Torino, Teatro Piccolo Regio: “The Bear” di William Walton

Torino, Teatro Piccolo Regio: La Scuola all’Opera e In Famiglia 2024 – 2025
“THE BEAR“ (L’orso)
Extravaganza in un atto. Libretto di Paul Dehn e William Walton dall’omonima commedia di Anton Čechov.
Musica di William Walton

Elena Ivanovna Popova SIPHOKAZI MOLTENO*
Grigorij Stepanovič Smirnov YIORGO IOANNOU
Luka  TYLER ZIMMERMAN*
La Cameriera  ALESSIA CODA ZABETTA
Il cuoco GABRIELE BOCCHIO

Orchestra del Teatro Regio di Torino
Direttore Marco Alibrando
Regia Paolo Vettori
Costumi Laura Viglione
Scene Claudia Boasso
Luci 
Andrea Rizzitelli
Nuovo Allestimento del Teatro Regio di Torino *artisti del Regio Ensemble
Torino, 29 maggio 2025
Così come al ristorante, dopo il gran pranzo d’occasione, sovraccarico di grassi e calorie, si propone il sorbetto o sgroppino, al Teatro Regio, dopo un massiccio ed ipertrofico Hamlet, sussurrando a bassa voce senza far rumore e senza pubblicizzarlo a dovere, si serve l’effervescente The Bear di William Walton. Operina che è come sorbirsi uno sgroppino di panna inglese, rinforzato con gin e vivacizzato da scorzette di limone dell’isola di Ischia. Non nella sala grande, ma nella ormai desueta cantina, nata per imitazione della Piccola Scala, che solo l’attivismo di Paolo Vettori, il regista in cartellone per la serata, riesce, semel in anno, a risuscitare. Il barocco e i concerti di canto, per cui il luogo era stato voluto, da decenni ormai sono stati esclusi dal Teatro. Tre operine anglofone, in tre anni, è quanto si è potuto vedere. Ora tocca a questo Orso, terza fatica che ancora Paolo Vettori è riuscito ad allestirvi utilizzando le ottime forze “della casa”: la scenografa Claudia Boasso, la costumista Laura Viglione e le luci di Andrea Rizzitelli. La sobrietà e l’economicità dell’allestimento ne fanno peraltro ancor più apprezzare l’ottimo risultato ottenuto. Se mai qualcuno si togliesse la voglia di comparare quanto succede nell’interrato con le sproporzionate spese affrontate per alcuni spettacoli del piano superiore, forse si sorprenderebbe di come, con il budget di un Hamlet, si caverebbero fuori almeno 100 Orsi. William Walton, inglese trapiantato ad Ischia, sempre restio nell’affrontare l’opera, invasa stabilmente oltremanica dall’ottima e invasiva produzione di Britten. Gli pesava poi il relativo successo attribuito a Troilus and Cressida, suo primo lavoro teatrale del 1954, accettò comunque l’invito di Peter Pears, il tenore compagno di Britten, di portare un suo lavoro al Festival di Aldeburgh. La scelta cadde su una pièce teatrale di Čechov da cui, lui stesso con la collaborazione dello sceneggiatore cinematografico Paul Dehn, ricavarono il libretto dell’atto unico. Storia banale: giovane bellezza che, perso il marito debosciato e traditore, si incaponisce a rimanere in gramaglie e a non sostituirlo; le entra in casa, a riscuotere debiti non saldati dallo scomparso, un nerboruto, aitante e danaroso campagnolo; qualche schermaglia a cui seguono qualche equivoco maneggiamento di una pistola e un rimando della cavalcata … nel parco. 50 minuti e poco più di un inglese vaudeville brillante, brioso, sapido per esilarante humor. La musica è strettamente legata alle situazioni, da esse nasce senza esserne né la causa né l’anticipazione. C’è un gatto in casa e il racconto viene pausato dai suoi stiracchiamenti e dai frullii di ali degli uccelletti che cerca di ghermire. Del cavallo, Toby, nella scuderia si intuisce il pestar di paglia e lo sgranocchiar d’avena. L’orchestra del Teatro Regio, con la guida sagace e indefessa di Marco Alibrando, conta pochi archi e fiati ma un gran dispiegamento di percussioni, arpe e pianoforte compresi. Il racconto non potrebbe così essere stato sostenuto con più vivacità e fantasia. Walton conosceva a perfezione il mondo musicale del suo tempo e vi si rifa costantemente. Non si coglie la dodecafonia, che forse c’è, distinti sono però i riferimenti allo Stravinskij delle Noces, agli americani di New York e non solo. Due lunghe litanie, di Grigorij che elenca i debitori, di Elena con le malefatte e le infedeltà del marito si riallacciano alle geremiadi di Falstaff, non per nulla Walton ha elaborato innumerevoli colonne sonore di film shakespeariani. La litania dei debitori sembra ad una processione ortodossa, con ostensione delle sacre icone, vedi Mussorgskij, le malefatte del marito si snodano invece su motivetti da rive gauche e da broadway. Tre i protagonisti vocali, due “della casa” membri dell’Ensemble del Regio, e un ospite: il baritono Yiorgo Ioannou formidabile e rude campagnolo dalla borsa piena e dal cuore tenero. Canta e recita con appropriatezza e vigore, sempre convincente nella parte. L’ambiente piccolo si colma per una voce ben educata e dal piacevole timbro ombreggiato. Siphokazi Molteno è la coprotagonista che veste i panni della vedova Elena. Voce sfogata, di gran temperamento, affronta validamente sia la partitura musicale che il grande impegno scenico. Il regista Vettori ha sicuramente molto curato la recitazione e il maestro Alibrando, oltre all’insieme strumentale, ha meticolosamente seguito il canto fornendone una linea sempre convincente. Figura di contorno Luka, maggiordomo tuttofare, il basso Tyler Zimmerman che ottimamente sostiene recitativi e battibeccanti duetti con i due protagonisti. Figure mute sono la Cameriera Alessia Coda Zabetta e il cuoco Gabriele Bocchio che, ben diretti, mimano azioni e vivacizzano il palcoscenico. Le note di regia giustificano il gigantesco quadrante, parete di fondo della scena, e le numerose grandi clessidre che a noi, nel contesto, paiono più adatti a rappresentare un tempo riacciuffato da parte dei due protagonisti che non al rimpianto per lo spreco di quello passato. Forse per giustificarne la programmazione si è sottolineato il fatto che la produzione fosse nell’ambito dei due cicli La Scuola all’Opera e In Famiglia, con orari alle 16, alle 11 e alle 20. A noi pare che questi giustificativi siano inutili ed impropri: lo spettacolo è bello ed interessante, ben degno di stare in una programmazione principale, pur se accoppiato, per completezza di serata, con un altro atto-unico. L’inglese del testo e il livello “artistico e culturale” della proposta musicale sono tali da pretendere e poi soddisfare anche il pubblico più “scafato”. Nella recita del 29 maggio, causa la mancata informazione, il pubblico era assai scarso.