Venezia, Teatro La Fenice: la Sinfonia “Resurrezione” di Gustav Mahler, diretta da Myung-Whun Chung

Venezia, Teatro La Fenice, Stagione Sinfonica 2024-2025
Orchestra e Coro del Teatro La Fenice
Direttore Myung-Whun Chung
Maestro del Coro Alfonso Caiani
Soprano Louise Alder
Contralto Danbi Lee
Gustav Mahler: Sinfonia n. 2 in do minore “Resurrezione” per soprano, contralto, coro misto e orchestra

Venezia, 18 aprile 2025
Pochi giorni dopo la Matthäus-Passion di Bach diretta da Ton Koopman, la Fenice ha proposto, in occasione della Settimana Santa e della Pasqua, la Sinfonia “Resurrezione” di Gustav Mahler, affidandola alla bacchetta di un beniamino del proprio pubblico, Myung Whun Chung, che l’aveva diretta, sempre alla testa dell’Orchestra e del Coro del Teatro veneziano, sei anni fa. Soliste vocali per questa nuova esecuzione: il soprano Louise Alder e il contralto Danbi Lee. Maestro del Coro: Alfonso Caiani. Tra i direttori più prestigiosi a livello internazionale, lo straordinario artista di Seul si segnala, a nostro modesto avviso, per alcune caratteristiche, che ne fanno un interprete dalla spiccata personalità, intento a seguire con coerenza una propria strada. Giovanissimo, nel 1979 ebbe la fortuna di incontrare a Los Angeles Carlo Maria Giulini – allora direttore principale della locale Orchestra Filarmonica –, del quale divenne assistente, meritandosi due anni dopo la nomina a direttore associato. Dall’esperienza acquisita insieme a Giulini il nostro Chung sarebbe stato profondamente influenzato. Il gesto scarno, l’ampia gamma dinamica, l’agogica che contempla anche tempi decisamente dilatati, la qualità del suono, la lettura approfondita, analitica della partitura – cifre distintive dell’arte direttoriale del maestro sudcoreano – rimandano alla lezione di Giulini: un interprete devoto alla grande musica – in particolare alle famose tre ‘B’ della tradizione tedesca –, che attribuiva ad ogni esecuzione un valore etico prima che estetico.

Grande afflusso di pubblico anche per questa ripresa del capolavoro mahleriano, monumento sonoro grandioso e sublime, che richiede un dispiegamento imponente di musicisti, tra l’Orchestra, il Coro misto e le due Voci soliste: una compagine gigantesca, cui contrastava, al momento dell’esecuzione, l’esile figura di Myung-Whun Chung. Nondimeno, fin dalle prime battute, il suo gesto direttoriale ha rivelato una forza e un’autorevolezza veramente straordinarie, ottenendo la piena adesione alle proprie scelte interpretative da parte di ogni esecutore. Fortemente contrastata e teatrale – come dev’essere – è risultata la sua lettura della monumentale partitura, nel corso della quale si coglieva, tra l’altro, quella diffusa dilatazione dei tempi, cui si è accennato sopra.
Il primo movimento, Totenfeier (Rito funebre) – in cui Adorno ha colto il senso del precipitare, del crollare – è proceduto come un discorso dai toni cupi, che continuamente si spezzava e rispetto al quale contrastavano alcune parentesi liriche. Dopo un tremolo di violini e viole in fortissimo è calata un’atmosfera luttuosa, segnata da un andamento di marcia funebre e da un inizio concitato con aspri motivi frammentari di violoncelli e contrabbassi, in attesa del primo tema, affidato agli oboi e al corno inglese. I violini – sempre eleganti ed espressivi – hanno poi intonato in pianissimo il secondo tema dalla linea melodica ascendente, subito interrotto dal ritorno improvviso del tremolo iniziale e dal vigoroso intervento di violoncelli e contrabbassi, accompagnato da fanfare – intonatissime – degli ottoni. Nello sviluppo – iniziato con il ritorno del secondo tema e percorso da un tono catastrofico – hanno fatto la loro apparizione due figure tematiche, ricorrenti nel corso della Sinfonia: un intervallo di semitono, eseguito con il giusto accento dal corno inglese (tipica evocazione del lamento), e un soggetto quasi di Corale – intonato in modo irreprensibile dai corni –, che esordisce citando la celebre sequenza del “Dies irae”. Il secondo movimento – un Ländler lento – aveva l’evanescenza di un sogno grazie alla delicatezza dei timbri e alla raffinatezza dei dettagli. Aperto da uno scoppio improvviso del timpano, il terzo movimento, percorso con ossessiva monotonia da un andamento ostinato in sedicesimi, è riuscito a sedurre l’ascoltatore con qualcosa di sempre uguale ma sempre diverso, fondandosi sulla parafrasi di un Lied da Des Knaben Wunderhorn, “Sermone di S. Antonio da Padova ai pesci”, che ne ribadisce il carattere sarcastico e grottesco. Anche qui si sono apprezzate le sfumature e le contrapposizioni timbriche: i triviali disegni dei fiati contrapposti al nobile canto della tromba. Protagonista nel quarto movimento era il contralto Danbi Lee, che ha intonato, con espressività intensa e al tempo stesso trattenuta, Urlicht (Luce primigenia), un Lied da Des Knaben Wunderhorn ( Il corno magico del fanciullo): da “O Röschen roth” (O piccola rosa rossa), stagliandosi sulle sonorità suggestive di fiati lontani, a “Da kam ich auf einen breiten Weg” (Me ne andavo per un’ampia via) accompagnata da colori orchestrali più chiari (passaggio in cui ha brillato il primo violino), a “Ich bin von Gott” (Io vengo da Dio), reso con accenti di drammatico fervore. Davvero dirompente è risultato il gesto con cui Chung ha aperto il quinto movimento, immerso nel clima concitato e sonoramente “tellurico” del primo, con la parentesi del segnale dei corni che devono suonare fortissimo, seppur posizionandosi “il più lontano possibile”. Un movimento, questo, in cui si ripresentano fondamentali figure tematiche, come il tema di Corale, amplificazione del motivo del “Dies irae”, e il lamentoso intervallo di seconda minore. Gli strumenti, che si rispondevano con effetto-eco hanno evocato, intonando intervalli di quinta, un clima di attesa: quella del Giudizio Universale, fino alla comparsa del “Dies Irae” affidato agli ottoni gravi. Successivamente una veloce sezione di sviluppo ha proposto una grottesca marcia funebre: la processione dei morti, che è sfociata in un pianto lamentoso. Infine, quasi inattesa, si è udita la sommessa perorazione del Coro a cappella, che ha preparato e accompagnato, con intensa partecipazione e assoluto controllo vocale, l’intervento – misurato e nel contempo misticamente espressivo – del contralto (Danbi Leee) e del soprano (Louise Adler), che hanno intonato l’inno Die Auferstehung (La Resurrezione) di Friedrich Gottlieb Klopstock – nella versione modificata dallo stesso Mahler – fino all’apoteosi finale tra squilli di trombe, fervore di canti, risuonare di campane, ripieni dell’organo. Travolgente successo per tutti i protagonisti della serata.