Pistoia, Teatro Manzoni: “Don Giovanni”

Pistoia, Teatro Manzoni, Le Stagioni 2024-2025
DON GIOVANNI”
ossia Il dissoluto punito KV 527
Dramma giocoso in due atti su libretto di Lorenzo da Ponte
Musica di Wolfgang Amadeus Mozart
Don Giovanni MODESTAS SEDLEVIČIUS
Donna Anna EKATERINA BAKANOVA
Don Ottavio ILKER ARCAYÜREK
Il Commendatore JULIEN SÉGOL
Donna Elvira AOIFE MISKELLY
Leporello RICCARDO NOVARO
Masetto GIUSEPPE TOIA
Zerlina NIKA GORIČ
Orchestra Leonore
Coro Filarmonico di Torino “R. Maghini”
Direttore Daniele Giorgi
Maestro del Coro Claudio Chiavazza
Regia Roberto Valerio
Manifatture Digitali Cinema – Toscana Film Commission
Costumi Silvia Salvaggio
Scenografie digitali Riccardo Rossi
Partner di progetto Mediacross
Luci Emiliano Pona
Allestimento e produzione Teatri di Pistoia Centro di Produzione Teatrale
Pistoia, 13 aprile 2025
Il sold out al Teatro Manzoni, oltre a indicare l’interesse del pubblico, invita a riflettere sulla realizzazione di questa unica recita del Don Giovanni il cui titolo originale Il dissoluto punito ossia il Don Giovanni, K 527 annuncia e chiarisce molto del personaggio che non rispetta le leggi umane e divine. Si è trattato della rappresentazione della seconda opera, dopo il Così fan tutte andato in scena lo scorso anno, che, insieme alle Nozze di Figaro, costituisce la celeberrima trilogia Mozart-Da Ponte che lo stesso librettista definì le “tre sorelle” e l’imperatore utilizzò l’espressione “divina”. Constatando la presenza di giovani e di persone arrivate da fuori Pistoia si può convenire quanto l’antico mito di Don Giovanni – presente in letteratura ed in teatro ben prima della stesura del lavoro mozartiano – continui ad attirare un pubblico senza età tanto da rimanerne intrigato, senza esimersi da riflessioni su temi come il tradimento, la seduzione, la giustizia, la morte, ecc. Certo è che la definizione ossimorica di ‘Dramma giocoso’, oltre che risultare fuorviante rispetto ai contenuti proiettati anche nel tragico, sollecita, dal punto di vista della ricezione, una serie di valutazioni ove il melodramma, per molti aspetti, sembra riflettere la propria immagine in uno specchio i cui contorni sono però in trasformazione. In estrema sintesi: l’opera inizia con un tentativo di violenza sessuale di Don Giovanni nei confronti di Donna Anna, poi, in seguito a un duello tra il libertino e il Commendatore conclusosi con l’uccisione di quest’ultimo, si svilupperanno azioni che porteranno alla morte del protagonista, autore di azioni spregevoli, precipitando tra le fiamme dell’inferno davanti alla statua del Commendatore di cui il contesto armonico, decisamente dissonante, ne anticipa la percezione. Ecco allora, al di là della definizione di Dramma giocoso, che teatro serio e comico appaiono come immagine bifronte. Solo per fare due esempi attraverso le arie, entrambe tratte dall’Atto I (scena 5): «Ah, chi mi dice mai» intonata da Donna Elvira è ascrivibile al genere serio mentre «Madamina, il catalogo è questo» – cantata da Leporello ed indirizzata a Donna Elvira, sedotta e abbandonata – rientra nell’alveo del teatro comico. Ma nelle ‘cento trappole’ nelle quali il pubblico non deve ‘cedere’ si colloca anche il duetto tra Don Giovanni e Zerlina (Atto I, scena 9). Grazie all’intervento di Donna Elvira, la ragazza evita di diventare un ulteriore nome del catalogo del conquistatore di «donne d’ogni grado, d’ogni forma, d’ogni età». Nella regia di Roberto Valerio è parso di percepire la stessa ‘bifrontalità’ dell’opera (buffa-seria) poiché si poteva cogliere una commistione tra tradizione e modernità attraverso una lettura, a tratti, quasi prismatica, riuscendo quasi sempre a convogliare vari linguaggi artistici (scene, luci, costumi, ecc.). Accostandoci alla partitura è bastato ascoltare l’Ouverture (R. Vlad: «una specie di anticipata retrospettiva, si riferisce ad un dramma dato per compiuto, anche se deve ancora accadere») per rendersi conto del suono e delle qualità musicali dell’Orchestra Leonore, una compagine giovanile formatasi nel 2014, la quale unisce musicisti provenienti da orchestre europee e dall’esperienza cameristica. Ne deriva l’intenzione di formare un insieme che si ispira a grandi progetti ove la condizione necessaria è scandagliare i repertori ed incontrarsi in orchestra, proiettandosi verso un ascolto condiviso, abbracciando l’idea di musica da camera applicata all’orchestra da Claudio Abbado. Il direttore Daniele Giorgi chiarisce: «Leonore è l’emozione di guidare la libertà di musicisti straordinari, lungo un percorso gioioso, verso una meta musicalmente e umanamente autentica» collocandosi tra i musicisti che credono nel valore della cultura e, nella fattispecie, del far musica insieme. L’intervento iniziale di Leporello con l’aria «Notte e giorno faticar» interpretata da Riccardo Novaro ha messo in evidenza la bella vocalità da baritono e la pregevole interpretazione. L’entrata sulla scena di Don Giovanni e di Donna Anna (promessa sposa di Don Ottavio), entrambi con un’efficace presenza scenica (rispettivamente Modestas Sedlevičius ed Ekaterina Bakanova), ha mutato il carattere dell’opera verso il dramma. L’ingresso del Commendatore (padre di Donna Anna): «Lasciala, indegno/ Battiti meco!», impersonato da un convincente Julien Ségol, oltre che anticipare alcuni tratti psicologici del personaggio, traghetta al successivo topos evidenziato dalla successione delle terzine dell’orchestra che accompagnano il ‘colloquio’ tra Leporello («Quel misfatto»), Don Giovanni («Ah!, già cade il sciagurato») e il Commendatore («Ah, soccorso! Son tradito»). Citando gli altri personaggi femminili, ricordiamo Aoife Miskelly nel ruolo di Donna Elvira e Nika Gorič, una convincente Zerlina. Buona prestazione anche di Masetto, interpretato da Giuseppe Toia, e di Ilker Arcayürek nei panni di Don Ottavio. Altrettanto efficace, e abbastanza sonora, la realizzazione del basso continuo al clavicembalo, di Alessandra Artifoni, nei recitativi secchi pur ravvisando, in alcuni casi e nella parte del canto, un ritmo non plasmato alla parola che rendeva difficoltosa l’intellegibilità del testo nel prosieguo. Si segnala inoltre la positiva prestazione del Coro filarmonico di Torino “R. Maghini” preparato da Claudio Chiavazza. I lunghi ed iterati applausi del pubblico potevano intendersi anche come raggiungimento degli obiettivi prefissati, da rintracciare in primis nell’attenta concertazione di Giorgi e di intesa con le compagini dello spettacolo, quasi eco dell’idea espressa a suo tempo dal musicologo e critico musicale Adolphe Boschot: «in tutte le opere di Mozart è così bella, così pura e così assolutamente musicale, che è dappertutto musica da camera». Foto Lorenzo Marianeschi