Venezia, Teatro Malibran, Stagione Sinfonica 2024-2025 del Teatro La Fenice.
Orchestra del Teatro La Fenice
Direttore Enrico Onofri
Musiche di Franz Joseph Haydn, Antonio Sacchini, Michael Haydn, Joseph Martin Kraus, Giovanni Battista Sammartini, Luigi Boccherini
Venezia,14 marzo 2025
Il lento trascolorare del classicismo settecentesco verso una nuova sensibilità che, preannunciata dallo Sturm und Drang, sarebbe stata alla base del Romanticismo, si coglieva in molti brani proposti nel corso di questo concerto, davvero intrigante, anche per l’articolato programma, che – oltre ad offrire un saggio sull’evoluzione del genere sinfonico – si segnalava per i suoi numerosi titoli di rara esecuzione, tra cui una Chaconne di Antonio Sacchini rimasta inedita fino a poco tempo fa. Sul podio dell’Orchestra del Teatro La Fenice Enrico Onofri, reduce dal grande successo tributatogli dal pubblico del Teatro Malibran, dove ha diretto, sempre in questo periodo, Il trionfo dell’onore di Alessandro Scarlatti. Donde l’ovazione con cui gli spettatori lo hanno salutato alla sua apparizione nella serata di cui ci occupiamo. Qualità e pienezza di suono, dinamismo ed energia, forte sottolineatura dei contrasti a livello dinamico ed agogico: questi i tratti salienti – così come sono emersi nella serata – dell’arte direttoriale del maestro ravennate, un artista poliedrico – direttore, violinista, didatta – in grado di padroneggiare un vasto repertorio, che spazia dal Seicento al Novecento, e animato da una particolare passione per le esecuzioni “storiche”. Il che si è colto nel concerto del 14 marzo, in cui è riuscito a soggiogare il pubblico con un’esecuzione che, se non prevedeva l’utilizzo di strumenti “antichi”, era pur sempre “storicamente informata”, e nel corso della quale nemmeno per un attimo la tensione drammatica o, di volta in volta, l’espansione lirica sono venute meno. La serata si è aperta con l’ouverture, in stile italiano, da Il mondo della luna, un opera, su libretto di Goldoni, che Joseph Haydn compose nel 1777, mentre era maestro di cappella presso il palazzo del principe Nicholas I Esterhazy. Dell’ouverture – in un unico movimento, Allegro luminoso ed energico – il direttore, sorretto, qui come negli altri pezzi, da un
Orchestra in piena forma, ha saputo rendere la varietà di accenti veramente notevole: il tono grandioso creato dagli interventi di trombe e timpani, omaggio alla famiglia imperiale, che si sapeva avrebbe presenziato alla prima; il carattere misterioso e oscuro di ceri passaggi armonicamente instabili nella parte centrale. Una dolce mestizia, senza affettazione, si è colta nella Chaconne in do minore di Antonio Sacchini: fiorentino di nascita, ma formatosi a Napoli, svolse la sua attività nelle più importanti piazze italiane ed europee, meritandosi l’apprezzamento di Joseph Haydn, come dimostra il ritrovamento nel archivio personale del compositore austriaco di questa Chaconne in do minore, rimasta inedita, finché Enrico Onofri non ne commissionò la trascrizione. Al nome di Haydn era legato anche il terzo titolo in programma, la Sinfonia n. 39 in do maggiore p 31: si tratta però di Michael Haydn, fratello minore del celebre Joseph, da cui fu sempre messo in ombra. Il primo movimento, Allegro con spirito, procedeva ad un passo spedito ed energico; l’ Andante scorreva semplice e lineare, il conclusivo Molto vivace in stile fugato – che ha vari punti in comune con il grande fugato in do maggiore che conclude la Sinfonia n. 41 Jupiter di Mozart – rivelava un’ineccepibile condotta delle parti. Di Joseph Martin Kraus (Miltenberg, 1756 – Stoccolma, 1792) anch’egli penalizzato dall’inevitabile confronto con un suo più celebre coetaneo – Mozart –, si è ascoltata l’ouverture, delle musiche di scena per l’Olympie, una tragedia del poeta svedese Johan
Henric Kellgren: solenne l’ Adagio dal ritmo puntato, tipico dell’ouverture francese; vigoroso nella melodia, vario nel ritmo, audace nell’armonia l’ Allegro ma non troppo, di cui Onofri ha sottolineato la tensione drammatica e l’inquietudine, che lo avvicinano allo spirito dello Sturm und Drang. Giovanni Battista Sammartini – un autore di una o due generazioni più anziano rispetto agli altri proposti, che offrì un contributo importante alla nascita della sinfonia classica – era invece rappresentato dalla Sinfonia in la maggiore j-c 62, appartenente a un gruppo di sei sinfonie pubblicate nel 1750. Articolata in tre brevi movimenti, sul modello della ‘sinfonia avanti l’opera’ italiana, la sua esecuzione si è segnalata per il grande slancio ritmico che si è colto nel Presto; l’andamento melodico del brevissimo Andante, velato di malinconia; la trascinante vivacità ritmica che ha percorso il frenetico Presto assai, in cui Sammartini anticipa quella che sarà la forma-sonata classica. Ultimo pezzo della serata la Sinfonia in do minore G 519 di Luigi Boccherini. Nato a Lucca nel 1743 e, dopo aver a lungo peregrinato, stabilitosi dal 1768 definitivamente a Madrid, morì, anch’egli, già immerso nell’ombra dell’oblio, che durò fino alla metà del Novecento. Composta nel 1788, la Sinfonia rivela la sua “modernità” rispetto a quella di Sammartini: i movimenti sono quattro e di maggior respiro, l’orchestra si è ampliata, il modello di riferimento è Joseph Haydn, ma senza le architetture sonore rigorose e robuste, care al compositore austriaco, bensì con uno un stile fluido e accattivante, associato alla freschezza melodica italiana. Anche qui Onofri ha confermato la sua capacità di aderire ad ogni inflessione della scrittura dell’autore: agitato e drammatico l’Allegro vivo assai, con il primo tema flessuoso ed inquieto, e il secondo tema più lirico e disteso; cullante e tenero il secondo movimento, Pastorale, Lentarello; misterioso e drammatico il Minuetto, al cui centro si è aperto un luminoso Trio; scatenato, irrefrenabile il finale, Allegro, molto vicino al popolare saltarello. Scroscianti applausi alla fine con un bis (il Presto assai di Sammartini, un vero pezzo di bravura, in cui ancora una volta l’orchestra ha superato se stessa).
Venezia, Teatro Malibran: Enrico Onofri in concerto
