Milano, Teatro fACTORy32: “Lettera di una sconosciuta”

Milano, Teatro fACTORy32, Stagione 2024/25
“LETTERA DI UNA SCONOSCIUTA”
da Stefan Zweig
La Sconosciuta CHIARA ARRIGONI

R. ENRICO BALLARDINI
Regia Alberto Oliva
Drammaturgia Chiara Arrigoni
Scene e Costumi Paola Arcuria
Luci Riccardo Italiano
Nuova produzione fACTORy32
Milano, 16 maggio 2025
Dalla passata stagione, il teatro fACTORy32 porta avanti un interessante progetto su Stephan Zweig, una trilogia tratta non dalle sparute sue opere teatrali, bensì da tre romanzi brevi che vengono appositamente adattati alla scena tramite un’attenta cura drammaturgica. L’anno scorso ha preso avvio con “Paura“, una vera gemma nella produzione dell’autore austriaco, che ha avuto tuttavia un esito teatrale forse ancora acerbo. Quest’anno, invece, con “Lettera di una sconosciuta“ siamo di fronte a uno spettacolo drammaturgicamente più compiuto, anche più godibile, grazie soprattutto a tre fattori: il primo è la drammaturgia di Chiara Arrigoni, che riesce a trovare, oltre a una coerenza interna, anche una chiara corrispondenza nel romanzo e nei suoi vari significati; il secondo fattore di successo di questa produzione sta proprio nel talento dei due interpreti: la già citata Chiara Arrigoni è una Sconosciuta elusiva e polimorfa, capace sia vocalmente che fisicamente di evolversi, differenziarsi, tratteggiando, comunque, una precisa identità dei personaggio; accanto a lei, Enrico Ballardini è un convincente R. (i personaggi del romanzo, infatti, non hanno mai nomi dichiarati): si muove con fascino tra la curiosa baldanza dell’artista e la maniera dell’attore, che comunque gli garantisce una ricca gamma espressiva, di mezzevoci e sottotesti, l’unica possibile per un testo simile. Il terzo fattore di successo sta nella regia di Alberto Oliva, perennemente giovane (almeno esteriormente) ma ormai non più promessa, quanto piccola certezza del panorama teatrale nostrano: la sua scelta di usare il tulle come sublimazione della carta, e quindi far muovere la sconosciuta sempre avvolta in questi strati bianchi evanescenti, è senza dubbio coraggiosa quanto riuscita, e anche dividere in due la già piccola scena tramite un altro tulle, sul quale si possano leggere dei passaggi rilevanti della lettera, è un’idea tutto sommato che funziona, che aiuta lo spettatore a entrare in contatto con la psicologia splendidamente ossessiva, castamente perversa della protagonista. La vicenda infatti, è semplice quanto spiazzante: uno scrittore (R.) riceve una lunga lettera senza mittente in cui una ragazza racconta del suo folle amore per lui sin dai tredici anni, di come essa sia riuscita a diciotto anni anche a trascorrere tre notti con lui, ad avere da lui un figlio a sua insaputa, a continuare ad amarlo senza rivelarsi mai per anni, fino alla morte del bimbo e, con tutta probabilità, anche della sua, poiché si confessa a uno stato terminale di polmonite. Portata sullo schermo in una mirabile quanto più mélo versione di Max Ophüls nel 1948 (con una Joan Fontaine e un Louis Jourdain belli e bravi da non credere), questa “Lettera di una sconosciuta” teatrale ha un grande merito: proprio quello di non naufragare mai nello sdolcinato, nel gratuitamente sentimentale, ma di mantenere viva la vena sottile quanto prolifica di crudeltà di cui si nutre sempre più, man mano che la storia si rivela al pubblico. Adesso siamo curiosi su quale testo verterà il terzo capitolo di questa coraggiosa quanto affascinante trilogia ideata da Valentina Pescetto: non dobbiamo fare altro che aspettare la prossima stagione.