Roma, Palazzo delle Esposizioni
DAL CUORE ALLE MANI: DOLCE&GABBANA
a cura di Florence Müller
scene della’ Agence Galuchat
Roma, 13 maggio 2025
In un tempo in cui la moda rischia di affondare nel digitale e nell’effimero, Domenico Dolce e Stefano Gabbana riaffermano con vibrante ostinazione la nobiltà della manualità, la potenza del gesto, l’aristocrazia del dettaglio. Dal Cuore alle Mani: Dolce&Gabbana, dal 14 maggio al 13 agosto 2025 al Palazzo delle Esposizioni di Roma, è più di una mostra: è una dichiarazione d’intenti, un manifesto estetico, una sinfonia visiva che celebra l’Italia come archetipo, ispirazione, materia e mito. Pensata dalla curatrice Florence Müller e orchestrata con le scenografie dell’Agence Galuchat, l’esposizione – dopo il successo folgorante di Milano e Parigi – approda negli spazi neoclassici di Pio Piacentini con un nuovo allestimento che non si limita a un riallestimento, ma si plasma nella monumentalità del luogo, stabilendo un dialogo teatrale e simbolico tra architettura e moda, tra marmo e mikado, tra stucchi e crinoline. La mostra si articola in quattordici sezioni tematiche, vere e proprie “stazioni” di un pellegrinaggio laico nell’immaginario di Dolce&Gabbana. Sin dall’ingresso si comprende la natura quasi liturgica del percorso: qui la moda è intesa come atto sacro, il corpo come reliquiario e l’abito come ex-voto. Le prime sale celebrano il “fatto a mano”, con un Grand Tour attraverso le maestranze italiane: pizzi di Grottaglie, intrecci sardi, sete veneziane, motivi barocchi che rivivono nei drappeggi di una nuova classicità.
Ma è l’elemento teatrale a dominare l’allestimento: l’opera lirica, il cinema, la devozione, le icone religiose e la scultura vivono negli abiti come figure animate. Ogni creazione diventa così personaggio, e l’esposizione assume le sembianze di una Wunderkammer postmoderna dove il sacro e il profano, la sensualità e l’estasi convivono in un equilibrio sontuoso e trasgressivo. L’abito come architettura prende forma nella sala dedicata a “Vestire la pittura”, in cui la sartoria dialoga con gli affreschi di Carracci e la geometria rinascimentale, ricreando la sinergia tra costruzione e ornamento. La sala dedicata al “Barocco bianco” è forse l’esempio più eloquente di questa traslazione plastica dell’arte: gli stilisti riprendono la lezione di Giacomo Serpotta, maestro degli stucchi palermitani, scolpendo il tessuto come fosse gesso lucidato, giocando con crine di cavallo, mikado e duchesse in un’estasi luminosa e senza colore, che afferma una sensualità rarefatta e assoluta. Ogni abito è un atlante visivo.
Nei corsetti della sezione “Anatomia sartoriale” si legge il desiderio di una nuova anatomia estetica: il corpo è scolpito, rimodellato, esaltato. È un’operazione artistica e semiotica che, partendo dal Rinascimento e passando per la sensualità di Helmut Newton, si traduce in capi che celebrano l’architettura dell’umano, democratizzando l’ideale estetico con una sartoria inclusiva. Accanto, la sala “Cinema” è una celebrazione emozionale del sodalizio con Giuseppe Tornatore, autore di Devotion, il film che fa da contrappunto lirico alla mostra. Le immagini scorrono tra crocifissi e tessuti, Madonne e abiti liturgici, raccontando un’Italiana bellezza che è famiglia, fede, fatica, festa. L’occhio di Tornatore coglie la sacralità dei gesti quotidiani e la trasforma in rito cinematografico. La mostra culmina nella sala dedicata a Milano, città natale dell’Alta Moda del brand. Un abito aureo in pizzo macramè rende omaggio alla Madonnina e alla Galleria Vittorio Emanuele II, evocando un’identità urbana fatta di luce e altitudine spirituale. Questo è il cuore vibrante della maison, dove ogni creazione è ancora disegnata, tagliata, cucita a mano, come se fosse l’unica.
Emblematico il titolo della mostra: Dal cuore alle mani. È la sintesi di una visione etica ed estetica. Il cuore è l’atto d’amore, la pulsione creativa, la nostalgia, la memoria. Le mani sono la tecnica, la dedizione, l’errore trasformato in merletto. Ogni pezzo è un unicum, ogni ricamo è un’epifania. L’eccellenza diventa narrazione, il lusso si fa cultura. Il percorso si chiude con un omaggio all’“Arte Sarda”, tra ricami di pibiones, gioielli in filigrana e suggestioni nuragiche. Il genius loci della Sardegna entra nella moda attraverso un’antropologia del tessuto, in cui la processione di Sant’Efisio si trasforma in passerella, e il canto a tenore si fa colonna sonora della bellezza arcaica. Non è una mostra per chi cerca il sensazionalismo, ma per chi sa leggere le trame della storia nelle trame del broccato. È glamour, sì, ma mai effimera: è una mise en scène della memoria italiana, un palcoscenico che restituisce dignità alla tradizione e incanto alla modernità. In un mondo che corre verso l’intelligenza artificiale, Dolce&Gabbana tornano all’intelligenza sensibile delle mani. E in questo gesto antico, profondamente italiano, c’è tutto: il tempo, la forma, l’anima. Photo Michael Adair
Roma, Palazzo delle Esposizioni: “Dal cuore alle mani: Dolce&Gabbana”
