Napoli, Teatro di San Carlo: “Attila”

Napoli, Teatro di San Carlo, Stagione d’opera e danza 2024/25
“ATTILA”
Dramma lirico in un prologo e tre atti su libretto di Temistocle Solera e Francesco Maria Piave, dalla tragedia “Attila, König der Hunnen” di Zacharias Werner

Musica di Giuseppe Verdi
Attila, re degli Unni GIORGI MANOSHVILI

Ezio, generale romano ERNESTO PETTI
Odabella, figlia del signore d’Aquileja ANNA PIROZZI
Foresto, cavaliere aquilejese FRANCESCO MELI
Uldino, giovane bretone, schiavo d’Attila FRANCESCO DOMENICO DOTO
Leone, vecchio romano SEBASTIÀ SERRA
Orchestra e Coro del Teatro di San Carlo
Direttore Vincenzo Milletarì
Maestro del Coro Fabrizio Cassi
Produzione del Teatro di San Carlo

Napoli, 27 aprile 2025
Attila, dramma lirico di Giuseppe Verdi, arriva al San Carlo e viene eseguito in forma di concerto. È «una delle opere di maggior successo del suo primo periodo» (Philip Gossett), e appartiene al cosiddetto periodo degli Anni di galera: una definizione coniata dal compositore medesimo e che viene adoperata in riferimento alla produzione operistica «giovanile», un periodo caratterizzato da una stressante e intensa attività lavorativa. Vincenzo Milletarì, alla testa dell’Orchestra del San Carlo, riesce a dominare la scrittura verdiana, evidenziando la funzione e la pregnanza drammatiche di ogni momento teatrale: dall’efficace energia della scena della tempesta, nel prologo, al suggestivo «episodio descrittivo dell’alba» (per dirla con Massimo Mila), che riesce stupendamente a culminare in un momento sonoro folgorante. La bellica fierezza dell’accompagnamento ritmico e la poetica delicatezza di momenti intimistici (come la Romanza Oh! nel fuggente nuvolo – affidata, nell’atto primo, al soprano) sono funzionali al soddisfacimento delle necessità drammaturgiche dell’opera – la cui natura drammatica riesce a farsi evidente fin dal tragico Preludio. Occorre riconoscere a Milletarì il merito di aver eseguito anche le riprese delle Cabalette – la cui presenza, sia pure con delle variazioni, risulta drammaticamente essenziale. L’esecuzione in forma di concerto consente al coro – preparato da Fabrizio Cassi – di emergere teatralmente e di assumere un ruolo, anche «scenico», pressoché fondamentale, e ciò si avverte nell’energia fremente dei momenti vocali degli Unni, nelle religiose invocazioni degli eremiti e negli interventi di carattere patriottico del popolo. Nel ruolo di Attila, Giorgi Manoshvili. Profondità del colore vocale, sicurezza nel registro acuto, solidità di voce e sensibilità drammatica del fraseggio garantiscono al basso un appropriato atteggiamento vocale; ciò si avverte nell’Aria Mentre gonfiarsi l’anima, restituita con ricchezza di espressione, e nella travolgente Cabaletta Oltre quel limite, eseguita con gagliarda condotta teatrale (atto primo). Il ruolo conosce anche emozionanti momenti di contrizione emotiva, come Spiriti, fermate del finale primo No!… non è sogno, che consente al cantante di sfoggiare un’affettiva «cantabilità». Anna Pirozzi, nel ruolo di Odabella, conferma di essere un’ottima interprete verdiana. Con magnetica maturità, affronta i momenti di «veemenza» espressiva del ruolo, delineando così un personaggio drammatico, febbrilmente tormentato da un «santo di patria indefinito amor». Ciò accade nel prologo: un’emissione notevole consente alla cantante di affrontare drammaticamente l’impervia scrittura vocale della Cavatina Allor che i forti corrono. La determinazione del personaggio prosegue con la Cabaletta Da te questo or m’è concesso: un sentimento di nervosa e frenetica contentezza, per la spada ottenuta da Attila l’oppressore, rende appassionata la voce – sempre salda ed espressiva, anche nel registro grave. Interessante è anche l’esecuzione della ripresa della Cabaletta – restituita attraverso una soffocata ferocia emotiva; un sentimento che si pone in netto contrasto con il carattere intimistico della raffinata Romanza dell’atto primo, Oh! nel fuggente nuvolo, dal soprano appropriatamente eseguita. Francesco Meli, nell’esecuzione del 27 aprile, ha sostituito Luciano Ganci. La bellezza del colore vocale, particolarissimo e inconfondibile, una sensibilità scenica di attore-cantante e l’aristocrazia del fraseggio consentono a Meli di cesellare, con perizia, ogni aspetto della personalità del suo personaggio, Foresto: il tenore rende teatralmente pregnante la parola verdiana, e ciò accade nei momenti di lirica soavità (nella Cavatina del prologo, Ella in poter del barbaro!, e nella Romanza dell’atto terzo Che non avrebbe il misero). Il cantante gestisce appropriatamente anche i momenti di furia emotiva (nel Duetto con Odabella, nell’atto primo: Sì, quell’io son, ravvisami) e di fervore patriottico (nella celebre Cabaletta Cara patria, già madre e reina, nel prologo). Ernesto Petti interpreta, invece, Ezio. Egli riesce a dare forma al variegato temperamento del generale romano, che prevede momenti di dignitoso «risentimento», come nella Scena iniziale dell’atto secondo Tregua è cogli Unni – successivamente risolto nell’Aria Dagli immortali vertici, opportunamente affrontata. Padronanza della tessitura acuta, ricchezza di fraseggio e avvenenza del colore vocale consentono al baritono anche di affrontare la celebre Cabaletta È gettata la mia sorte – la cui interpretazione avviene energicamente e, a volte, sfocia in marcate sfumature espressive. Completano il cast: l’ottimo Sebastià Serra, nel ruolo del maestoso Leone, vecchio romano – e Francesco Domenico Doto, nel ruolo di Uldino, giovane bretone, schiavo d’Attila. Il pubblico ha tributato calorosissimi applausi agli artisti, alla fine dell’esecuzione del dramma – preceduta da un commovente minuto di silenzio in memoria di Papa Francesco. Le foto, di Luciano Romano, riguardano l’esecuzione del 24 aprile 2025