Napoli, Teatro di San Carlo: “Il matrimonio segreto”

Napoli, Teatro di San Carlo, Stagione d’opera e danza 2024/25
“IL MATRIMONIO SEGRETO”
Dramma giocoso in due atti su libretto di Giovanni Bertati, dalla commedia “The clandestine marriage” di George Colman il Vecchio e David Garrick

Musica di Domenico Cimarosa
Solisti dell’Accademia di Canto Lirico del Teatro di San Carlo

Geronimo YUNHO ERIC KIM
Elisetta ANASTASIIA SAGAIDAK
Carolina MARIA KNIHNYTSKA
Fidalma SAYUMI KANEKO
Il conte Robinson ANTIMO DELL’OMO
Paolino SUN TIANXUEFEI
Orchestra del Teatro di San Carlo
Direttore Francesco Corti
Regia e Scene Stéphane Braunschweig
Costumi Thibault Vancraenenbroeck
Luci Marion Hewlett
Nuova produzione del Teatro di San Carlo

Napoli, 11 giugno 2025
Al Teatro di San Carlo, va in scena Il matrimonio segreto, fortunatissimo dramma giocoso dell’aversano Domenico Cimarosa, compositore emblematico della «Scuola napoletana» settecentesca. La regia è affidata a Stéphane Braunschweig. Egli effettua un’«attualizzazione» – estetica, soprattutto – dell’Opera, che di «buffo», almeno scenicamente, conserva effettivamente poco, ma quest’operazione avviene sempre nell’ottica di un già efficace ed «equilibrato gioco di simmetrie interne» (Paologiovanni Maione), la cui estrema «modernità» consente al regista di porre in evidenza la pregnanza drammatica dell’opera. Sei personaggi sono attraversati da una momentanea instabilità (un «lieto fine», però, consentirà la risoluzione dei conflitti relazionali). Fidalma, vedova, vorrebbe sposare Paolino, «giovane di negozio» di Geronimo, «ricco mercante»; Paolino è, invece, segretamente sposato con la figlia minore di Geronimo: Carolina; di lei, però, si innamora il Conte Robinson – che, invece, come da accordo, dovrebbe contrarre matrimonio con Elisetta, figlia maggiore del mercante. I personaggi si «rincorrono» a vicenda, incastrandosi in un «intrico» ordinato di incontri-scontri – che gli attori-cantanti riescono a risolvere con scenica «disinvoltura», determinante anche l’esposizione del materiale testuale del Bertati – costantemente investito di pregnanza teatrale, attraverso l’essenziale e accorto impiego di altri linguaggi: quello gestuale e, soprattutto, quello mimico-facciale. Avviene, però, un’eliminazione – scenica, soprattutto – degli elementi deliberatamente «comici» dell’Opera: la «sordità» di Geronimo viene convertita in sdegnosa «perplessità»; l’altro elemento eliminato è l’«avanzata» età scenica di Fidalma – eliminazione che neutralizza la comica «particolarità» della sua «passione» per il giovane garzone. Queste operazioni «neutralizzanti» consentono allo spettatore di osservare «seriamente», e con «maggior sospetto», il matrimonio tra Elisetta e il Conte, paradigmatico del carattere arrivistico di papà Geronimo e, in generale, del mondo borghese. L’integrazione del mondo borghese in quello aristocratico, progettata da papà Geronimo attraverso il «contratto» matrimoniale, appare metaforicamente rappresentata da una convivenza scenica di costumi – contemporanei e settecenteschi – stilisticamente contrastanti, disegnati da Thibault Vancraenenbroeck. Le scene – progettate dal regista medesimo e opportunamente illuminate da Marion Hewlett – restituiscono, in modo essenziale, gli appartamenti e le stanze entro cui accadono i fatti: «scatole sceniche», in varie tonalità di grigio, la cui movibilità consente una formazione «istantanea» degli spazi. Francesco Corti è alla testa dell’Orchestra del San Carlo (con Cristiano Gaudio, al clavicembalo, e vari Professori ospiti). Corti propone una lettura interessante del linguaggio strumentale cimarosiano, la cui pregnanza teatrale appare strettamente funzionale alla definizione «drammaturgica» dell’Opera. E, nella gestione della struttura di questa variegatissima costruzione operistica – anche tenendo conto dell’eliminazione di due numeri e recitativi vari, come viene precisato nel Programma di Sala –, Corti risulta essere perfettamente a suo agio. Gli attori-cantanti, nell’esposizione del materiale testuale, ricevono un costante sostegno «espressivo» dall’accompagnamento orchestrale – la cui ricercatezza e briosità emergono con estrema e commovente evidenza. Nel cast, figurano allievi dell’Accademia di Canto Lirico del San Carlo. Nel ruolo di Geronimo, Yunho Eric Kim. Il basso garantisce al «ricco mercante» un comportamento scenico non «artefatto»: la «comicità» del ruolo è tutta ravvisabile nella condotta vocale – e, per esempio, in quel suo espressivo «balbettare», nel travolgente Finale Primo Tu mi dici che del Conte. Occorre, qui, anche ricordare il momento della celebre Cavatina Udite, tutti udite – affrontata con sagace proprietà di stile. Carolina, invece, è interpretata da Maria Knihnytska. Il soprano affronta agilmente il ruolo: presta alla figlia minore di Geronimo un efficace temperamento teatrale – ravvisabile, per esempio, nel simpatico momento di dissimulazione e di infingimento dell’atto primo, l’Aria Perdonate, signor mio: un momento vocale, estremamente «grazioso» e di recitata «sprovvedutezza», funzionale alla determinazione scenica del personaggio. Appropriata «espressività» e sorprendente bellezza del colore timbrico concorrono, inoltre, alla caratterizzazione del ruolo. A dare corpo e voce a Fidalma è Sayumi Kaneko. Il mezzosoprano offre un garbato ritratto della zia, «esperta» vedova – senza, però, assumere un comportamento teatrale «grottesco» o «stereotipato»: un tono simpaticamente «maliziosetto» consente alla cantante un’opportuna restituzione dell’Aria dell’atto primo: È vero che in casa. Paolino è, invece, interpretato da Sun Tianxuefei. Il tenore offre un avvenente ritratto del «giovane di negozio», segreto sposo di Carolina. Il comportamento scenico prevede: momenti di tenera «irresolutezza» (come il Duetto, nell’atto primo, con il Conte: Signor, deh, concedete…) e momenti di amorevole soavità (come l’Aria, nell’atto secondo, Pria che spunti in ciel l’aurora). Nel restituire tutto ciò, il cantante appare perfetto – perché può contare su un valido strumento vocale, che – per «lucentezza» ed «espressività» – è in grado di convincere totalmente. Nel ruolo di Elisetta, Anastasiia Sagaidak. Il soprano riesce a garantire all’aspirante «contessina», figlia maggiore del mercante, una «risolutezza» comportamentale ed emotiva – attraverso cui riesce a dare forma al «risentimento» nutrito da Elisetta nei confronti della sorella. Un’inclinazione al canto virtuosistico consente alla cantante di affrontare l’Aria, nell’atto secondo, Se son vendicata – la cui lettura, agile e puntuale, assume un ruolo fondamentale – anche nella definizione scenica del personaggio. Antimo Dell’Omo interpreta, invece, il Conte Robinson. Il baritono offre un ritratto estremamente simpatico dell’aristocratico, impegnato in vari momenti di «buffo» infingimento – celato e no: dal comportamento, fintamente modesto – nella Cavatina Senza, senza cerimonie (atto primo) –, alle «finzioni», sul proprio conto, raccontate a Elisetta, attraverso l’Aria Son lunatico bilioso (atto secondo). Brillantezza vocale ed efficacia teatrale del fraseggio consentono al cantante un’opportuna creazione del ruolo. Un pubblico, tanto divertito, accoglie entusiasticamente questo Matrimonio. Foto Luciano Romano