Napoli, Piccolo Bellini: “Solo una cosa ho avuto nel mondo. L’orecchio”

Napoli, Sala Piccolo Bellini, Stagione 2024/25
“SOLO UNA COSA HO AVUTO NEL MONDO. L’ORECCHIO”
Operina drammatica dal film “La Ricotta” di Pasolini

Regia, Drammaturgia, Musiche, Paesaggi Sonori Blastula.scarnoduo: Monica Demuru, Cristiano Calcagnile
Voce ed effettistica Monica Demuru
Voce, batteria, percussioni, strumentini, chitarra orizzontale Cristiano Calcagnile
Produzione Toscana Produzione Musica

Napoli, 9 aprile 2025
Al Piccolo Bellini, una graziosa sala del Teatro Bellini, va in scena Solo una cosa ho avuto nel mondo. L’orecchio: un’operina drammatica eseguita da Blastula.scarnoduo: Monica Demuru e Cristiano Calcagnile. Il materiale letterario e i momenti poetici dell’operina provengono dalla produzione artistica di Pier Paolo Pasolini. L’opera è una sintesi «musicale» de La ricotta, episodio cinematografico pasoliniano che, insieme ad altri tre episodi (di altri registi: Rossellini, Godard e Gregoretti), dà forma a un lavoro filmico collettivo del 1963: Ro.Go.Pa.G.. L’episodio – come il poeta afferma nei fotogrammi didascalici iniziali – rievoca indirettamente la Storia della Passione; e la rievocazione, nella finzione filmica, viene affidata a un povero figurante di un film sulla Passione, Stracci – che, dopo aver sofferto drammaticamente la fame, si ingozza così tanto di anguria, spaghetti e ricotta da morire. E muore in croce, come un buon ladrone delle borgate romane. Orson Welles, che interpreta il regista del film, ne prende atto freddamente: «Povero Stracci… crepare: non aveva altro modo per ricordarsi che anche lui era vivo». La vicenda del lavoro pasoliniano viene risolta attraverso la potenza poetica ed evocatrice della parola: la parola, filmica e teatrale, assume un senso «altro» da quello iniziale: la sceneggiatura cinematografica viene ricomposta e trasformata in un testo teatrale fatto di immagini e suoni, di immagini filmiche ricostruite soltanto attraverso la parola: il testo, di Monica Demuru, è un pastiche drammatico, strutturalmente determinato dal realismo della scrittura pasoliniana: la vicenda, però, è a volte interessata da digressioni canore, ottimamente innestate nella drammaticità della storia. La vicenda del povero Stracci assume, dunque, una tinta fortemente poetica – e i momenti dialettalmente romaneschi, pur conservando incisività ed efficacia espressive, assumono un senso puramente sonoro. Demuru dà voce ai personaggi principali de La ricotta, risolvendo solisticamente i dialoghi. L’azione teatrale viene evocata «vocalmente», e la determinazione delle scene e dei personaggi avviene grazie alla ricchezza timbrica e alle capacità espressive della voce, supportata e sostenuta dal microfono: lo strumento consente all’attrice-cantante-scrittrice di «variare» parossisticamente i registri della voce, grazie a un gioco di effettistica vocale. E ciò accade, per esempio, nella «conversazione» tra il regista Welles e il giornalista; un escamotage dal carattere anche sottilmente «comico». L’attrice riesce a evocare vocalmente anche i paesaggi periferici romani e il cromatismo dei tableaux vivants – attraverso cui, nell’episodio cinematografico, Pasolini riproduce la Deposizione dalla croce di Rosso Fiorentino e il Trasporto di Cristo del Pontormo. Le parole vengono sostenute e «completate» da un altro linguaggio, quello musicale, eseguito e restituito da Cristiano Calcagnile. La scrittura prevede interventi irregolari di elementi sonori veementi e «rumorosi», che danno risalto al testo. L’irregolarità del linguaggio strumentale consente al musicista di poter «rinnovare» continuamente il materiale sonoro, anche attraverso una certa libertà interpretativa ed esecutiva. Batteria, percussioni, strumentini, chitarra orizzontale, e pochi interventi vocali del musicista, dialogano con il testo letterario. Si tratta, però, di una conversazione «impossibile», determinata da una irrisolvibile incomunicabilità, che allude alla drammaticità della vicenda. L’operina viene anche «interrotta» da un intervento estremamente commovente, quello della voce di Pasolini, impegnata nella lettura di una sua poesia. In definitiva, si è trattato di un lavoro teatrale e musicale accolto positivamente dal pubblico napoletano, che ha apprezzato la convivenza e l’originale commistione di registri espressivi e linguaggi artistici diversi.