Roma, Teatro Palladium
“LES FLEURS” DI MICHELA LUCENTI/BALLETTO CIVILE
Centro Nazionale di Produzione della Danza Orbita/Spellbound, stagione danza 2025 “In Levare” a cura di Valentina Marini
“LES FLEURS”
Michela Lucenti/Balletto Civile
Regia e coreografia Michela Lucenti
Drammaturgia Maurizio Camilli, Michela Lucenti, Emanuela Serra
Progetto sonoro Guido Affini
Progetto luci Stefano Mazzanti
Consulenza spazio Alberto Favretto
Aiuto regia Giulio Spattini
Assistenza alla messa in scena Jacopo Squizzato
Interpreti Maurizio Camilli, Michela Lucenti, Alessandro Pallecchi Arena, Gianluca Pezzino, Emanuela Serra, Francesca Zaccaria
Collaborazione produttiva Emilia Romagna Teatro ERT/Teatro Nazionale, Balletto Civile
Roma, Teatro Palladium, 7 marzo 2025
I fiori hanno da sempre affascinato il mondo della danza. Basti pensare al ‘Valzer dei fiori’ di Pëtr Il’ič Čajkovskij ne Lo Schiaccianoci, alle sontuose ghirlande che abbelliscono la scena ‘Le jardin animé’ in Le Corsaire, allo spettacolo del 1894 Il Risveglio di Flora con la coreografia di Marius Petipa, nonché al tardosettecentesco Flore et Zéphire di Charles Louis Didelot. Ai giardini delle residenze imperiali pietroburghesi pare si siano ispirati Vsevoložskij e Petipa nella creazione de La bella addormentata dove del resto a figurare tra i protagonisti della produzione era la famosa Fata dei lillà. Sono tali fiori non solo un elegante decoro, ma i simboli dell’aspirazione verso un mondo di bellezza ideale, ricercata con grande esaltazione nel mondo del balletto in quanto non possibile nel mondo reale. Di ideale parlava anche la prima sezione della raccolta di liriche Les fleurs du mal pubblicata nel 1857 da Charles Baudelaire, che intendeva avvalersi della poesia per estrarre la bellezza dal male. Nell’aspirare ad un mondo talmente surreale, qui il poeta si scontrava con una profonda angoscia esistenziale. Quanto più cercava di elevarsi verso il bello, maggiori diventavano gli scherni che tarpavano le ali della sua sensibilità. Ciò non impediva a Baudelaire di rivolgere lo sguardo alla terra, ed in particolare al mondo della città, dove si rinnegava la divinità per dedicarsi ai piaceri carnali ed a effimere consolazioni.
È questo il tema che attrae ai nostri giorni Michela Lucenti, erede della danza teatrale di Pina Bausch. La compagnia da lei fondata nel 2003 porta il nome impegnativo di Balletto Civile, pur sostanziandosi di una forte contemporaneità. Il termine balletto è per lei sintomo di una significazione danzata che prende vita grazie al lavoro di danzatori lucidi, attenti a quello che avviene nel mondo che li circonda. Il lavoro teatrale è per lei un equilibrio vertiginoso tra diversi generi e linguaggi, al cui centro è sempre il corpo del performer. Se per aprirsi al mondo dell’immaginazione è necessario svuotarsi di tanti piani esteriori, della presenza fisica non ci si può sbarazzare. Occorre dunque darle un senso che attraversa il tempo e lo spazio, che penetra l’anima degli spettatori o li colpisce con un pugno nello stomaco. Di lavori ispirati alla letteratura ne ha già realizzati molti come Il Maestro e Margherita nel 2017, o come gli spettacoli di ascendenza shakespeariana Killing Desdemona (2016), Before Break (da La Tempesta, 2016) e L’amore segreto di Ofelia.
Baudelaire non le fa paura, anzi le offre la possibilità di cimentarsi con un mondo di antieroi, di creature ai margini che chiedono riscatto, di corpi imperfetti e fragili. In crisi è lo stesso personaggio chiamato a rappresentare Baudelaire, di cui restano salde solo le iniziali in legno poste a terra. Su una lavagna vengono scritte le parole chiave cui sono ispirati i quadri di cui è costituito lo spettacolo. Oltre al tema del poeta, si tratta qui della bellezza, del tempo, dell’esilio, della rivolta, della ferita, della città, nonché naturalmente della poesia stessa. Nell’ambiente musicale creato da Guido Affini risuonano impattanti parole che contrappongono il mondo della felicità e della luce di un sole accecante ad una valanga di morte. Scarni ed essenziali gli oggetti scenici. Centrali i gesti dei performers, che nella loro fisicità teatrale incisiva chiedono una cosa sola: «Lasciateci fiorire». Foto Margherita Caprilli