Venezia, Teatro La Fenice: Rudolf Buchbinder interpreta Beethoven

Venezia, Teatro La Fenice, Stagione Sinfonica 2024-2025
Orchestra del Teatro La Fenice
Direttore e pianoforte Rudolf Buchbinder
Ludwig van Beethoven: Concerto per pianoforte e orchestra n. 2 in si bemolle maggiore op. 19; Concerto per pianoforte e orchestra n. 4 in sol maggiore op. 58; Concerto per pianoforte e orchestra n. 1 in do maggiore op. 15
Venezia, 3 aprile 2025
È tornato alla Fenice Rudolf Buchbinder, uno dei performer più leggendari del nostro tempo che, al culmine di una luminosa carriera di sessantacinque anni, continua a suonare il pianoforte coniugando autorevolezza e spontaneità, tradizione e innovazione. Le sue interpretazioni delle opere di Beethoven, in particolare, sono considerate modelli assoluti: non a caso, è stato il primo pianista a interpretare tutte le Sonate di Beethoven, all’interno di una manifestazione estiva al Festival di Salisburgo del 2014, e il Musikverein di Vienna, per la prima volta nella sua storia, gli ha concesso, nella Stagione 2019-2020, l’onore di eseguire tutti i cinque Concerti di Beethoven. È stata, come sempre, una grande emozione assistere alla sua esecuzione: ammirare la compostezza con cui affronta anche i passaggi più ardui, guidando nel contempo l’orchestra, con rapidi cenni, nei momenti in cui può staccarsi dalla tastiera; sentirsi rapire da quell’energia, che proviene dall’assoluta padronanza della tecnica pianistica, dalla perfetta, intima conoscenza del dettato beethoveniano. Presupposti di un’interpretazione, che ci conquista con la forza interiore e, insieme, l’olimpico dominio delle passioni, che caratterizzano Buchbinder come tutti i più grandi interpreti della grande tradizione viennese e mitteleuropea, mai pedissequamente imitata dall’insigne artista, bensì sempre reinventata con autenticità e apertura mentale. La serata si è aperta con il Concerto in si bemolle maggiore n. 2 op. 19 (in realtà il primo in ordine di composizione, essendo precedente a quello dell’op. 15), dove il dialogo del pianoforte con l’orchestra si è svolto con una leggerezza mozartiana, in un rapporto paritetico tra i due interlocutori – del resto è evidente in questa partitura l’influenza del Concerto in re minore kv 466 del Salisburghese, che si è colta anche nella prima entrata del pianoforte con libere figurazioni derivanti dal materiale tematico già esposto dall’orchestra –. Strabiliante per la chiarezza nell’articolazione la cadenza del primo movimento – composta da Beethoven vari anni dopo la pubblicazione del Concerto, avvenuta nel 1801 – proiettata verso il futuro, preannunciando la Sonata op. 101 (1816). Particolarmente suggestivo il secondo movimento, un grande Adagio tipicamente beethoveniano, a metà del quale l’orchestra si è stagliata autorevolmente sul morbido fondo sonoro del pianoforte, e poi ha partecipato con accenti drammatici alla grande cadenza, aperta da accordi e trilli del solista e da lui chiusa con un recitativo. Un tono brillante e, al tempo stesso, pastorale si è colto nel Rondò finale. Seguiva il Concerto per pianoforte e orchestra n. 4 in sol maggiore op. 58, composto tra il 1805 e il 1806, che rappresenta una reazione, da parte di Beethoven, al virtuosismo esteriore, imperante a quell’epoca in questa forma musicale, insieme ad un tono celebrativo e marziale del movimento iniziale. Un tono di luminosa intimità ha caratterizzato l’iniziale Allegro moderato, aperto dalla breve entrata del solista che, in modo innovativo, precede l’esposizione orchestrale. Un drammatico dialogo si è svolto nel secondo movimento tra sonorità crepuscolari. Alle quali si sono alternate, nel movimento conclusivo, sonorità brillanti, come in un breve intervento del solista a mani alternate, che si pone in una prospettiva di tecnica prelisztiana. La serata si è conclusa con il Concerto per pianoforte n. 1 op. 15, terminato nel 1798 e pubblicato, in una versione rivista, nel 1801. Qui il tono è cambiato fin dal primo movimento, vicino alla tradizione del ‘concerto militare’ – molto gradito al pubblico di fine Settecento – tra sonorità brillanti e ritmi di marcia sia dell’Orchestra che del pianista, che ha sfoggiato staccati incisivi e agilità, anche nella mano sinistra: un movimento, con solo pochi momenti di più raccolto intimismo. Nel Largo, centro espressivo del Concerto, cui un’orchestra ridotta ha conferito un insolito colore timbrico, il primo clarinetto e il pianoforte, nel loro intimo dialogo, hanno creato un’atmosfera veramente ‘magica’. Molto brillante il Rondò finale – con tre temi dal carattere di danza –, conclusosi in modo ‘sorprendente’ alla fine della cadenza, quando il pianoforte ha iniziato, secondo tradizione, un trillo, per poi farlo divergere dalla prevedibile conclusione e indirizzarlo, con raffinata modulazione, verso una tonalità inattesa. Reiterati applausi tra molti “Bravo!”