Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea: “Zzz…Desert”

Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea
ZZZ … DESERT
di Francesca Leone
organizzazione  a cura della Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea
in collaborazione con Intesa Sanpaolo
Roma, 25 marzo 2025
C’è sempre un momento sospeso che precede la forma, una soglia silenziosa dove i materiali attendono di essere interrogati. Nell’opera di Francesca Leone questa attesa si traduce in linguaggio visivo, in pratica costante, in gesto riflessivo. La sua installazione Zzz…desert, presentata alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, conferma una ricerca coerente e stratificata, che trova nella materia usurata e nel suono della memoria un campo di azione estetica e concettuale. L’intervento si articola come una ricostruzione immaginifica di un deserto, non tanto reale quanto interiore. Un paesaggio che prende corpo attraverso sculture metalliche modellate in forme che richiamano rocce e fioriture inattese. Il deserto evocato non è arido né muto: vibra di stratificazioni affettive, memorie cinematografiche, tracce biografiche che non si dichiarano, ma si avvertono. Il titolo stesso – Zzz…desert – contiene un’ambiguità affascinante: il suono del sonno, l’eco di un ronzio, l’inizio di un sogno. Le sculture sono accompagnate da un paesaggio sonoro realizzato dal compositore Marco Turriziani, che intreccia con precisione il ronzio delle api al sussurro del vento e a profondi rimbombi metallici. Il suono non agisce come semplice sottofondo, ma contribuisce attivamente alla costruzione dell’ambiente percettivo, suggerendo allo spettatore una dimensione immersiva che invita alla contemplazione lenta, senza forzature narrative. Francesca Leone si muove da tempo in una direzione che evita la monumentalità retorica. Le sue installazioni, anche quando imponenti nelle dimensioni, mantengono una qualità raccolta, quasi intima. L’utilizzo di materiali di scarto – soprattutto lamiere arrugginite e ossidate, reperite in cantieri dismessi – si lega a una poetica del riuso che va oltre l’orizzonte ecologico. Non si tratta infatti di un semplice messaggio ambientalista, quanto piuttosto di un’attenzione specifica alla memoria impressa nella materia. Il ferro, già corroso, reca in sé le tracce del tempo, e l’artista non le cancella: le lascia affiorare, le esalta, le trasforma in struttura narrativa silenziosa. L’intervento visivo e pittorico sulle superfici – colorazioni vive, stratificazioni cromatiche che contrastano con l’opacità naturale del metallo – produce un’interazione costante tra degrado e vitalità. Le rose, in particolare, sono trattate con una forza espressiva che le sottrae a qualsiasi tentazione decorativa: la loro presenza appare simbolica, ma non sentimentale. Si impongono come emblemi di resistenza, forme vive che nascono dalla ruggine e dalla polvere. La materia, così lavorata, suggerisce un tempo lungo, un tempo non misurabile, che richiama la lentezza della trasformazione naturale. Sebbene non si presenti come opera autobiografica in senso stretto, Zzz…desert conserva nel suo impianto visivo e concettuale un legame evidente con la storia personale dell’artista. Non tanto per citazione diretta, quanto per atmosfera. La costruzione dello spazio, la sospensione percettiva, l’attenzione al silenzio, rimandano a un immaginario che trova una consonanza con quello dei film di Sergio Leone, padre dell’artista. La polvere, le rocce, l’aria immobile, i vuoti narrativi attraversati da presenze enigmatiche: elementi che abitano tanto il cinema quanto l’installazione, pur appartenendo a linguaggi differenti. Zzz…desert conserva il segno di una poetica dello sguardo assimilata sui set, ma reinventata in un’intensa visione pittorica e scultorea. Il rapporto con l’eredità paterna non è tematizzato, ma filtrato, trasfigurato attraverso una pratica artistica del tutto autonoma. La composizione dello spazio non risponde a una logica centrale o gerarchica. Le sculture si distribuiscono come frammenti emersi da un paesaggio interrotto, come elementi che appartengono a un sistema più vasto, solo in parte visibile. Questa scelta installativa favorisce un’esperienza dinamica e soggettiva da parte dello spettatore, che non è condotto, ma lasciato libero di costruire il proprio percorso percettivo. L’allestimento è arricchito da un’interessante collaborazione con Intesa Sanpaolo, che ha concesso in prestito una delle rose metalliche che compongono l’opera. Le altre due, donate da Francesca Leone alla GNAM, entreranno a far parte della collezione permanente del museo e saranno esposte nel Giardino Aldrovandi, dando continuità al dialogo tra arte e spazio naturale. Zzz…desert si inserisce in un momento di particolare rilievo nel percorso espositivo dell’artista, che rappresenterà l’Italia al Padiglione Italiano dell’Expo 2025 di Osaka. La partecipazione all’evento internazionale conferma la solidità di una ricerca artistica che ha saputo svilupparsi fuori da mode e pressioni di mercato, con coerenza e precisione. Non è comune, in un panorama artistico talvolta troppo incline all’effimero, incontrare un lavoro che coniughi attenzione al materiale, sensibilità spaziale e profondità concettuale con questa misura. Il deserto, nella lettura di Leone, non è luogo di morte ma di rigenerazione lenta. È lo spazio dove la forma si distacca dalla funzione, dove la bellezza non è immediata, ma conquistata attraverso un processo di stratificazione e riscrittura. Le rocce e le rose, pur nate dalla stessa lamiera corrotta, si rispondono con un equilibrio compositivo che alterna peso e leggerezza, opacità e brillantezza, severità e fragilità. L’installazione si conclude senza chiudersi: non c’è un centro simbolico, non c’è una morale da trarre. L’esperienza resta aperta, come il paesaggio che evoca. È in questa apertura che si misura forse la sua qualità più preziosa: quella di restare nello sguardo anche dopo la visita, come un ricordo difficile da collocare, ma impossibile da cancellare. Un’opera che non urla, ma insiste. Che non racconta, ma suggerisce. Che non consola, ma interroga. E che in questa tensione discreta e necessaria trova la sua forza.