Teatro Ponchielli, Monteverdi Festival 2025, Cremona
“ERCOLE AMANTE”
Tragedia di un prologo e cinque atti di Francesco Buti
Musica di Francesco Cavalli
Ercole RENATO DOLCINI
Cinzia/Venere/Bellezza PAOLA VALENTINA MOLINARI
Iole HILARY AESCHLIMAN
Giunone THEODORA RAFTIS
Hyllo JORGE NAVARRO COLORADO
Deianira SHAKED BAR
Nettuno/Ombra di Eurito FEDERICO DOMENICO ERALDO SACCHI
Pasithea CHIARA NICASTRO
Licco DANILO PASTORE
Paggio MAXIMILIANO DANTA
Mercurio MATTEO STRAFFI
Tevere ARRIGO LIVERANI MINZONI
Tre grazie BENEDETTA ZANOTTO, GIORGIA SORICHETTI, ISABELLA DI PIETRO
Orchestra e Coro Monteverdi Festival – Cremona Antiqua
Maestro concertatore e direttore del coro Antonio Greco
Regia Andrea Bernard
Scene Alberto Beltrame
Costumi Elena Beccaro
Light designer Marco Alba
Coreografie Giulia Tornarolli
Nuova produzione Monteverdi Festival, Fondazione Teatro Ponchielli
Cremona, 27 giugno 2025
L’”Ercole amante” di Cavalli non si può definire un’opera del tutto sconosciuta, dato che dal ‘61 in avanti viene periodicamente ripescata, sia in Italia che all’estero. Pur mancando un’effettiva Cavalli renaissance, infatti, l’opus del cremasco negli ultimi decenni si trova in un fioco quanto persistente cono di luce: “La Calisto”, “Xerse”, “L’Elena”, “L’Erismena” e soprattutto “L’Eliogabalo” e proprio “L’Ercole amante”, hanno visto recenti messe in scena e incisioni. Apprezzabile, in ogni caso, la decisione del Monteverdi Festival di Cremona di lasciare uno spazio anche all’altro compositore locale, sebbene i risultati di questa operazione siano alquanto alterni: il Ponchielli registra un pubblico assai scarso; la compagnia di canto è complessivamente apprezzabile, con alcune “vette” e altre “cadute”: tra le prime si assesta senz’altro Theodora Raftis, intensa Giunone, dal bel colore e l’omogenea linea di canto, con un pieno controllo del canto d’ agilità; Shaked Bar e Hilary Aeschlimann (Deianira e Iole) sono due soprani dal colore vocale piuttosto simile, più “tonda” ed elegiaca la prima, la seconda affilata. Federico Domenico Eraldo Sacchi brilla come Ombra di Eurito, grazie alla cura del fraseggio unita a un efficace coinvolgimento scenico. Sacchi è stato anche un apprezzabile Nettuno. Si distingue, anche Maximiliano Danta, giovane controtenore dalla vocalità fresca e naturale, vincitore nel 2024 del Concorso Cesti di Innsbruck. Destano più perplessità invece le
prove dei due protagonisti: Renato Dolcini è un Ercole riuscitissimo sul piano scenico, sul piano vocale, dopo un inizio un po’ incerto, non ben a fuoco nell’emissione, si riprende nel corso dell’opera mostrando una vocalità più solida e ben sostenuta. Anche Paola Valentina Molinari dimostra da subito un bel talento attorale, che si esprime in una prova certamente onerosa – tre ruoli: Cinzia, Venere e Bellezza; il suono, tuttavia, è piccolo, per quanto grazioso, e la buona tecnica non sempre compensano il limite di corpo vocale. Lascia altresì perplessi Danilo Pastore, nel ruolo del fido attendente di Deianira, Licco. Pastore non canta con l’emissione non “impostata” (pratica spesso adottata dai cantanti di musica antica, ma non mi pare questa scelta sia calzante per Cavalli) ed è
fortemente penalizzato da una scellerata scelta registica di trasformare il personaggio da corteggiatore della protagonista a suo amico en travesti dal fare di mezzana. Questo non ci sorprende, giacché la regia di Andrea Bernard sembra voler spegnere qualsiasi afflato di eroismo nei personaggi – ed è paradossale, se pensiamo che il tema del Festival di quest’anno è “Heroes”: tutto è stemperato in un gioco comico spesso forzato o fuori luogo, vista la natura tragica del testo (con un lieto fine, ma indiscutibilmente tragica, a partire dalla sua fonte principale, ossia “Le Trachinie” di Sofocle); questa pesante distorsione trova accoglimento anche nei costumi di Elena Beccaro, un mix di fast fashion e costume sartoriale, mentre le scene di Alberto Beltrame sono di una rassicurante eleganza – una sorta di sala teatrale perlinata dai toni pastello, il cui palco rappresenta altre dimensioni: il divino, l’oltretomba, ma anche i
l metateatrale. Molto apprezzate senz’altro le coreografie di Giulia Tornarolli, per quanto talvolta un po’ peregrine – davvero magnifiche quelle della scena del fantasma. La concertazione di Antonio Greco è stata come al solito di alto livello, molto attento a valorizzare le singole componenti dell’orchestra, in particolare gli ottoni che (inspiegabilmente) durante il prologo sono sistemati in fondo alla platea coi timpani.
L’apporto del coro (istruito dallo stesso Greco) è pure pregevolissimo, sia sul piano musicale che su quello scenico, sebbene la regia abbia deciso per lo più di impegnarlo in una serie di trovate in genere slegate dal contesto, che rischiano di distrarre il pubblico. In conclusione ci sorge una domanda: ciò che abbiamo visto e udito questa sera è effettivamente “L’Ercole Amante” di Cavalli, con tutto il suo portato storico-culturale ineludibile? La risposta ci pare negativa. È una sua rielaborazione attuale? Nemmeno, perché la musica è quella del cremasco. È stato un bello spettacolo? A fasi alterne, sì. Forse un festival importante come il Monteverdi di Cremona dovrebbe impegnarsi nel riscoprire opere, ma anche nel rispettarne la forma originaria, per farle conoscere al pubblico per quello che sono, e riservare sperimentazioni e drammaturgie nuove alla sacra trilogia monteverdiana. Foto Lorenzo Gorini
Cremona, Monteverdi Festival 2025: “Ercole amante”
