Opera in tre atti su libretto di Edourd Blau. Judith van Wanroij (Rozenn), Kate Aldrich (Margared), Cyrille Dubois (Mylio), Jérôme Boutillier (Karnac), Nicolas Courjal (Le Roi d’Ys), Christian Helmer (Jahel/ Saint Corentin). Hungarian National Choir, Csaba Somos (maestro del coro), Hungarian National Philarmonic Orchestra, György Vashegyi (direttore).Registrazione: Bela Bartok National Concert Hall, Budapest, 9-11 gennaio 2024. Fondazione Palazzetto Bru Zane Opéra francais vol. n. 43.
“Le roi d’Ys” è l’opera più nota di Éduoard Lalo, musicalmente è piccolo capolavoro non ha mai ottenuto il successo che la qualità musicale meriterebbe. L’arrivo di una nuova registrazione discografica – all’interno del ciclo di opere francesi distribuite dalla fondazione Blu Zane – non può che essere accolta con interesse. L’opera fin dal debutto nel 1888 è stata al centro di un vivace dibattito tra wagneriani e anti-wagneriani, entrambe le parti intente ad arruolare il compositore tra le proprie schiere. In realtà l’opera sembra fatta apposta per sfuggire a qualunque definizione. L’ambientazione medioevale, l’uso dell’orchestra, alcuni palesi ricordi – il duetto tra Margared e Karnac sembra una versione “mignon” di quello tra Ortrud e Telramud – mostrano una sicura influenza wagneriana. Di contro la mancanza di un autentico sviluppo sinfonico e la concisione delle forme –l’opera dura circa un’ora e mezza – indicano una concezione del teatro musicale che non potrebbe essere più lontana da quella wagneriana.
La presente edizione discografica ha il suo punto di forza nell’Hungarian National Philarmonic Orchestra, orchestra magnifica per colori, pienezza e pulizia sonora e altrettanto buona è la prova dell’Hungarian National Choir compagine non solo di altissimo livello ma anche in possesso di un’ottima dizione francese. A dirigere i complessi magiari è György Vashegyi direttore che si è affermato come specialista del repertorio classico settecentesco ma che nel corso degli anni ha ampliato i propri interessi all’opera ottocentesca. Il direttore ungherese opta per una lettura contrastata, con sonorità marziali e squillanti così come non teme di lasciarsi andare all’abbandono lirico un po’ maniera dei momenti elegiaci. Manca forse un senso di senso ritmico nelle danze popolari e nei momenti che evocano il folklore bretone. Il direttore riesce a dare una buona coerenza a un’opera che soffre non poco la differenza tra un primo atto abbastanza frettoloso e i seguenti decisamente più ispirati.
La compagnia di canto non esente di difetti, però nel complesso funziona e permette di rendere i caratteri dei personaggi, magari un po’ generici ma efficaci nella loro stilizzazione.
Le vere protagoniste – nonostante il titolo – sono le due figlie del re d’Ys. L’angelica Rozenn dal canto lirico e liliale e la passionale e gelosa Margared che trascinata dalla passione con corrisposta per l’eroico Mylio arriva a tradire e a distruggere la propria patria per poi pentirsi e redimersi salvando la città con il suo autosacrificio.
Kate Aldrich non ha mai avuto una voce “classicamente” bella. Il trascorrere degli anni ora mostra una voce impoverita di armonici e un registro acuto sfogato. La sua forza è sicuramente quella interpretativa con uno spiccato temperamento e un accento di rara forza espressiva che le permettono di dare il giusto rilievo alla personalità estrema di Margared. La “liliale” sorella Rozenn è cantata con timbro di squisito lirismo da Judith van Wanroij che si fa apprezzare anche in un repertorio lontano da quello neoclassico in cui è più abituale ascoltarla. Qualche acuto può risultare non gradevolissimo ma la piacevolezza del timbro e l’eleganza del canto compensano qualche piccola imprecisione.
Decisamente bifronte il Mylio di Cyrille Dubois. La parte è problematica nell’unire due tipi di vocalità contrastanti muovendo il personaggio tra lirismo e impeti epicheggianti. Dubois è più a suo agio nella prima componente. Il timbro morbido e luminoso e l’eleganza del canto si esaltano nell’Aubade del III atto e nei duetti con Rozenn. Di contro è innegabile che nelle scene dal taglio più drammatico ed eroico epiche la vocalità di Dubois appare più a disagio. Jérôme Boutillier riesce a gestire, se pur con una voce non particolarmente gradevole, l’ingrata parte di Karnac che, escluso il drammatico duetto con Margared nell’atto terzo, si esprime sempre con un canto declamato un po’ manierato. Nicolas Courjal con la sua bella voce di basso cantante ha la nobile autorità richiesta dal ruolo del Re mentre Christian Helmer affronta con sicurezza e mestiere il doppio ruolo di Jahel e dell’apparizione di Saint Corentin.
Come sempre ricchissimo di testi – in francese e inglese – e splendidamente illustrato il volume di accompagnamento.