Ercolano, Antiquarium
IL LEGNO CHE NON BRUCIO’ AD ERCOLANO
curato da ACME04 srl
con il supporto tecnologico di Tecno-El Tecnologie Elettroniche srl
Ercolano, 10 aprile 2025
All’Antiquarium del Parco Archeologico di Ercolano prende forma una nuova esposizione permanente che si configura come una vera e propria “capsula del tempo”. Una selezione straordinaria di reperti lignei, unica al mondo per quantità e qualità, restituisce al pubblico la dimensione tangibile della vita domestica nell’antica Herculaneum. Non semplici frammenti di arredo, ma veri e propri fossili culturali, sopravvissuti al disastro del 79 d.C. grazie a un paradosso fisico-chimico che ha fatto della distruzione stessa una matrice di conservazione. È infatti proprio nell’eccezionalità del processo di carbonizzazione, innescato dal flusso piroclastico del Vesuvio e favorito dall’assenza di ossigeno sotto una coltre di fango incandescente alta oltre venti metri, che questi oggetti trovano la loro fortuna postuma. Non combusti, ma carbonizzati: i manufatti lignei, pietrificati nella loro forma, si sono salvati, restituendoci con nitidezza le tracce materiali di un mondo perduto. Arredi, contenitori, strumenti d’uso quotidiano, intarsi e superfici decorate: ogni pezzo racconta un racconto silente, fatto di gesti e abitudini, estetica e funzione. Dopo l’esperienza espositiva alla Reggia di Portici (2022–2023), i reperti trovano ora una nuova e accurata collocazione nell’Antiquarium del Parco, dove si inseriscono in un percorso museografico rinnovato, che replica idealmente due ambienti di una domus romana.
L’allestimento, curato da ACME04 srl, con il supporto tecnologico di Tecno-El Tecnologie Elettroniche srl, combina rigore scientifico e immersività sensoriale, ponendo al centro il valore testimoniale di questi fragilissimi oggetti. I fondali ispirati alla decorazione parietale romana e le teche climatizzate ospitano pezzi simbolici come larari, letti, armadi, tavoli, una culla, fino al relitto ligneo di un’imbarcazione rinvenuta lungo l’antica spiaggia. Il percorso è arricchito da supporti multimediali che, attraverso ricostruzioni 3D e narrazioni visive, superano le didascalie tradizionali, coinvolgendo il visitatore in una fruizione emotiva oltre che informativa. L’esperienza si integra idealmente con le altre sezioni del Parco, dal Padiglione della Barca – che rievoca le fasi finali dell’eruzione e la drammatica evacuazione dei suoi abitanti – agli ambienti dedicati al lusso, all’ornamento e all’arte. Le operazioni di recupero e conservazione dei materiali lignei – avviate già negli anni Venti del Novecento sotto la direzione pionieristica di Amedeo Maiuri – si basarono inizialmente sull’uso della paraffina, secondo un approccio empirico ma visionario.
A partire dagli scavi del primo XXI secolo, in particolare nella Villa dei Papiri e lungo la spiaggia orientale, sono emersi ulteriori frammenti, tra cui elementi decorativi in avorio e interi tratti di soffittature policrome, come il celebre Tetto del Rilievo di Telefo, oggi restaurato e visibile. Questi ritrovamenti hanno dato avvio a un nuovo paradigma di studio interdisciplinare, che ha coinvolto archeologi, conservatori, fisici e specialisti di diagnostica dei materiali. Il Packard Humanities Institute, in sinergia con il Parco Archeologico, ha reso possibile l’attivazione di protocolli conservativi sperimentali, basati sul controllo microclimatico, sul monitoraggio costante dello stato dei materiali e sull’elaborazione di strategie museografiche non invasive. Un simile approccio – come ha dichiarato il Direttore generale Musei, Prof. Massimo Osanna – si traduce in un modello virtuoso di cooperazione tra pubblico e privato, capace di unire rigore scientifico e visione progettuale, favorendo non solo la ricerca, ma anche la valorizzazione e la crescita culturale del territorio. L’esposizione non si limita a documentare, ma aspira a rendere intelligibile la funzione originaria di ciascun reperto, restituendo il “gesto perduto” dell’antico abitante di Ercolano.
Come ha sottolineato il Direttore del Parco, Francesco Sirano, “ogni oggetto ligneo è un frammento di vita, un residuo intimo e quotidiano che ci interroga e ci accompagna nel presente”. Non si tratta quindi soltanto di conservare materia, ma di custodire memoria, nella consapevolezza che ogni intervento su tali manufatti è una sfida tra tempo, tecnica e responsabilità. In questa chiave, il legno carbonizzato di Ercolano – deperibile e allo stesso tempo eterno – diventa paradigma di resilienza e simbolo di una cultura materiale che ancora oggi ci interpella, ci parla, ci connette. Ogni frammento ligneo non è solo oggetto museale, ma parte di un organismo narrativo che attraversa i secoli, offrendo una lezione profonda sul rapporto tra distruzione e sopravvivenza, fragilità e permanenza. Una mostra, dunque, che non è semplice esposizione, ma atto di ascolto e restituzione. Una ricostruzione archeologica che accende la voce del legno e, con essa, quella della città sommersa.
Ercolano, Antiquarium: “Il legno che non bruciò ad Ercolano”
