Verona, Teatro Filarmonico, Stagione Lirica 2025
“ELEKTRA”
Tragedia in un atto su libretto di Hugo von Hofmannsthal (da Sofocle) Musica di Richard Strauss
Clitennestra ANNA MARIA CHIURI
Elettra LISA LINDSTROM
Crisotemi SOULA PARASSIDIS
Egisto PETER TANTSITS
Oreste THOMAS TATZL
Il precettore di Oreste NICOLO’ DONINI
La confidente ANNA CIMARRUSTI L’ancella dello strascico VERONICA MARINI
Un servo giovane LEONARDO CORTELLAZZI
Un servo anziano STEFANO RINALDI MILIANI
La sorvegliante RAFFAELA LINTL La prima ancella LUCIA CERVONI
La seconda ancella MARZIA MARZO
La terza ancella ANNA WERLE
La quarta ancella FRANCESCA MAIONCHI
La quinta ancella MANUELA CUCUCCIO
Orchestra e Coro della Fondazione Arena di Verona
Direttore Michael Balke
Maestro del Coro Roberto Gabbiani
Regia Yamal das Irmich Scene Alessia Colosso Costumi Eleonora Nascimbeni
Luci Fiammetta Baldiserri
Nuovo allestimento della Fondazione Arena di Verona
Verona, 16 marzo 2025
Il nuovo allestimento di Fondazione Arena, che prosegue nel solco di proposte di raro ascolto, affronta l’atto unico che Richard Strauss e Hugo von Hoffmannsthal concepirono nel 1909 dall’omonima tragedia di Sofocle, di cui abbiamo un solo precedente al Filarmonico nel 2003. La vicenda è imperniata sulle tre protagoniste principali: Elektra, Clitennestra e Crisotemi, ciascuna con le proprie radici temporali, segnate da inquietudini, dubbi e rivendicazioni femminili. La regìa di Yamal das Irmich traspone l’originale mito greco durante la Repubblica di Weimar, con un chiaro richiamo a La caduta degli dei (1969) di Luchino Visconti, la cui ambientazione borghese è sorretta dalle scene di Alessia Colosso sospese tra gusto tipicamente ottocentesco e Bauhaus, con tanto di ritratto del Kaiser Guglielmo II che si staglia sul caminetto; scene che tuttavia rischiano di compromettere la proiezione del suono in sala in quanto aperte verso il fondo. Anche i costumi di Eleonora Nascimbeni tendono a sottolineare l’alternanza delle diverse fasi storiche con molti riferimenti a stili e gusti dell’epoca fino ad arrivare all’inserimento dei feroci e sanguinari guerrafondai nazisti. Lo spettacolo nel suo complesso regge, se consideriamo un pubblico come quello veronese assai poco avvezzo a titoli desueti ma pur sempre aperto alle novità se non addirittura alla provocazione. La ricollocazione temporale si rivela coerente, anche se l’idea principale concepita da Irmich risulta nelle scene di insieme più attenta alla caratterizzazione di contorno che a focalizzare i protagonisti, con chiare allusioni al mondo dorato del cabaret. Buono il disegno luci di Fiammetta Baldiserri che
asseconda i movimenti scenici con garbo senza distrarre oltremodo lo spettatore. Venendo all’aspetto musicale, Lise Lindstrom nel ruolo eponimo si dimostra interprete di indiscusso temperamento vocale ed attoriale con voce salda e fraseggio cesellato oltre ad una presenza e ad una tenuta scenica davvero lodevoli; se consideriamo che è quasi sempre sul palcoscenico per quasi due ore la sua prestazione in termini di spettacolo è stata davvero eccellente. Gli stessi esiti non li abbiamo riscontrati in Soula Parassidis (Crisotemi) e Anna Maria Chiuri (Clitennestra), entrambe dotate di bel timbro, fraseggio e capacità scenica encomiabili ma apparse non completamente a proprio agio nella tessitura straussiana, sì da rendere la loro prestazione a tratti forzata. Va da sé, tuttavia, che la scrittura vocale del tedesco è più attenta alla declamazione narrativa ed emotiva che alla ricerca del cantabile e questo rappresenta spesso un terreno non congeniale e di poca familiarità per talune voci. Tra i personaggi maschili, con minore impegno vocale in scena, Thomas Tatzl è un Oreste che non
va oltre la correttezza così come l’Egisto di Peter Tantsits è reso correttamente senza inutile enfasi. Nelle parti minori si distinguono Nicolò Donini, Leonardo Cortellazzi e Anna Cimarrusti. Con qualche discontinuità le cinque ancelle Lucia Cervoni, Marzia Marzo, Anna Werle, Francesca Maionchi e Manuale Cucuccio. Sul podio Michael Balke adotta (per la prima volta in Italia) la versione orchestrale di Richard Dünser che sfronda l’originale gigantesco organico, improponibile nella buca non ampia del Filarmonico, adattandolo alle sonorità di un’orchestra sinfonica tardoromantica; ovviamente qualche preziosità di dettaglio va persa ma la partitura e il pensiero musicale originale rimangono saldi nella loro integrità. Ciò nonostante, lo strumentale ha finito comunque per sovrastare con sonorità debordanti le voci sul palcoscenico, già gravate dall’impegnativa scrittura straussiana. La lettura di Balke, sebbene non di profonda indagine e scavo musicale si rivela tuttavia ben più che funzionale e con risultati apprezzabili grazie ancora una volta ad una prestazione encomiabile dell’orchestra della Fondazione Arena, in grado di adattarsi con duttilità ad un repertorio ad essa non particolarmente familiare, anche se già affrontato nel sinfonico. Il coro, diretto da Roberto Gabbiani, ha tutti i suoi interventi fuori scena e per i motivi sopra descritti è risultato ai limiti dell’udibilità, circostanza che ne impedisce una valutazione oggettiva. Pubblico abbastanza numeroso ed attento che ha riservato applausi convinti al termine, particolarmente al terzetto delle protagoniste e al direttore. Repliche venerdì 21 e domenica 23 marzo. (Foto Ennevi per Fondazione Arena)