Reggio Emilia, Teatro Valli, Stagione danza 2025
“LAST WORK”
Coreografia Ohad Naharin
Musiche di Grischa Lichtenberger, Maxim Warratt
Scene Zohar Shoef
Costumi Eri Nakamura
Assistente coreografo/maître ballet Ariel Cohen, Guy Shomroni
Luci Avi Yona Bueno (Bambi)
danzatori Yuya Aoki, Jacqueline Bâby, Eleonora Campello, Katrien De Bakker, Tyler Galster, Livia Gil, Paul Gregoire, Jackson Haywood, Amanda Lana, Eline Larrory, Almudena Maldonado, Eline Malegue, Albert Nikolli, Amanda Peet, Roylan Ramos, Ryo Shimizu, Giacomo Todeschi, Kaine Ward Runner Maëlle Garnier
Reggio Emilia, 10 maggio 2025
Spettacolo forte, ipnotico, suadente ed onirico “Last Work” di Naharin, che senza soluzione di continuità rapisce lo sguardo dello spettatore per un’ora e mezza. Di certo è particolare come viene utilizzato il corpo di ballo in una variazione di coreografie totalizzante, in cui musica e gesto sono espressione di forza creativa.
Il palco è vuoto e scuoro, ovvero solo una danzatrice corre su un tapis roulant e vi correrà, senza mai fermarsi, per tutto lo spettacolo a significare lo scorrere del tempo, poi a poco a poco si paleseranno i danzatori in movimenti sempre piuttosto lenti e ricorsivi, poi veloci e repentini. Non c’è un preordinato disegno coreografico ma un loquace esempio di come la danza contemporanea sia capace di percorrere sentieri senza meta, con il solo obiettivo di riempire spazi e dare forma al sentimento. Infatti il linguaggio corporeo mostrato dai ballerini, 18 per la precisione, è incentrato sull’emotività che si palesa con movimenti virtuosi.
Sul palco ora si muovono in gruppo, poi si abbracciano e danzano a coppie, infine si isolano per finire uniti da un nastro adesivo che un danzatore passa tra loro per ordire una ragnatela. Tutto è magico e sottolineato dal substrato sonoro che evidenzia il tempo che scorre e lo pone al centro della rappresentazione. Interessante sapere che questa coreografia nasce dalla tecnica Gaga di Ohad Naharin per cui i danzatori improvvisano dando sfogo alle proprie emozioni e sensazioni, Tutto sembra però magistralmente architettato, ossia deciso e voluto e la presenza di conflitti nella partitura sembra non porre l’attenzione sul posto dell’individuo nel gruppo. “I danzatori sono incoraggiati a non riprodurre una forma, ma piuttosto delle intenzioni di movimento. Penso che sia esaltante avere questo tipo di libertà in un lavoro di repertorio” (Cédric Andrieux, direttore del Ballet de l’Opéra de Lyon). In conclusione esce una bandiera bianca che presa dal runner è inseguita dal corpo di ballo, un’immagine che richiama gli ignavi danteschi e il loro incedere funesto dietro un vessillo per l’eternità. La bandiera però qui è segno di pace, un desiderio e richiamo sincero al conflitto Israele palestinese essendo Naharin israeliano, già direttore artistico di Batsheva Dance Company e fondatore della divisione giovanile della compagnia, “the Young Ensemble”.
La cosa che più ha affascinato della rappresentazione è stato l’aver assistito per la prima volta come ad una lezione di dove può spingersi la danza contemporanea, al di là della tecnica e della forma.
Reggio Emilia, Teatro Valli: “Last Work” del Ballet de l’Opéra de Lyon
