Roma, Piazza Augusto Imperatore: “Riapre la piazza intorno al Mausoleo di Augusto”

Roma, Piazza Augusto Imperatore
PIAZZA AUGUSTO IMPERATORE INAUGURA MA ATTENDE IL SUO MAUSOLEO
Roma, 06 giugno 2025

Roma non è una città come le altre. È un grande museo, un salotto da attraversare in punta di piedi“, scriveva Alberto Sordi con l’ironia del flâneur disilluso. Ma se anche Sordi oggi tornasse a calcare le lastre levigate della nuova Piazza Augusto Imperatore, forse si chiederebbe dove sia finito quel salotto. Perché la piazza, dopo un intervento durato anni, finalmente riapre, con tutte le carte in regola: travertino a vista, cordonate che scendono, impianti all’avanguardia e musealizzazione promessa. Eppure, qualcosa sfugge. Come se la Roma raccontata in punta di scalpello avesse perso il gusto di raccontarsi anche in punta di lingua. Il progetto è di quelli importanti: restituisce visibilità e dignità a uno dei luoghi più simbolici della città, attorno al quale si sono stratificati duemila anni di potere, memoria e propaganda. Il Mausoleo di Augusto, cuore ideologico della nuova piazza, non è solo un sepolcro imperiale, ma un dispositivo narrativo potente: da Augusto a Mussolini, ogni epoca lo ha usato per dirsi immortale. Ora tocca a noi, e lo facciamo con buone intenzioni e mezzi consistenti: quasi 13 milioni di euro totali, tra restauro e musealizzazione, grazie all’impegno congiunto di Roma Capitale, Fondazione TIM e Gruppo Bvlgari. C’è anche Rem Koolhaas coinvolto, e questo ci rassicura: Roma continua ad attrarre i giganti dell’architettura globale. Ma è proprio qui che si annida il sospetto: non è che stiamo costruendo una narrazione troppo perfetta? Non è che rischiamo di trasformare la città in un dispositivo estetico, impeccabile ma disabitato? La nuova piazza è bella, certo. Ma è viva? Il dubbio è legittimo. Come spesso accade nei progetti di rigenerazione urbana, la bellezza diventa cornice, e l’uso reale dello spazio resta una variabile incerta. Siamo di fronte a un luogo pubblico o a un salotto per turisti? A rendere più complesso il quadro contribuisce la memoria architettonica del sito. Negli anni Trenta del Novecento, Vittorio Morpurgo isolò il Mausoleo in un gesto monumentale, togliendogli il respiro urbano per consegnarlo all’eternità di un’ideologia. L’operazione odierna tenta una mediazione: riporta la piazza alla fruizione pubblica, ricuce quote e livelli, abbatte barriere architettoniche, e punta a reinserire il Mausoleo nel tessuto cittadino. Ma, nella sostanza, non è forse ancora una volta l’idea stessa di città a essere imbalsamata? Il percorso museale previsto per il 2026 promette molto: ambienti interni rinnovati, impianti discreti, cipressi sostituiti, una nuova passerella pensile tra via dei Pontefici e Palazzo Correa. Sembra tutto pensato per non disturbare, per controllare ogni frammento di visita, ogni sguardo, ogni umidità. Ma dov’è finita la sorpresa? L’imprevisto? L’emozione di inciampare nella storia? Certo, la partecipazione di Fondazione TIM e Bvlgari consente un respiro finanziario altrimenti impensabile. E il mecenatismo, se intelligente, può essere strumento nobile. Ma è difficile non notare come il linguaggio adottato dalle istituzioni sia più vicino a quello di una campagna promozionale che a un atto culturale. Si parla di “ponte tra passato e futuro“, di “visioni condivise“, di “impatti positivi“. Tutto vero, ma anche tutto liscio, troppo liscio. Un monumento è anche conflitto, interrogativo, frizione. È la città che ci costringe a domandarci chi siamo. Non solo cosa mostriamo. La nuova Piazza Augusto Imperatore è senza dubbio un successo ingegneristico e architettonico. Ma una piazza non vive di pietre. Vive di sguardi, di attraversamenti, di relazioni. Roma, per restare Roma, deve continuare a essere abitata nel pensiero e nella dissonanza, non solo contemplata. E allora forse è giusto restituire la parola a chi conosce la città come una lente sul mondo. “Roma è la città degli echi, la città delle illusioni, e la città del desiderio“, scriveva Giotto Dainelli. Ma per non ridurla a un’eco senz’anima, il desiderio deve restare vivo. Anche, e soprattutto, tra le mura di un sepolcro. Photocredit Monkeys Video_Lab