Milano, si sa, è una piazza teatrale “ultrasatura”, a causa della presenza di teatri più o meno importanti, ma soprattutto di realtà teatrali piccole, quasi improvvisate, off-off, che prendono vita, a volte per il tempo di un paio di stagioni, presso scantinati, attici, proprietà parrocchiali, centri sociali, zone industriali dismesse eccetera eccetera. Nonostante sia vero, questo non si dimostra necessariamente un impedimento affinché queste piccole realtà possano fiorire e, talvolta, distinguersi; ci vuole senz’altro una certa dose di fortuna perché questo avvenga, ma non può mancare nemmeno una generosa dose di talento imprenditoriale ed artistico, di intuizioni comunicative e, senz’altro, di coraggiosa irresponsabilità. Tutte queste doti le abbiamo ritrovate in Valentina Pescetto, giovane attrice e danzatrice genovese formatasi oltreoceano, che nel 2018 riesce ad aggiudicarsi un vecchio deposito di tappeti fra il Naviglio e San Cristoforo, per trasformarlo, nel giro di circa un anno, in fACTORy32, un piccolo polo che si sta dimostrando tra i più vivaci e interessanti dell’intera proposta teatrale meneghina (qui la recensione alla sua ultima produzione). La incontro un pomeriggio: è bella ed emozionata, desiderosa di mostrarmi e narrarmi il suo teatro.
Perché il tuo spazio si chiama fACTORy32?
Perché volevo un nome che richiamasse direttamente il lavoro dell’attore (che è proprio nel cuore di questa parola), ma anche che mantenesse un contatto col suo passato industriale; inoltre mi piaceva anche fare un omaggio alla Factory di Andy Warhol… E 32 è il numero civico di via Watt in cui ci troviamo, oltre che la mia età nell’anno in cui abbiamo inaugurato lo spazio.
Avete aperto a fine 2018 e praticamente dopo un anno è arrivato il Covid, con tutto quello che ne è seguito: come hai fatto a non arrenderti?
È stata una sfida davvero rischiosa: anche quando ci era stato concesso di riaprire, le condizioni erano praticamente proibitive. In una settimana ho ideato una rassegna estiva nel cortile del teatro (solitamente adibito a parcheggio) con un piccolo gruppo di artisti di richiamo. La risposta del pubblico fu entusiasmante, con sold out continui e persone che ci ringraziavano per il coraggio. Contemporaneamente abbiamo attivato corsi online che hanno avuto un buon successo, con un numero impressionante di allievi. Questo, ci ha dato davvero la forza di non mollare, e sul lungo termine ha pagato.
Questo spazio è molto a contatto con la realtà teatrale americana ed è evidente che tu tenga all’internazionalità della proposta: come hai sviluppato questo legame?
Cerco di tenermi più informata possibile, in primo luogo; senza dubbio, poi, l’essermi formata con Larry Moss e Micheal Rodgers – che insegna anche presso i nostri corsi – ha avuto il suo peso: lui mi ha aperto il mondo del teatro americano, sia dei classici (come Williams) sia dei più contemporanei. In questa stagione, ad esempio, abbiamo proposto “Casa di bambola 2” di Lucas Hnath, un testo del 2018, e ha avuto così tanto successo che lo abbiamo riproposto per più date e ne siamo diventati coproduttori.
Come hai imparato a coniugare l’aspetto dirigenziale con quello artistico?
Non è stato semplice: nonostante siamo una realtà piccola, la parte burocratica, contabile e amministrativa è molto pesante, soprattutto per una tendenzialmente negata in matematica come me! Ma un teatro in realtà è come un’azienda, e per farlo funzionare ho dovuto imparare la parte gestionale, che curo in genere la mattina. Poi, dalle 14, mi dedico invece al mio lato preferito di questo lavoro, cioè quello umano: vengo in teatro, seguo i corsi che facciamo, accolgo gli allievi, e coltivo l’identità dello spazio e le relazioni con chi viene a trovarci.
Nell’ascoltarti traspare una grande dedizione al progetto…
È la cosa più vera e importante per me: la passione sfrenata che mi ha portato ad aprire fACTORy32 non viene mai meno, anzi, cresce sempre più, man mano che vedo che le persone si affezionano, ritornano, portano altri, dimostrando di apprezzare ciò che proponiamo.
Tu dici sempre, quando introduci gli spettacoli, che hai realizzato il tuo sogno – aprire il tuo teatro… quale altro sogno hai ancora da realizzare?
Suonerà banale, ma stiamo creando una vera e propria famiglia artistica, che vorrei diventasse un punto di riferimento non solo per la zona, ma per l’intera città. So che è un progetto ambizioso e che si può realizzare solo a lungo termine, ed è per questo che punto tanto sull’internazionalità delle nostre stagioni e collaborazioni: per poter ampliare sempre più il bacino di utenza del nostro spazio e contribuire col nostro servizio alla crescita culturale della città.
“Ho realizzato il mio sogno”: intervista a Valentina Pescetto, direttrice di fACTORy32
