Roma, Villa Bonaparte
Ambasciata di Francia presso la Santa Sede
SERATE MUSICALI A VILLA BONAPARTE
Harp Trio Chagall
CATELLO COPPOLA, flûte
ADRIANA CIOFFI , harpe
SIMONE DE PASQUALE, alto
e con
GIUSEPPINA PERNA, soprano
STEFANO SORRENTINO, tenore
CARLO MARTINIELLO, piano
Programma
G. Rossini : “Giusto cielo, in tal periglio” da “L’assedio di Corinto”
M. Carafa : “Fra tante angosce e palpiti da “Berenice in Siria”
G. Pacini : “Quai lugubri lamenti” da “Cesare in Egitto”
S. Mercadante : Largo per flauto, viola e arpa
G. Rossini: “O muto asil del pianto” da “Guglielmo Tell”
S. Mercadante: “Addio felici sponde” da “Didone abbandonata”
G. Donizetti: “Vivi tu te ne scongiuro” da “Anna Bolena”
G. Pacini: Composizione da camera per Soprano, Tenore, Arpa e
Pianoforte (Prima Assoluta)
Roma, 10 aprile 2025
Villa Bonaparte, oggi sede dell’ Ambasciata di Francia presso la Santa Sede, non è soltanto un palazzo monumentale carico di storia: è un luogo che continua a interrogare il tempo attraverso la cultura. Con il ciclo “Serate musicali a Villa Bonaparte”, avviato nel 2024 e destinato a proseguire fino al termine del 2025, prende corpo un progetto di lungo respiro che coniuga rigore filologico, memoria storica e prassi esecutiva, restituendo significato e respiro alla funzione diplomatica come spazio di pensiero, ascolto e scambio. Tra le linee tematiche che il programma ha saputo esplorare, la figura di Paolina Borghese Bonaparte si impone per carisma, sensibilità e potere evocativo. Sorella di Napoleone, icona ambivalente del neoclassicismo romano, Paolina non fu solo presenza mondana: seppe costruire attorno a sé un vero laboratorio culturale. La sua dimora accanto a Porta Pia, oggi sede diplomatica francese, divenne nei primi decenni dell’Ottocento luogo di incontri, serate teatrali, concerti e improvvisazioni tra attori, pittori e compositori emergenti. Una Roma alternativa, sensibile, inquieta. La serata si è articolata come un itinerario musicale che, attraversando Rossini (Giusto cielo, in tal periglio, O muto asil del pianto), Carafa, Mercadante, Donizetti e Pacini, ha riportato alla luce pagine raramente eseguite e costruito un paesaggio sonoro coerente con la sensibilità salottiera del primo Romanticismo italiano. Il vertice, idealmente e musicologicamente, è stato toccato con l’esecuzione in prima assoluta di una Composizione da camera per soprano, tenore, arpa e pianoforte di Giovanni Pacini, ricostruita a partire da un manoscritto ritrovato a Pescia. In quell’“album di romanze” dedicato alla “distintissima dama”, la musica non è soltanto linguaggio affettivo, ma traccia vivente di un legame tra arte e biografia. Il recupero di questa partitura – frammentaria, delicata, preziosa – è il risultato di un lavoro corale e stratificato. A Pino Adriano, ideatore e coordinatore del progetto, si deve l’intuizione e la tenacia nel rintracciare la fonte, con il sostegno dell’assessorato alla cultura del Comune di Pescia; a Adriana Cioffi, la cura della trascrizione e della realizzazione musicale, affrontata con competenza filologica e profonda intelligenza del suono. È a lei che si deve l’equilibrio tra rigore e cantabilità, tra strutturazione e libertà timbrica. L’organico esecutivo – il Trio Chagall, qui esteso a sestetto con Catello Coppola (flauto), Adriana Cioffi (arpa), Simone de Pasquale (viola), Giuseppina Perna (soprano), Stefano Sorrentino (tenore) e Carlo Martiniello (pianoforte) – ha saputo attraversare il repertorio con sobrietà e senso della forma, evitando ogni compiacimento lirico per restituire, invece, un suono asciutto, interiorizzato, coerente con la destinazione originaria delle composizioni. Ma il dato più sorprendente non risiede soltanto nell’equilibrio interpretativo o nella rarità del repertorio. A rendere l’esperienza irripetibile è stato il modo in cui la Villa stessa ha reagito al suono. Non come cassa armonica, ma come organismo sensibile, capace di riconoscere ciò che già le apparteneva. Come se le musiche, tornate a vibrare dopo due secoli, avessero risvegliato una stratificazione silenziosa, dando luogo a un fenomeno di sospensione temporale: non rievocazione, bensì presenza. La musica, in questo contesto, agisce non come citazione, ma come interruzione del tempo lineare, come breccia nella durata. Il passato non ritorna: si impone. Un’esperienza del genere non sarebbe stata possibile senza l’ospitalità elegante e concreta di S.E. Florence Mangin, Ambasciatrice di Francia presso la Santa Sede, la cui visione ha saputo restituire alla diplomazia una funzione generativa, e non meramente cerimoniale. Accanto a lei, il consorte Pino Adriano, figura centrale nella costruzione intellettuale e operativa dell’intero progetto, ha incarnato con fermezza e discrezione un modello di curatela culturale fondato sulla competenza e sull’idea di continuità. Fondamentale anche il lavoro dell’ufficio stampa dell’Ambasciata, nella figura di Pierluca Ferrari, la cui azione – precisa, generosa, appassionata – ha saputo accompagnare e accelerare ogni fase organizzativa, contribuendo con lucidità e sensibilità alla piena riuscita dell’iniziativa. In tempi in cui la cultura rischia spesso di farsi evento, e l’arte di essere puro spettacolo, queste serate restituiscono un’altra possibilità: quella di un gesto lento, meditato, costruito nel tempo. Villa Bonaparte non è un contenitore, ma un luogo attivo, che reagisce. E la musica, in questo contesto, non è ornamento: è sostanza, strumento critico, memoria incarnata.
Roma, Villa Bonaparte: “Serate Musicali a Villa Bonaparte”
