Roma, Teatro Quirino Vittorio Gassman: “La signora omicidi”

Roma, Teatro Quirino Vittorio Gassman
LA SIGNORA OMICIDI
di William Arthur Rose
adattamento Mario Scaletta
con Giuseppe Pambieri, Paola Quattrini, Mario Scaletta, Roberto D’Alessandro, Marco Todisco
scene Fabiana Di Marco
costumi Graziella Pera
regia GUGLIELMO FERRO
cast Produzioni Teatro della Città

Roma, 11 marzo 2025
Se pensavate che le vecchiette affittacamere fossero solo dolci nonnine dedite alla maglia e alle confetture fatte in casa, ripensateci. “La Signora Omicidi”, in scena al Teatro Quirino Vittorio Gassman di Roma, smonta il cliché con una buona dose di humour britannico e un cast che si muove tra il giallo e la commedia con una leggerezza magistrale. L’adattamento teatrale firmato da Mario Scaletta prende spunto dal celebre film del 1955 di Alexander Mackendrick e dal successivo remake dei fratelli Coen del 2004, riportando in scena quella miscela irresistibile di crimine, malintesi e humor nero che ha reso immortale la storia. Sul palco, due giganti della recitazione italiana, Giuseppe Pambieri e Paola Quattrini, accompagnati da un cast d’eccezione, tengono il pubblico incollato alla poltrona tra risate e colpi di scena. La loro sintonia sul palco è palpabile, con una capacità interpretativa che arricchisce di sfumature ogni battuta e ogni scambio di sguardi. La vicenda si sviluppa nella Londra anni Cinquanta, con la svampita e arzilla Louise Wilberforce (Paola Quattrini), che accoglie nella sua casa un distinto professor Marcus (Giuseppe Pambieri), presunto musicista. Peccato che l’uomo non abbia nulla a che fare con la musica, se non con quella di sottofondo perfetta per coprire le attività criminose sue e della sua banda di maldestri malviventi. Il piano è semplice: organizzare una rapina perfetta con la vecchietta ignara di tutto. O almeno, così sembra. Perché la nostra Louise, tra un pasticcino e un sorso di tè, si rivelerà più letale di un’intera squadra di detective di Scotland Yard. Il gioco di inganni e contromosse si dipana con sapiente maestria, rendendo ogni scena imprevedibile e coinvolgente. Il ritmo dello spettacolo è impeccabile: il primo atto gioca sulle sfumature della commedia d’equivoci, sfruttando il contrasto tra l’apparente ingenuità della protagonista e l’astuzia goffa dei malviventi. Gli spettatori si trovano immersi in un’atmosfera che ricorda le migliori produzioni della commedia inglese, dove la leggerezza nasconde una costruzione narrativa meticolosa. Nel secondo atto, invece, si lascia spazio a una tensione crescente, con un finale che, tra pathos e colpi di scena, strappa applausi convinti alla platea. La regia di Guglielmo Ferro riesce a valorizzare ogni dettaglio della narrazione, bilanciando con precisione la suspense e la comicità tipica dell’umorismo britannico. Pambieri modella il suo Marcus con ironia e spietata eleganza, delineando un personaggio subdolo ma affascinante, capace di dominare la scena con un semplice sguardo. Quattrini, dal canto suo, è perfettamente a suo agio nei panni della dolce (ma non troppo) signora Wilberforce, sfoderando una gamma di espressioni e trovate comiche che la rendono irresistibile. Il resto del cast, affiatato e spassoso, amplifica il gioco di contrasti tra i personaggi, mantenendo alta la tensione e l’ilarità. Gli attori che interpretano la banda di malviventi si distinguono per la caratterizzazione brillante di ogni singolo ruolo: ciascuno di loro incarna una diversa sfumatura della goffaggine criminale, dando vita a gag irresistibili. Le scene, curate nei minimi dettagli da Fabiana Di Marco, e i costumi di Graziella Pera si inseriscono perfettamente nella narrazione senza bisogno di stravolgimenti moderni. L’impianto scenografico è tradizionale e fedele all’epoca, senza ricercare innovazioni particolari, ma dimostrando che anche il classico ha un suo senso magico. La casa della signora Wilberforce diventa il fulcro dell’azione: un salotto dall’arredamento rétro, con tonalità pastello e suppellettili d’epoca, che si trasforma progressivamente da accogliente dimora a teatro del delitto perfetto… o quasi. Sullo sfondo, la ferrovia incombe, evocata con giochi di luci e suoni che contribuiscono alla tensione narrativa. Ogni elemento scenico è studiato per arricchire il contesto senza mai appesantire lo svolgimento dell’azione. I costumi di Graziella Pera sono in perfetta linea con l’ambientazione e rafforzano l’identità dei personaggi senza bisogno di stravolgimenti moderni. Anche qui, nessuna innovazione superflua: il fascino del classico sta nella sua capacità di evocare un’epoca e un’atmosfera senza forzature. La signora Wilberforce, con i suoi abiti dall’aria antiquata e le sue acconciature impeccabili, è la quintessenza della rispettabilità britannica, mentre i malviventi indossano abiti che tradiscono il loro desiderio di mimetizzarsi senza riuscirci del tutto. L’uso delle luci contribuisce a creare momenti di grande effetto scenico: le ombre allungate sui muri, i contrasti netti tra le scene illuminate con calore domestico e quelle dominate da tinte fredde rafforzano la contrapposizione tra il mondo apparentemente sicuro della protagonista e quello oscuro dei criminali. La regia sfrutta sapientemente questi elementi per guidare lo spettatore attraverso i cambi di tono dello spettacolo, senza mai perdere il ritmo né spezzare l’illusione teatrale. Il risultato? Uno spettacolo brillante, che dimostra come il noir e la commedia, se ben dosati, possano coesistere alla perfezione, regalando al pubblico due ore di godibilissimo intrattenimento. Il pubblico ride, si sorprende e, alla fine, si alza in piedi per applaudire un cast che ha saputo far rivivere una storia senza tempo con intelligenza e freschezza. In fondo, si sa: nel teatro e nella vita, spesso sono i più insospettabili a rivelarsi i veri maestri del crimine.