Milano, Teatro Franco Parenti: “Come nei giorni migliori”

Milano, Teatro Franco Parenti, Stagione 2024/25
COME NEI GIORNI MIGLIORI”
di Diego Pleuteri
con ALESSANDRO BANDINI e ALFONSO DE VREESE
Regia Leonardo Lidi
Scene e Luci Nicolas Bovey
Costumi Aurora Damanti
Suono Claudio Tortorici
Produzione Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale
Milano, 28 maggio 2025
Quello che colpisce di più di “Come nei giorni migliori“ non sono tanto le molte prove positive di chi lo ha portato in scena, ma l’assoluta misura di queste prove, che con tutta probabilità provengono dalla misura di un testo estremamente consapevole di sé: la struttura è quello di un gioco al massacro, una coppia di attori, che non fanno altro che amarsi ed odiarsi per un’ora e mezza; pure, non viene pronunciata una parola di troppo, lo spettacolo non dura un minuto di troppo, il coltello che spesso ci affonda nelle carni non ci risparmia nemmeno un centimetro della sua lama. Quando si dice che un testo è scritto a regola d’arte si intende esattamente questo, cioè un testo capace di tenere l’attenzione dello spettatore sempre alta, dal primo all’ultimo momento, senza la possibilità di annoiarsi, o di speculare troppo, ma lasciandogli l’unico diritto che uno spettatore ha e che sovente, invece, gli viene negato – cioè quello di lasciarsi coinvolgere. E non stiamo parlando del coinvolgimento del pubblico valicando la quarta parete (escamotage ormai praticato anche nei teatri degli oratori di provincia), né semplicemente del coinvolgimento emotivo, che, giustamente, molto teatro del Novecento rigetta come fuorviante, ma di un coinvolgimento umano a trecentosessanta gradi, anima, corpo e mente, quello stato in cui una persona viene portata fuori da sé per seguire quello che avviene sul palco. In questo senso, tutta la nostra lode va a Diego Pleuteri, l’autore di questo testo, che nonostante la giovane età non si trova certo alle prime armi – lo capiamo dal fatto che a fargli da regia troviamo Leonardo Lidi, un po’ a sorpresa, a dirla tutta: Lidi è un regista fra i più apprezzati del nostro teatro, fresco di una trilogia cecoviana che negli ultimi cinque anni ha girato tutte le maggiori piazze italiane, e con molte successi sul proprio carnet; ci stupiamo di lui perché in “Come nei giorni migliori“ sembra aver ritrovato una freschezza che da un po’ di tempo latita nelle sue regie: un lavoro a scena vuota tutto incentrato sulle prossemiche e le relazioni aptiche degli attori, che sono essi stessi gli oggetti di scena, si tratti di una discoteca, di un campo di padel, di una cena di Natale, di un’automobile o di un matrimonio; solo a loro Lidi rimanda la creazione scenica, e lo fa certamente con maestria, ma soprattutto con godibilissima spontaneità, tanto che in alcune scene non sappiamo dove cominci la regia, intervenga il lavoro dell’attore, e finisca la drammaturgia. I due interpreti sono stati scelti con grande attenzione: non ci spingiamo a dire che i ruoli siano stati cuciti loro addosso, ma senza dubbio, sono stati in grado di calarsi in due ruoli veramente complessi, ed estremamente demanding sul piano fisico (e non solo per le molte scene di intimità, ma anche per la rapidità, la varietà e la prontezza richiesta dalle azioni che devono compiere). Alessandro Bandini ha il giusto modo di relazionarsi al suo personaggio, che è inquieto, insicuro, il tipico gay milanese che vive per i suoi traguardi e pretende che il mondo lo ammiri; la voce lievemente nasale, la fisicità smilza, e i tratti e i modi del meridionale emancipato ne restituiscono un’immagine ferocemente credibile. Gli fa da perfetto contraltare Alfonso De Vreese, sotto ogni punto di vista: il fenotipo nordico, la fisicità imponente, la parlata settentrionale appena intelligibilmente cadenzata, il suo è il ritratto di un ragazzo gay da serie tv americana – gli piace la “normalità”, sogna una famiglia, è apparentemente risolto, ma è anche nevrotico, cerebrale, una creatura a cavallo fra Woody Allen e il personaggio di un manga giapponese; e forse, proprio per questa vena surreale che De Vreese riesce a imprimere al suo personaggio, ci risulta più convincente, in un angolo del nostro cervello speriamo che l’interprete non differisca così tanto dall’interpretato. Il resto non esiste: solo le luci di Nicolas Bovey si fanno vedere, a suggello delle varie fasi della storia fra i due protagonisti, ma non come una discreta cornice: al contrario, sono luci che si impongono, cambiano repentinamente, come repentinamente sono in grado di riassumere in un’ora e mezza più di un anno di storia Bandini e De Vreese – in un certo senso, le luci sono il terzo personaggio, l’unica presenza scenica che percepiamo davvero al di là degli attori. Il Teatro Franco Parenti ci tiene, prima dell’inizio dello spettacolo, a sottolineare quanto tutte le date di “Come nei giorni migliori“ siano già sold out, e onestamente non ci stupisce, in primis perché è stato scelto di metterlo in scena in una sala che conterà sì o no una settantina di posti, ma soprattutto, fuori di cinismo, perché lo spettacolo si preannuncia già ricco di noti professionisti, di cui lo spettatore assiduo pensa di potersi fidare, a prescindere dalla vicenda nuda e cruda; è bello constatare che per questa volta la fiducia sia largamente ben riposta. Foto Luigi De Palma