Torino, Teatro Regio Stagione d’opera 2024 – 2025
“ANDREA CHÉNIER”
Dramma di ambiente storico in quattro quadri su libretto di Luigi Illica.
Musica Umberto Giordano
Andrea Chénier ANGELO VILLARI
Carlo Gérard ALEKSEI ISAEF
Maddalena di Coigny VITTORIA YEO
La mulatta Bersi ALBINA TONKIKH*
La Contessa di Coigny FEDERICA GIANSANTI
Madelon MANUELA CUSTER
Roucher ADRIANO GRAMIGNI
Pietro Fléville NICOLO’ CERIANI
Fouquier Tinville NICOLO’ CERIANI
Il sanculotto Mathieu VINCENZO NIZZARDO
Un “Incredibile” RICCARDO RADOS
L’Abate DANIEL UMBELINO*
Il maestro di Casa IVAN SHCHERBATYKH
Dumas TYLER ZIMMERMAN*
Schmidt JANUSZ NOSEK
Una Pescivendola LYUDMYLA PORVATOVA
Lando Fiorinelli (clavicembalista) ANDREA MAURI
*Artista del Regio Ensemble
Orchestra e Coro del Teatro Regio di Torino
Direttore d’Orchestra Andrea Battistoni
Maestro del coro Ulisse Tabacchin
Regia Giancarlo del Monaco
Scene Daniel Bianco
Costumi Jesus Ruiz
Luci Vladi Spigarolo
Coreografia e Assistente alla regia Barbara Staffoni
Nuovo allestimento del Teatro Regio di Torino
Torino, 25 giugno 2025.
Le recite torinesi di Andrea Chénier contano tutte di un’eccellente prestazione musicale e vocale ma, nel contempo, soffrono di un inaccettabile percorso temporale e di una regia contradditoria. Tre intervalli di mezz’ora, inseriti tra “quadri” di ugual durata, sono oggettivamente intollerabili, in sala, la lamentela è diffusa e condivisa. L’effettiva durata musicale dello Chénier è di circa due ore, qui si superano i 200 minuti. Se accettabile nel corso di un festival estivo, dove il pubblico è prevalentemente di vacanzieri, più arduo da giustificarsi in una città in cui, fortunatamente, c’è chi ancora al mattino seguente si deve presentare al lavoro, nelle ore serali poi, i mezzi pubblico di trasporto non sono brillantissimi né per frequenza né p
er efficienza. Chénier è un racconto di fatti e di sentimenti contestuali alla grande Rivoluzione francese di fine 700, non per questo si è autorizzati a trasformare l’opera in un giudizio morale e storico dei fatti, considerati fortemente negativi, come pare sia l’obbiettivo principale di questa regia. Giancarlo del Monaco, con le scene corrusche e opache di Daniele Bianco e le drammatiche luci di Vladi Spigarolo, ci immerge in un mondo esasperatamente oscuro e violento, popolato da armati che imbracciano kalashnikov e impugnano rivoltelle. Uno sparo è la causa del ferimento di Gerard del secondo atto, un altro il colpo fatale che inopinatamente elimina Bersi. I costumi di Jesus Ruiz vagano dal sovraccarico rococò del primo quadro, al femminile castigato “impero” e al maschile dark leather
dei quadri seguenti. Andrea Battistoni, fin dal suo acuto intervento sul magnifico libretto di sala dello spettacolo, riconosce come la musica di Giordano trovi una sua reale consistenza nel lirismo del canto dei personaggi e da questo si sviluppi ed espanda. Fatale eredità per un musicista che cresciuto nel Conservatorio di San Pietro a Majella, porta la melodia del canto apulo-partenopeo nelle vene, nel cuore e nel cervello. Nella spontanea immediatezza del lirismo dell’Improvviso, del Bel dì di Maggio e di Io non ho amato ancor, come nelle “sceneggiate” di Nemico della patria e di Sì fui soldato, nulla si trova del fermento europeo del dopo Wagner, ma si rafforza l’essenza popolare (popolana) verista che diventa marchio dell’opera italiana degli sgoccioli dell’800. L’ottima Orchestra del Teatro Regio e l’altrettanto ottimo Coro del teatro, retto da Ulisse Tabacchin, partecipano alla festa musicale grazie alla coinvolgente irruenza del maestro Battistoni. Questi, se
nelle dichiarazioni esalta la preminenza del canto, nei fatti spinge la fossa a un protagonismo sinfonico che sfiora il rischio di quasi ammutolire le voci meno robuste e più carenti di armonici incisivi. D’altro canto, per rivincita, alcune parti orchestrali godono di un rilievo straordinario, quasi protagonistico. I magnifici violoncelli del Regio, nel terzo Quadro, eguagliano in patetismo sia il disperato racconto della Madelon, la bravissima Manuela Custer, sia il pianto che trabocca dalla Mamma Morta di Vittoria Yeo, terza Maddalena di questa produzione torinese. La preparazione e la sicurezza vocale sono, senza dubbio, i maggiori pregi del soprano coreano che, come per molte delle voci orientali, non ha nella rotondità del timbro la sua maggiore attrattiva. Forzatamente civettuola nel primo quadro, convince nella drammaticità
dei quadri seguenti. Inappuntabile nella Mamma Morta, vincente nel duetto finale dove i suoi acuti, di donna volitiva, la vincono su uno Chénier a rimorchio. Angelo Villari subisce il duro destino di alternarsi a Gregory Kunde e non sfigurare. Voce di bella comunicativa naturale, si mostra pure assolutamente convincente in scena con doti da attore consumato. Esibisce il bel vigore e la trascinante baldanza del suo registro centrale, si bemolle acuti squillanti se pur con qualche difficoltà di salita e d’approccio. Le quattro “romanze” sono appassionate e di buona tenuta, si meritano quindi l’approvazione del numeroso pubblico della matinée. Il sostegno delle mezzevoci,
non sempre sicurissimo, attenua l’efficacia dei colori e la varietà dell’espressione. Il duetto finale sancisce che, nella vicenda, Maddalena domina nell’affrontare la durezza della vicenda e nell’incisività del canto. Aleksei Isaef, come Gérard, si impone con le indubbie e abbondanti doti naturali. Baritono a tutto tondo, rende di Nemico della Patria e di Son sessant’anni o vecchio, attrattive imprescindibili della recita. Si intuisce di come sia così naturalmente istrionico da conquistarsi le simpatie del pubblico fin nel corso della parata finale. Tra le altre voci, comuni a tutte le recite, si fanno citare per rilevanza: il Roucher di Adriano Gramigni, l’Incredibile di Riccardo Rados e il Mathieu di Vincenzo Nizzardo. Appropriata l’elegante Bersi di Albina Tonkikh e l’esuberante Contessa di Coigny di Federica Giansanti. Il numerosissimo pubblico, prevalentemente femminile, pur moderando, con la consueta eleganza subalpina, l’espressione degli apprezzamenti, ha festeggiato la recita in solido con artefici ed esecutori. Battistoni e Isaev i più applauditi.
Torino, Teatro Regio: “Andrea Chénier” (Cast alternativo)
