Roma, Teatro Vascello: “Moby Dick alla prova”

Roma, Teatro Vascello
MOBY DICK ALLA PROVA
di Orson Welles
adattato – prevalentemente in versi sciolti – dal romanzo di Herman Melville

con Elio De Capitani
e Cristina Crippa, Angelo Di Genio, Marco Bonadei, Enzo Curcurù, Alessandro Lussiana, Massimo Somaglino, Michele Costabile, Giulia Viana, Vincenzo Zampa, Mario Arcari
traduzione Cristina Viti
uno spettacolo di Elio De Capitani
costumi Ferdinando Bruni

musiche dal vivo Mario Arcari
direzione del coro Francesca Breschi

maschere Marco Bonadei
luci Michele Ceglia
suono Gianfranco Turco
coproduzione Teatro dell’Elfo e Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale
Roma, 13 marzo 2025
C’è qualcosa di ipnotico, di ineluttabile, in “Moby Dick alla prova” di Elio De Capitani. Uno spettacolo che si insinua nella mente e nella carne, proprio come la disperata caccia alla balena bianca che da più di un secolo e mezzo continua a tormentarci. Andare a teatro e lasciarsi travolgere da quest’opera è un’esperienza che oscilla tra il naufragio e l’estasi. Debuttato all’Elfo Puccini di Milano, il lavoro di De Capitani prende le mosse dall’adattamento scritto nel 1955 da Orson Welles. Un testo inedito in Italia, che si fa materia viva nelle mani del regista e attore, restituendo tutta la grandezza della tragedia di Achab con una sintesi folgorante del capolavoro di Melville. Ora in scena al Teatro Vascello di Roma, lo spettacolo si riempie di tensione fin dalle prime battute: non ci sono mare aperto, navi o balene in carne ed ossa, ma solo attori che, con la forza della parola e del gesto, costruiscono un universo teatrale che ingloba il pubblico. Il cuore dello spettacolo è proprio Achab, interpretato da un magistrale Elio De Capitani, che ne fa un monolite d’ossessione e ferocia. La sua voce si impasta con l’aria, scandendo parole che risuonano come condanne. Il parallelismo con il “Re Lear” è esplicito: Achab, come il vecchio re shakespeariano, è divorato dalla sua stessa furia, ma se Lear trova una redenzione finale, il capitano del Pequod si inabissa nel suo delirio di onnipotenza. Il suo Achab non è un semplice capitano ossessionato dalla vendetta: è la personificazione di un potere che divora tutto ciò che lo circonda, perfino se stesso. La messa in scena è essenziale, eppure potentissima. Il fondale è una superficie cangiante, quasi impalpabile, che suggerisce l’immensità dell’oceano e il respiro della bestia. Ma la vera meraviglia è la balena stessa: un’apparizione evocata con un semplice trucco teatrale che, nel momento clou dello spettacolo, si materializza in una visione che gela il sangue. Non servono effetti speciali per rendere Moby Dick una presenza reale: basta il teatro, nella sua forma più pura e magica. Il cast è straordinario, capace di tenere il ritmo di un’opera che gioca su diversi livelli di narrazione e simbolismo. Cristina Crippa, Angelo Di Genio, Marco Bonadei, Enzo Curcurù, Alessandro Lussiana, Massimo Somaglino, Michele Costabile, Giulia Viana e Vincenzo Zampa creano un intreccio sonoro e fisico che amplifica il senso di viaggio e di abisso. La musica dal vivo di Mario Arcari e i canti curati da Francesca Breschi – rielaborazioni dei tradizionali sea shanties – aggiungono una dimensione quasi rituale, rendendo il Pequod una nave che solca le acque del tempo e della memoria. Welles, con il suo testo, aveva già gettato un ponte tra Melville e Shakespeare, ma De Capitani spinge ancora oltre, facendo vibrare le parole di una modernità inquietante. Perché Achab non è solo il capitano di un veliero ottocentesco: è l’incarnazione di un vitalismo distruttivo, di quella parte dell’umanità che corre a capofitto verso il disastro, incurante delle conseguenze. La Pequod si inabissa, la sesta estinzione di massa avanza, il riscaldamento globale incombe. E noi? Siamo forse gli uomini dell’equipaggio, sottomessi alla volontà del comandante, incapaci di opporci a una rotta che sappiamo già essere mortale? “Moby Dick alla prova” non è solo teatro. È una ferita aperta, un monito, un’esperienza che non si dimentica. De Capitani e il Teatro Vascello consegnano al pubblico un’opera che scuote e fa tremare, in cui la parola si fa tempesta e la scena diventa oceano. Uno spettacolo totale, che dimostra – ancora una volta – come il teatro sia il luogo dove l’invisibile prende forma, e la bellezza può ancora lasciarci senza fiato. Photocredit Marcella Foccardi