102° Arena di Verona Opera Festival 2025: “Nabucco”

102° Arena di Verona Opera Festival 2025
“NABUCCO”
Dramma lirico in quattro parti su libretto di Temistocle Solera

Musica di Giuseppe Verdi
Nabucco AMARTUVSHIN ENKHBAT
Ismaele GALEANO SALAS
Zaccaria ALEXANDER VINOGRADOV
Abigaille MARIA JOSE’ SIRI
Fenena FRANCESCA DI SAURO
Il Gran Sacerdote di Belo GABRIELE SAGONA
Abdallo MATTEO MACCHIONI                                                                                    Anna ELISABETTA ZIZZO
Orchestra, Coro e Ballo della Fondazione Arena di Verona
Direttore Pinchas Steinberg
Maestro del coro Roberto Gabbiani
Regia, Scene, Costumi, Luci e Coreografia Stefano Poda
Nuova produzione di Fondazione Arena di Verona
Verona, 14 giugno 2025
A due anni dalla controversa quanto innovativa Aida, tefano Poda torna a Verona per proporre il suo Nabucco definito “atomico”. L’atomo diviso dalla fissione nucleare genera due frammenti dalla polarità positiva che si respingono con violenza ad elevata energia cinetica salvo poi ricongiungersi nel finale; nella metafora di Poda le due polarità vogliono definire i due popoli in lotta, babilonesi ed ebrei, vincitori e vinti. Non solo, la scissione dell’atomo diventa anche l’allegoria della conquista scientifica che nelle mani sbagliate può portare morte e distruzione. L’esplosione atomica, il fungo terrificante paventato e tuttora di scottante attualità, avviene nel finale del secondo atto quando Nabucodonosor proclama la propria divinità ed uguaglianza al Dio di Israele; ma la scissione ci parla anche della ragione separata dal sentimento e dalla spiritualità, due forze che oppongono il popolo conquistatore e quello oppresso. Come già in Aida del 2023, qui Poda firma praticamente tutto: regìa, scene, costumi, luci e coreografie. Di quella Aida il regista recupera il praticabile di metallo e plexiglass sul quale sistema i due elementi semisferici (le due parti dell’atomo) tra i quali svetta una lunga scalinata sormontata da una clessidra con la scritta “Vanitas”, severo monito per cui nulla può opporsi al naturale scorrere del tempo che azzera ogni azione umana e sistema le cose. Una scenografia essenziale permette un cospicuo risparmio di tempo (e in effetti vi è un solo intervallo tra secondo e terzo atto) mentre i costumi tendono ad esaltare da una parte la ricerca del progresso (Babilonia), dall’altra il fiero anelito alla spiritualità e alla sostanza dell’essere (Israele): costumi tecnologici, in grado persino di illuminarsi per i babilonesi, semplici e basilari per gli ebrei. Tutto quanto esposto con efficacia nelle note di regia rimane però purtroppo sulla carta. La scena è affollata e confusa con mimi, ballerini, comparse e coro che si mescolano tra loro correndo nervosamente avanti e indietro e gettandosi continuamente a terra; del dramma originale desunto dalla Bibbia, tuttavia, non traspare pressoché nulla. Ma è un allestimento che appaga l’occhio del turista areniano, in cerca di continue emozioni di forte impatto visivo. Sotto l’aspetto musicale, non delude assolutamente Amartushvin Enkhbat, che conferma le sue doti preclare quali morbidezza vocale, precisione, fraseggio cesellato, espressione e piena padronanza di uno strumento che piega al servizio della parola scenica con una dizione chiara e limpida e rendendo un Nabucco regale ed autorevole.  Da parte sua Maria José Siriveste i panni di Abigaille sottolineando con straordinaria efficacia la malvagità del personaggio svelandone tuttavia anche la fragilità emotiva con omogeneità vocale sempre controllata; una prestazione di grande livello ma frequentemente in contrasto con la regìa, tanto che a tratti il suo canto veniva fagocitato dai movimenti delle masse. Alexander Vinogradovè uno Zaccaria fiero oppositore e difensore del popolo d’Israele, con una caratterizzazione vocale adeguata alla parte che, non va dimenticato, ai tempi in cui Verdi scrisse l’opera risentiva ancora dell’influenza donizettiana. Negli altri ruoli, Galeano Salasè un Ismaele convincente e di corretta tenuta vocale, soprattutto nei concertati non avendo una vera e propria parte di rilievo come del resto Francesca Di Saurocome Fenena che però sfoggia un bel cantabile nella perorazione finale Già dischiuso è il firmamento. Il resto del cast vedeva Gabriele Sagona quale sacerdote di Belo, Matteo Macchioni come Abdallo ed Elisabetta Zizzo nei panni di Anna, ciascuno adeguato alla propria parte. Sul podio l’atteso ritorno di Pinchas Steinberg, a trentasei anni dal debutto areniano in Aida, che ha optato per una direzione comoda, forse fin troppo, più votata all’accompagnamento delle voci che al sostegno drammaturgico; i tempi allentati accendono poco fuoco per una partitura che non ha certo pretese sinfoniche ma che brilla per passione e vigore patriottico. Anche il coro, autentico protagonista dell’opera e diretto da Roberto Gabbiani, è apparso a tratti slegato e privo di mordente soprattutto nei momenti topici e perfino nel celebre ed atteso Va’ pensiero la cui esecuzione non ha suscitato alcun desiderio né richieste di bis (che in effetti non c’è stato). Pubblico numeroso, come tradizione areniana dell’apertura del festival, con applausi a scena aperta a tutti i protagonisti. Prossime recite il 21 e 28 giugno, 10, 17, 24 e 31 luglio, il 9, 16, 21 agosto e il 5 settembre. Foto Ennevi per Fondazione Arena.