Roma, Gallerie Nazionali di Arte Antica – Palazzo Barberini: “Caravaggio 2025”

Roma, Palazzo Barberini, Gallerie Nazionali di Arte Antica
CARAVAGGIO 2025
a cura di Francesca CappellettiMaria Cristina Terzaghi e Thomas Clement Salomon
progetto delle Gallerie Nazionali di Arte Antica
realizzato in collaborazione con Galleria Borghese
con il supporto della Direzione Generale Musei – Ministero della Cultura, con il sostegno del Main Partner Intesa Sanpaolo
con il supporto tecnico di Coopculture per i servizi al pubblico e di Marsilio Arte per la pubblicazione del catalogo.
Roma, 06 marzo 2025

Se la pittura ha mai conosciuto un eroe, questi ha un nome: Michelangelo Merisi da Caravaggio. Eroe per eccesso, per talento, per tormento. Le Gallerie Nazionali di Arte Antica gli rendono omaggio con Caravaggio 2025, mostra che ambisce a tracciare nuove rotte critiche e a portare sotto una luce rinnovata il percorso del pittore che, più di ogni altro, ha inciso a fuoco il naturalismo nell’anima della pittura moderna. Ma la luce di Caravaggio non è mai concessa con generosità: essa illumina e acceca, rivela e sottrae, si contorce nella drammaticità del vero. L’allestimento è classico nella sua impostazione museale e si sviluppa su tre sale, dove l’uso della luce diventa elemento di costruzione scenica. Tuttavia, tra ombre fin troppo dense e scritte espositive esili e poco illuminate, si rischia di compromettere la leggibilità dell’apparato critico. La prima sala appare eccessivamente densa, con un numero di opere che rischia di soffocarsi a vicenda, rendendo difficile un’esperienza contemplativa. L’affollamento dei visitatori renderà arduo avvicinarsi alle didascalie, la cui dimensione ridotta e la scarsa illuminazione rappresentano un ulteriore ostacolo alla fruizione. Con ventiquattro opere provenienti dalle più illustri collezioni pubbliche e private, Caravaggio 2025 non si accontenta di esibire capolavori, ma intende raccontare l’artista nel suo farsi. Il percorso, diviso in quattro sezioni, si apre con gli anni romani e l’incontro decisivo con il cardinale Francesco Maria del Monte, figura cruciale nel primo sviluppo della sua carriera. I Musici, la Buona Ventura, i Bari emergono come icone di una pittura ancora in bilico tra manierismo e naturalismo, in cui la luce, più che rivelare, inizia a creare. Segue la sezione dedicata ai ritratti, con la straordinaria opportunità di confrontare due versioni del Ritratto di Maffeo Barberini, una delle quali recentemente riemersa e attribuita con fermezza da Roberto Longhi nel 1963. Qui Caravaggio è magistrale nel tratteggiare la psicologia dei suoi soggetti, penetrandoli con un realismo che è più di un esercizio pittorico: è una sfida al tempo, un’insolenza alla morte. Il cuore pulsante della mostra si trova nella sezione dedicata alle grandi tele di soggetto sacro. Il San Giovanni Battista, la Giuditta e Oloferne, il San Francesco in meditazione si collocano lungo un’ideale traiettoria che dal teatro della violenza approda al mistero della penitenza. L’Ecce Homo, recentemente riscoperto e mai visto in Italia dopo quattro secoli, è forse il vertice di questo segmento espositivo: qui il Merisi scompone il pathos della Passione in una visione disarmante, in cui il dolore è trattenuto, negato, reso quasi burocratico nella sua inesorabilità. L’epilogo della mostra ha il sapore di una fuga senza scampo, quella di Caravaggio stesso, braccato non solo dalla giustizia terrena, ma dall’inesorabile rovina del suo destino. Le opere dell’ultimo periodo – il Martirio di Sant’Orsola, il David con la testa di Golia – non si limitano a rappresentare un dramma sacro, ma sembrano trascrivere in pittura l’urgenza disperata dell’artista, la sua identificazione con l’eroe vinto, con il peccatore in cerca di redenzione, con il carnefice che diventa vittima. Visitando Caravaggio 2025, si ha la sensazione di assistere a un dramma in cui il sipario non si apre mai del tutto, lasciando lo spettatore in un’attesa costante, quasi soffocata dall’allestimento che non sempre restituisce il respiro necessario alle tele. Se da un lato la luce, cupa e incalzante, amplifica la tensione emotiva dell’opera caravaggesca, dall’altro il percorso espositivo impone limiti alla piena comprensione del gesto rivoluzionario dell’artista. Tuttavia, la mostra si rivela un’operazione che non si esaurisce nell’esposizione, ma si configura come un atto di affermazione per Palazzo Barberini, che trova nella mitizzazione di Caravaggio un potente vettore per riportare l’attenzione su sé stesso e sulle potenzialità di un luogo non sempre al centro dei grandi circuiti museali. A questa rinascita contribuisce anche il catalogo edito da Marsilio, che non si limita a documentare l’esposizione, ma si impone come strumento di studio imprescindibile, capace di aprire nuove prospettive critiche e linee di ricerca su un artista che, ancora oggi, continua a sfidare la nostra capacità di vedere. Photocredit Alberto Novelli, Alessio Panunzi