, maschere che nascondono la verità, riflettendosi inevitabilmente sulle dinamiche affettive, dominate dal bisogno di approvazione.
Qual è il lavoro più pop di Armadilly?
Probabilmente il lavoro più pop di Armadilly è proprio quello che manifesta il legame tra l’artista e il mondo della moda. Si tratta dell’opera “Depressed but well dressed”(2021), l’arazzo mostra un’adolescente ben vestita che ignora il fatto che sia depressa, che importa? L’importante è avere un outfit cool. Questo lavoro è nato all’inizio della nostra collaborazione, circa quattro anni fa, ed è stato uno dei primi arazzi che Armadilly ha realizzato. Il soggetto dell’opera è ispirato agli “stickers” che l’artista disseminava in giro. In questa creazione, l’adolescente è vestita con un outfit bellissimo, tratto dai suoi studi su capi e collezioni Gucci degli anni ’60-’70.

Cosa sperate che il pubblico porti con sé dopo aver visitato la mostra?
Non vogliamo lanciare messaggi, specie univoci. Sono convinta che l’arte non debba imporre risposte definitive, ma debba stimolare nuovi spunti di riflessione, generare nuovi interrogativi. Una singola opera, tanto quanto un più esteso progetto espositivo,  non mira a fornire soluzioni, ma acquisisce senso quando è capace di toccare tematiche attuali, diffuse, condivise scatenando le riflessioni del pubblico che partecipa all’esperienza espositiva.

Se “Look at me, I am the sun!” fosse una canzone, quale sarebbe?
“Ti voglio” di Ornella Vanoni, suggerirebbe l’artista.

Identità, social media e autostima: ieri e oggi…
Oggi più che mai, identità e autostima sono messe alla prova dai social media, che amplificano il divario tra ciò che siamo e l’immagine che vogliamo mostrare, alimentando il bisogno di approvazione, soprattutto tra i giovani.

Se dovessi descrivere l’arte di Armadilly con un aggettivo, quale sarebbe?
Se dovessi descrivere l’arte di Armadilly con una parola, sarebbe Pink: un colore che riflette perfettamente la sua poetica e la sua personalità.