Roma, Teatro Argentina : “Sei personaggi in cerca di autore”

Roma, Teatro Argentina
SEI PERSONAGGI IN CERCA DI AUTORE
da Luigi Pirandello
regia Valerio Binasco
con (in o.a.) Sara Bertelà, Valerio Binasco, Giovanni Drago, Giordana Faggiano, Jurij Ferrini
e con Alessandro Ambrosi, Cecilia Bramati, Ilaria Campani, Maria Teresa Castello, Alice Fazzi, Samuele Finocchiaro, Christian Gaglione, Sara Gedeone, Francesco Halupca, Martina Montini, Greta Petronillo, Andrea Tartaglia, Maria Trenta
scene Guido Fiorato

costumi Alessio Rosati
luci Alessandro Verazzi
musiche Paolo Spaccamonti
suono Filippo Conti
produzione Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale / Teatro Nazionale di Genova / Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini
Roma, 19 marzo 2025
“Quando l’autore si dilegua, i personaggi restano in scena. E reclamano un pubblico.(Postille semi-serie al dramma non finito, Apocrifo attribuito a Luigi Pirandello)
È una verità che riguarda l’intera letteratura e ancor più il teatro, dove l’assenza dell’autore non impedisce alla sua ombra di aggirarsi inquieta fra le quinte. Valerio Binasco, regista e attore, sembra aver preso alla lettera questa massima apocrifa e la sua nuova edizione di Sei personaggi in cerca d’autore, in scena al Teatro Argentina di Roma, si muove esattamente su questa sottile linea di frontiera: fra ciò che è stato scritto e ciò che resta da scrivere. La scena si presenta spoglia, un luogo neutro che potrebbe essere una sala prove o una palestra di scuola; tavoli e sedie scompagnate, qualche oggetto casuale, luci al neon fredde e impietose che sottolineano il carattere provvisorio dell’ambiente. La compagnia di giovani attori – studenti della Scuola dello Stabile di Torino – si muove all’interno di questo spazio con l’energia tipica di chi si esercita, si confronta, si corregge. Il teatro è rappresentato nella sua nudità più semplice, privo di quell’aura di sacralità che pure, nel cuore dello spettatore, non smette mai di esercitare. È in questa atmosfera di quotidianità che si inserisce la rottura dell’ordinario. I Sei Personaggi non entrano in scena come si varca una soglia, bensì sembrano emergere da una piega del reale, avvolti in costumi d’altri tempi, figure scolorite che il tempo non ha saputo consumare del tutto. Sono lì, richiesti da un’urgenza che non si è mai spenta: raccontare la loro storia, ottenere un riconoscimento, esistere oltre la parola scritta. Binasco non impone la sua regia con clamore. La sua scelta è quella dell’ascolto. Il Capocomico – affidato a un Jurij Ferrini misurato e consapevole – non domina la scena, ma la accompagna, guida i suoi giovani con l’attitudine del pedagogo e la pazienza di chi sa che il mestiere del teatro è fatto di continue approssimazioni. Gli attori non si oppongono ai Personaggi, non li sfidano, non li mettono in ridicolo: si pongono piuttosto in una posizione di ascolto, in cui la finzione teatrale si intreccia con la vita, in un continuo scambio di ruoli e di prospettive. La messinscena si muove su un linguaggio asciutto e diretto, che non tradisce mai la complessità filosofica del testo pirandelliano ma ne rende più immediato l’approccio. La drammaturgia è alleggerita, la lingua viene semplificata senza che la profondità venga meno: la busta “cilestrina” diventa “celeste”, ma la parola “giuoco” si conserva, come un’eco che attraversa le epoche. La riscrittura non è mai arbitraria, piuttosto è un tentativo di rendere i dialoghi aderenti al sentire contemporaneo, senza svilire il pensiero originario. Il cuore dello spettacolo pulsa nei suoi interpreti principali. Valerio Binasco stesso veste i panni del Padre, non più il filosofo raziocinante che si erge a portavoce dell’autore, ma un uomo disfatto, segnato da un dolore che lo rende fragile e umano. La sua parola si incrina, si interrompe, si asciuga in un continuo gesto di asciugare lacrime e sudore, più per stanchezza dell’anima che per emotività. Giordana Faggiano incarna una Figliastra intensa, sfrontata e insieme vulnerabile: la sua risata, momento topico della pièce, si carica di un’ambiguità che la rende un grido di ribellione e insieme un disperato bisogno di essere ascoltata. Sara Bertelà conferisce alla Madre una forza nuova: non più solo la figura sofferente e dimessa, ma una donna che si fa carico della memoria, della rabbia e della pietà. Il suo silenzio è gravido di significato, e lo sguardo diventa parola muta che scuote chi osserva. Giovanni Drago è un Figlio enigmatico, chiuso in un mutismo che si fa posizione esistenziale: i suoi gesti sono minimi, ma carichi di tensione, e nell’ultimo movimento, quando tenta di sottrarsi al copione imposto, rivela l’ineluttabilità di un destino che nessuna volontà può cambiare. Intorno a loro si muove il gruppo dei giovani attori, coro muto e partecipe, che non funge da commento ma da testimone: non rappresentano, osservano; non giudicano, accolgono. Il loro stare in scena è naturale, privo di sovrastrutture, e in questa naturalezza si coglie il senso più profondo della messinscena di Binasco: il teatro come luogo di ascolto, prima ancora che di rappresentazione. La scena firmata da Luigi De Palma è essenziale, funzionale a un’idea di spazio che si definisce nel momento stesso in cui viene abitato. Le luci fredde disegnano un ambiente sospeso, senza tempo, e la scelta di mantenere quasi assente l’apparato musicale contribuisce a un clima di concentrazione, dove nulla distoglie dall’essenziale: la parola, il gesto, il silenzio. Nell’ultima sequenza, quando i giovani attori prendono per mano i Sei Personaggi e li conducono fuori scena, non si ha l’impressione di una conclusione, ma di una tregua. Non c’è catarsi, non c’è soluzione: solo un momento di sospensione, in cui la tragedia si fa ascolto e il dolore viene riconosciuto. Il dramma non è stato rappresentato, ma è stato compreso. Forse è questo l’approdo ultimo di questa regia: la consapevolezza che il teatro non può colmare il vuoto lasciato dall’autore, ma può accogliere le sue creature, dare loro un luogo, un tempo, un’attenzione. Il pubblico del Teatro Argentina ha risposto con un silenzio carico di rispetto e un applauso che è sembrato un ringraziamento più che un tributo. Sei personaggi in cerca d’autore, in questa edizione, si offre come esperienza condivisa di un enigma che continua a parlarci, e che ci chiede di essere ascoltato più che spiegato. PhotocreditVirginiaMingolla