Roma, Teatro dell’Opera: “Onegin”

Roma, Teatro dell’Opera, stagione 2024/25
“ONEGIN”
Balletto in tre atti su musica di Pëtr Il’ič Čajkovskij

Arrangiamento e orchestrazione di Kurt-Heinz Stolze
Coreografia John Cranko
Onegin FRIEDEMANN VOGEL
Lenskij ALESSIO REZZA
Tatiana NICOLETTA MANNI
Olga SUSANNA SALVI
Solisti, corpo di ballo e Orchestra del Teatro dell’Opera di Roma
Direttore Philip Ellis
Scene e costumi Elisabeth Dalton
Roma, 5 aprile 2025
Quello del balletto Onegin al Teatro dell’Opera di Roma era un successo annunciato. Complice la coreografia di John Cranko (1927-1973), grande creatore di drammi danzati diventati dei classici del balletto moderno, che sanno scavare nella psicologia dei personaggi e si offrono come perfetta sintesi di quello che la danza eredita dalla tecnica più pura del balletto classico, in felice simbiosi con le evoluzioni tecniche del Novecento. Ma non solo, perché l’anima di tutto è la musica di PÏotr Îl’ič Čjajkovskij, non quella dell’omonima opera composta nel 1877, ma una antologia di brani pianistici orchestrati da Kurt-Heinz Stolze in cui il sapore del sentimento čjajkovskijano per l’inutile vagheggiamento di una vita felice echeggia di continuo e offre continui cromatismi per i mutamenti dei personaggi, incardinandosi in quella tradizione nazionale di polacche e mazurche che ci riportano ai fasti dei Teatri imperiali dei grandi balletti di Marius Petipa. Eppure non è ancora tutto: il capolavoro di Cranko (prima rappresentazione: Stoccarda, 1965 – debutto italiano: Spoleto, 1984), coreografo sudamericano che ha saputo fare scuola con i suoi balletti narrativi, la cui carriera è fiorita tra Inghilterra e Germania, si costruisce partendo dal romanzo in versi di Alexandr Sergeevič Pušhkin (1799-1837), fonte primaria di tutto e il cui spirito intrinseco (tra lo spleen di Eugenio Onegin e la forza di Tatiana) emerge nel trasferimento dal codice della parola a quella della danza attraverso una serie di sequenze coreografiche e di attenzione alla gestualità attoriale che rendono la vicenda non solo immediatamente fruibile, ma riescono a calarlo all’interno della storia attirandolo come una potente calamita. Ma ancor più il lavoro di Cranko rende indispensabile la qualità dell’interprete, la cui sensibilità diviene la conditio sine qua non per la materializzazione della coreografia e la riuscita della messa in scena. Tutto questo è stato presente nell’allestimento andato in scena al Teatro dell’Opera di Roma con la compagine di balletto diretta brillantemente da Eleonora Abbagnato (volitiva direttrice anche della Scuola di ballo, che il 7 aprile si esibirà in una lezione dimostrativa aperta al pubblico) e due ospiti d’eccezione quali Nicoletta Manni e Friedemann Vogel nel ruolo del titolo. Vogel è probabilmente il migliore Onegin nel panorama internazionale: capace di riempire la scena con le sue eloquenti espressioni anche nell’immobilità o in una semplice promenade, è interprete maturo e smaliziato che associa alla tecnica eccellente e a un partnering sicuro e senza sbavature la padronanza del ruolo. Dispettoso e superficiale (tanto da suscitare espressioni di vero dispetto anche nel pubblico femminile, quando umilia Tatiana stracciandole in mano la lettera), sa essere poco dopo contrito e sinceramente ravveduto ma, soprattutto, sa mostrare con grande efficacia il drastico cambiamento di sentimento di Onegin, irrimediabilmente destinato a soffrire come tutti gli altri.

Al suo fianco una Tatiana che è, per Nicoletta Manni, il ruolo della vita: diventata Étoile del Teatro alla Scala di Milano con questa interpretazione, si conferma portabandiera della grande scuola italiana scaligera. La sua figura dolce e aggraziata coesiste con una tecnica limpida e dalla fluidità vellutata, priva delle asprezze che spesso accompagnano i virtuosismi, perché le forze sono abilmente dosate e “la ragazza della porta accanto” (quale appare Nicoletta nella sua semplicità giornaliera) si trasforma in una Tatiana innocente e allo stesso tempo determinata. Quando giunge anche per lei «il tempo delle marmellate» (Fabio Sartorelli), Tatiana accetta il suo dovere di moglie e, pur conservando l’ardore della fiamma che l’angoscia quando rivede Onegin dopo tanto tempo, onora la sua posizione di donna sposata con grande forza. Nicoletta Manni fa conservare a Tatiana la stessa innocenza del primo e del secondo atto, nonostante sia ora una donna matura.
La coppia brilla per affiatamento, pur essendo al debutto insieme: il Passo a due dello specchio, metafora erotica di geniale eleganza e sensualità, così come quello del terzo atto fatto di continui contrasti affidati ai Leitmotiv coreutici e musicali che Cranko sapientemente utilizza in una formularità di grande effetto emotivo, sono interpretati magistralmente.
Ottima prestazione per l’Étoile di casa Susanna Salvi nei panni di Olga, sorella gaia e talvolta frivola della più riflessiva Tatiana, anch’ella destinata a soffrire per la morte dell’amato Lenskij per mano di Onegin nel corso di un duello tanto inutile quanto crudele. La difficoltà delle sezioni coreografiche di Olga non ha messo in difficoltà Susanna Salvi, così come è stata molto ben sostenuta da Alessio Rezza, Étoile maschile del Teatro dell’Opera nei panni dello sfortunato poeta Lenskij, il cui triste assolo nella scena che precede quella del duello è infarcito di difficoltà di legato e di interpretazione connessa al lirismo del momento, che non escludono insidie tecniche notevoli, in cui la danza non si fa sostituire dalla sola pantomima ma diviene essa stessa significante per il procedere dell’azione. Ottima prestazione da parte di tutto il Corpo di ballo: non sono mancati applausi a scena aperta in più momenti. L’elegante e caldo allestimento del Duch National Opera and Ballet di Amsterdam, l’eleganza sobria dei costumi di Elisabeth Dalton (che firma anche le scene), l’orchestra diretta dal Maestro Philip Ellis hanno garantito l’apprezzamento senza riserve da parte del pubblico, che al termine è rimasto a lungo in sala ad applaudire con calore e ad attendere i protagonisti all’uscita, per garantirsi di fermare per sempre, con uno scatto fotografico, l’abbraccio con Tatiana e Onegin. (foto Fabrizio Sansoni)