Torino, Teatro Regio, Stagione d’opera e balletto 2024-2025
“RIGOLETTO”
Dramma per musica in tre atti su libretto di Francesco Maria Piave
Musica di Giuseppe Verdi
Rigoletto GEORGE PETEAN
Gilda GIULIANA GIANFALDONI
Il Duca di Mantova PIERO PRETTI
Sparafucile GODERZDI JANELIDZE
Maddalena MARTINA BELLI
Giovanna CARLOTTA VICHI
Il Conte di Monterone EMANUELE CORDARO
Marullo JANUSZ NOSEK
Matteo Borsa DANIEL UMBELINO
Il Conte di Ceprano TYLER ZIMMERMAN
La Contessa di Ceprano ALBINA TONKHIKH
Il Paggio della Duchessa CHIARA MARIA FIORANI
Orchestra e coro del Teatro Regio di Torino
Direttore Nicola Luisotti
Maestro del coro Ulisse Trabacchin
Regia Leo Muscato
Scene Federica Parolini
Costumi Silvia Aymomino
Luci Alessandro Verazzi
Torino, 9 marzo 2025
Un “Rigoletto” bifronte quello in scena al Regio di Torino che unisce una parte musicale più che convincente a un allestimento che suscita non poche perplessità.
La nuova regia di Leo Muscato non riesce, infatti, a convincere nonostante alcune intuizioni apprezzabili. L’attualizzazione a un primo novecento decadente e dannunziano non guasta. “Rigoletto” è – sotto una superficiale vernice rinascimentale – dramma prettamente borghese, rappresentazione di un moralismo ottocentesco portato al parossismo. Le atmosfere tra Huysmans e la proustiana Côté de Guermantes non mancano di fascino. L’impianto scenico è essenziale con blocchi cupi e opprimenti che trasmettono il senso della tragedia e su cui le luci creano effetti suggestivi. Il lavoro sugli attori è curato e preciso. Tuto sembrerebbe funziona ma appunto sembrerebbe. A mancare è una maggior coerenza drammaturgica. Il regista sembra ossessionato dall’idea di riempire la scena di personaggi e movimenti che alla fine tendono solo a disturbare e in più punti ci troviamo di fronte a soluzioni non solo fini a se stesse ma stridenti con la logica drammatica. La casa di Rigoletto è sostituita da un collegio in cui Gilda viene ospitata e se il duetto d’amore si sposta nella cappella tra ceri e statue mariane virando pericolosamente verso la scena di Margherita in chiesa è la scena del rapimento in una camerata di educande a perdere qualunque credibilità. Ugualmente succede nel III atto con il tugurio di Sparafucile trasformato in una via di mezzo tra una casa di tolleranza e una fumeria d’oppio con un continuo via vai di figuranti che lo rende il luogo ben
poco adatto per un delitto da tenere celato. Trovate fini a se stesse, forse un’eccessiva voglia di stupire che guastano un lavoro che invece – quando si concentra sui personaggi e le loro psicologie – risulta assai ben fatto, abbiamo apprezzato l’idea di vedere Monterone come uno spettro evocato dalle ossessioni di Rigoletto. La direzione di Nicola Luisotti è – al netto di qualche eccesso fonico – di grande potenza teatrale. Una visione cupa e drammatica fatta di colori oscuri e di violente sferzate di luce dove a dominare sono contrasti netti e fortemente marcati. In questa corniche così ferrigna la morbidezza dei momenti più lirici trova ancora maggior risalto. La versione eseguita è sostanzialmente tradizionale, vengono riaperti i da capo delle cabalette ma restano
tutte le puntature di tradizione. Molto buona la prova dell’orchestra del Regio e ancor più quella del coro che non solo canta splendidamente ma si muove e recita con maestria attoriale. George Petean è un Rigoletto per certi aspetti sorprendente. La voce è ricca e sonora, facilissima nell’emissione e molto presente in sala ma certo il timbro è piuttosto chiaro venendo così a mancare quella brunitura che ci si aspetterebbe nel ruolo. Lavora però con grande intelligenza sul proprio materiale vocale, non forza e trova una cifra espressiva assai convincente. Un Rigoletto essenziale, introverso, come avvolto nelle spire delle proprie ossessioni, capace di evitare cadute plateali – gli si perdano la puntatura della Vendetta – per concentrarsi su una musicalità raffinata e su una grande attenzione per la parola, aiutato da una dizione perfetta ancor più apprezzabile per un non italiano. Giuliana Gianfaldoni trova in Gilda un personaggio particolarmente congeniale. La virginale luminosità timbrica e un canto liliale si adattano perfettamente al personaggio cui
non guasta anche una sensibilità interpretativa che ci è parsa più in sintonia rispetto ad altri ruoli più estroversi. La voce è piacevole e tolta una certa tendenza a velarsi nel settore medio grave acquisisce corpo e presenza salendo in acuto dove svetta con ammirevole sicurezza. Le mezzevoci, il controllo del fiato sono le sue armi migliori è il personaggio è perfetto per esaltarle. Piero Pretti è uno dei Duca di Mantova più apprezzati dei nostri tempi. La voce da autentico tenore lirico bella e luminosa, gli acuti facili e sicuri, un’innegabile comunicativa sono ideali per il ruolo cui si unisce ormai una lunga frequentazione che gli permetti di conoscere ogni cifra del personaggio. Manca sempre – bisogna riconoscere – quel quid in più che separa l’ottimo professionista dal fuoriclasse. Questo si nota soprattutto nei momenti più lirici – “Parmi veder le lagrime” in primis – dove la voce pur bella manca di quell’incanto che altri interpreti hanno saputo dare alla pagina e dove anche un gioco di colori più ricco e sfumato non avrebbe guastato. Nel complesso resta una prestazione più che convincente.
Ottimo lo Sparafucile di Goderdzi Janelidze, basso georgiano dalla voce profondo e brunita, potente e ricca di suono anche negli estremi gravi. Ottimo il gioco di contrasti con la voce di Petean nel duetto del I atto e qualche durezza non guasta nel personaggio. Martina Belli è una Maddalena dalla voce scura e profonda che si uniscono a un fraseggio ricco e sempre pertinente, capace di dare al personaggio particolare spessore. L’innegabile presenza scenica ben si addice al ruolo di oscura seduttrice. Le numerose parti di fianco – molte proveniente dall’Ensamble stabile del Regio – hanno offerto prova decisamente convincente contribuendo a quella coralità che circonda ed evidenzia la solitudine del protagonista. Una piccola nota per Carlotta Vichi (Giovanna) giunta a sostituire all’ultimo l’indisposta Siphokazi Molteno. Sala gremita come non si vedeva da tempo e caloroso successo per tutti gli interpreti. Foto Mattia Gaido, Daniele Ratti © Teatro Regio Torino
Torino, Teatro Regio: “Rigoletto”
