Michele Girardi: “Giacomo Puccini. Tra fin de siècle e modernità”

Prefazione di Guido Paduano
Editore Il Saggiatore
Pubblicazione 2024
Pagine: 784
ISBN: 9788842834502
Il 29 novembre 1924 moriva Giacomo Puccini e tra i vari libri usciti nel 2024 in occasione di questo primo centenario, presentiamo l’interessante volume scritto da Michele Girardi. Trattasi dell’ultima opera del musicologo veneziano che – considerando la sua recente scomparsa (22 marzo) e la grande dedizione allo studio di Puccini – può definirsi il suo testamento intellettuale. La pubblicazione, dedicata ad un solo compositore e alle sue opere, sembra inserirsi in una specifica linea editoriale che ha visto volumi come Wagner Nights di Ernest Newman e, più in particolare, Puccini di Julian Budden ove si cerca di dare risposte a quanti desiderino allargare la loro conoscenza e/o continuare a studiare attingendo ad opere di particolare rilievo scritte da insigni studiosi.
A proposito del volume del musicologo inglese, nella Prefazione egli ricorda Girardi per la sua «perspicua interpretazione della musica di Puccini e dei rapporti tra questa e quella dei suoi contemporanei [traendo sempre] idee in abbondanza» tanto da trovare abbastanza naturale il fatto che quest’ultimo, in Nota dell’autore, menzioni Budden con affetto (similia similibus). Ma il ricordo, destinato a mantenere viva la memoria, diviene anche occasione per annoverare diversi nomi di musicologi e musicisti scomparsi e altrettanti «amici e colleghi “storici”, compagni nella Puccini renaissance», compresa la sua famiglia. Considerando l’improvvisa dipartita di Girardi, ciò viene ad assumere il significato di sincera gratitudine prima del suo commiato.
Il libro, assai ponderoso, – come rivela lo stesso autore – «ospita […] quasi un quarto di secolo delle [sue] ricerche approfondite sull’opera di Giacomo Puccini, basate su una notevole mole d’esempi musicali», a comprenderne il senso lo ben evidenzia nella prefazione Guido Paduano in Pietà, rispetto e amore. Il filologo e grecista veneziano non usa mezzi termini nel dichiarare che «questo libro nasce dall’amore per Puccini, si prefigge e raggiunge l’obiettivo di contagiarlo al lettore». Mi sento di aggiungere l’intenzione di Girardi nel ravvisare l’intenzione di venire in soccorso allo spettatore/lettore/studioso per avvicinarlo il più possibile, dal di dentro, alle opere del compositore, offrendogli altresì gli strumenti necessari al fine di migliorare la propria esperienza di ascolto e di analisi del teatro di Puccini. In sostanza emerge quasi un ‘pensiero bifronte’ che si completa con le dichiarazioni dello stesso autore a proposito dell’«identica simbiosi fra analisi drammaturgica e quella musicale» in cui egli chiarisce l’intenzione di voler permettere e favorire «una doppia lettura: da una parte quella dell’appassionato, guidata o a riconoscere i luoghi dell’opera che ama, dall’altra quella dello studioso e del musicista, in grado di seguire il ragionamento nella sua completezza».
Intanto, provando ad ‘entrare maggiormente nella struttura contenutistica del libro’ ecco i dodici capitoli, strutturati a loro volta in una serie di paragrafi, cui va il compito di evidenziare ed organizzare i contenuti: Una dinastia di compositori; «Torna ai felici dì»: le nostalgie del giovane Puccini; Una parentesi scapigliata; Manon Lescaut: Wagner e il Settecento; La poetica realtà della Bohème; Tosca: Roma fra fede e poter; Madama Butterfly: una tragedia esotica; Puccini nel Novecento: Wagner en travesti; Una guerra da “operetta”; Drammaturgie sperimentali; «Turandot!»; Epilogo. Seguono infine il Catalogo delle opere; Note; Bibliografia e Indice dei nomi. Ne deriva che il lettore può approcciarsi non necessariamente secondo la successione diacronica del libro ma ha la facoltà di scegliere, di volta in volta, ciò che gli interessa e/o gli è utile suggerendo, soprattutto per coloro che vogliano approfondire, di tornarci più volte, sicuri di poter comprendere ulteriori elementi afferenti alla drammaturgia, al linguaggio compositivo, all’individuazione dei topoi e a tutto ciò che gravita intorno all’universo pucciniano.
Il dato rincuorante, mettendosi dalla parte di ogni tipologia di lettore, è quello di percepire la sensazione di non essere lasciato solo, soprattutto nell’operazione dello studio. Grazie alla ricchezza degli esempi musicali, diagrammi, schemi di vario genere, citazioni e tesi di vari studiosi, opinioni di critici musicali et alia, si ha il senso di effettuare un percorso accanto all’autore fatto anche di scoperte e, in alcuni casi, non privo di pathos. Non di rado si incontrano apprezzabili considerazioni alla cui base stanno pensieri trasversali che toccano aspetti disciplinari come la drammaturgia, il linguaggio compositivo, l’orchestrazione nonché quel contatto con Wagner che, secondo lo studioso, è «più esplicito in Manon che in altri lavori».
A fare da sfondo a questo itinerarium mentis di Girardi è il teatro musicale europeo fin de siècle ove, grazie a riflessioni e considerazioni varie, sembra essere proiettati in quello del periodo susseguente a Puccini, attraversando un tempo che mette in relazione passato, presente e futuro. Il musicologo, in particolare in quest’ ultima dimensione temporale, arriva ad indicare Turandot non come la fine del genere operistico ma come palingenesi dell’immortalità artistica di Puccini tanto necessaria per comprendere la sorte del teatro musicale dell’avvenire.