87° Festival Maggio Musicale Fiorentino: “Salome”

Firenze, Teatro del  Maggio Musicale Fiorentino
“SALOME”
Dramma musicale in un atto, su libretto di Hedwig Lachmann tratto dall’omonimo dramma di Oscar Wilde.
Musica di Richard Strauss
Herodes NIKOLAI SCHUKOFF
Herodias ANNA MARIA CHIURI
Salome LIDIA FRIDMAN
Jochanaan BRIAN MULLIGAN
Narraboth ERIC FENNELL
Ein Page der Herodias MARVIC MONREAL
Funf Juden ARNOLD BEZUYEN, MATHIAS FREY, PATRICK VOGEL, MARTIN PISKORSKI, KARL HUML
Zwei Nazarener WILLIAM HERNANDEZ, YAOZHOU HOU
Zwei Soldaten FREDERIC JOST, KARL HUML
Ein Sklave YAOZHOU HOU
Ein Kappadozier DAVIDE SODINI
Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino
Direttore Alexander Soddy
Regia Emma Dante
Scene Carmine Maringola
Costumi Vanessa Sannino
Luci Luigi Biondi
Coreografia Silvia Giuffrè
Firenze, 27 aprile 2025 

Uscendo dalla gremitissima Sala Grande del Teatro del Maggio Musicale Fiorentino, oltre ad aver percepito la complessità dell’opera e lo strappo con la tradizione, ecco una serie di considerazioni. Lo spettatore si è trovato catapultato in una scena presente per gran parte della rappresentazione: la grande maschera de L’Orco delle favole del Parco dei Mostri di Bomarzo, senza nessun suono dell’orchestra, quasi ‘ingresso magico’, illuminata dalla luna «fiore d’argento, freddo e casto», allude fin dall’inizio a una sinistra narrazione. Il tutto può accennare ad una strana favola in cui i costumi di Vanessa Sannino ricordano i pupi siciliani che ben si armonizzano con la fantasiosa e ricca regia di Emma Dante, alla ricerca di una vivida immaginazione creativa. Oltre alla varietà del ritmo narrativo colpisce anche quello scenico tanto che, per esempio, le oscillazioni dei “bianchi pavoni” si inseriscono nei linguaggi artistici coinvolti. Il gesto di Alexander Soddy, al suo debutto al Maggio, dà voce ad una partitura che per molti aspetti si rivela una grande tavolozza strutturata per intere famiglie strumentali, post-wagneriana e ante litteram dell’Eine Alpensinfonie, con: 18 legni (compreso l’ Heckelphon, oboe baritono), 15 ottoni, 4 timpani e molti altri strumenti a percussione (grancassa, diversi tipi di tamburo, triangolo, xilofono, glockenspiel, ecc.), 2 arpe, celesta, harmonium e organo (dietro le scene) e, naturalmente, il quintetto d’archi (sovente anche divisi). In alcuni momenti si sono percepite grandi espressioni colme di nuances unite a un’incredibile potenza sonora. Protagonista un’orchestra straordinaria, dalla grande duttilità ed esperienza, restituendo immagini di magnificenza immaginativa anche in contesti in cui occorre trasformarsi rapidamente in un caleidoscopio di colori, pur attraversando le strettoie dell’atonalità o della politonalità. L’indicazione Andante mosso delle prime battute sembra anticipare un certo mistero, congiuntamente ad una messe di sensazioni contrastanti e molto altro: il ‘solo’ del clarinetto disegna un’attorcigliata scala ascendente partendo dal sol diesis grave, sostenuto dalla figura cromatica di minime, ‘trasfigurata’ dal tremolo dei violini II, poi il graduale inserimento di strumenti compresa la celesta, l’arpa (con effetto “flageoletes”), che nel presentare il motivo principale di Salome costituisce un ‘perfetto invito’ ad ascoltare la voce a tratti velata di Narraboth (Eric Fennell): «Wie schön ist die Prinzessin Salome heute nacht!». Pur dichiarando la bellezza della principessa Salome, interpretata da Lidia Fridman, personaggio fùlgido tout court, alla musica è affidata la perfetta connotazione per creare l’atmosfera e la simbiosi tra le componenti dello spettacolo: scene suggestive (Carmine Maringola), luci appropriate (Luigi Biondi) e un’elegante coreografia (Silvia Giuffrè). L’approccio di Soddy all’opera e la sua concertazione hanno ben interpretato la convergenza dei vari linguaggi, pur diversi e a tratti contraddittori, avvicinandosi alla feconda espressività straussiana.
Tuttavia la complessità non ha reso lo spettacolo faticoso o difficile poiché bastava seguire l’argomento tratto dagli Evangeli di Matteo e di Marco, confluiti nel dramma di Oscar Wilde e la successiva traduzione di Hedwig Lachmann per lasciarsi coinvolgere dalle diverse atmosfere. Dopo l’inizio in cui il Tetrarca fa incatenare Jochanaan (un convincente Brian Mulligan), alcune espressioni chiave: «Non è lecito giacere con la moglie di tuo fratello» (Jochanaan a Herodes); o «Dammi su un piatto la testa di Giovanni il Battista» (richiesta di Salome, istigata dalla madre, a Herodes) dopo la sua danza. In virtù del giuramento di quest’ultimo nella perfetta interpretazione di Nikolai Schukoff, egli è costretto a cedere. Decapitato Giovanni, si consegna la testa alla donna. La danza di Salome «regalmente adorna, col corpo d’angelo, indescrivibilmente delicata e interamente femmina» (H. Sachs), ottimamente resa dalla Fridman, suggella l’espressione «il mistero dell’amore è più grande di quello della morte», rinviando al rapporto tra Eros e Thanatos. Tutto concorre a ‘svelare l’arcano’: si pensi, per esempio, all’effetto dei contrabbassi (prendendo la corda fra il pollice e l’indice in un registro acuto dello strumento) nell’anticipare l’intervento di Salome (“Nessun suono s’avverte […] Perché egli non grida, quell’uomo?”) nel percepire la decapitazione di Jochanaan. La Salome di Strauss non è il personaggio biblico ma una dea che esprime la nevrosi e la lussuria di certi antichi personaggi femminili rivisitati in epoca decadente benché, grazie alla musica del compositore tedesco, la figura della protagonista superi quella tratteggiata da Wilde. Nel momento antecedente la morte di Salome, è ancora la partitura a restituire accordi strazianti e i vari motivi (desiderio, vendetta, ecc.) offrono percezioni che rimandano ad una sorta di castigo divino preannunciato nelle apocalissi. A chiarire invece il finale è lo stesso autore: «Questo finale è imperscrutabile, come lo è in genere la natura della donna, ed io stesso con precisione non lo so. Se lo sapessi, non sarei un artista, ma un giornalista!». Al pieno successo della parte musicale e registica già espresso sopra, va aggiunto quello degli altri personaggi della compagnia (cinque ebrei, due nazareni, due soldati, uno schiavo, un cappadoce). Considerando la natura dei ruoli, in alcuni è emersa una buona presenza scenica ed in altri anche una buona vocalità come quella di Anna Maria Chiuri (Herodias), capace di allinearsi alle altre voci che si sono distinte per la capacità di trasmettere al pubblico sia la comprensione del personaggio che le stesse emozioni.Non per ultimo si segnala il grande successo per il Maggio Musicale Fiorentino in quanto, con il ritorno dopo 15 anni di Salome, ha saputo offrire la degna inaugurazione di un grande Festival. Foto Michele Monasta