Le Cantate di Johann Sebastian Bach: “Ich bin in mir vergnügt” BWV 204

Ich bin in mir vergnügt BWV 204  si suppone sia stata composta tra il 1727 e il 1728, ma   non è chiaro quale potesse essere il suo scopo originario. Il testo, adattato da un libretto di Christian Hunold (1681-1721), è uno dei più soggettivi e introspettivi tra quelli composti da Bach.
Di certo è una partitura poco considerata, forse per la natura personale del testo, o forse per l’apparente mancanza di varietà vocale,  visto che si tratta di composizione per  soprano impegnata in tutti gli otto movimenti. Un’altra ragione potrebbe essere il fatto che, come abbiamo detto,  non ne sappiamo la destinazione. Certamente contiene temi che vengono regolarmente esplorati nelle cantate religiose, come ad esempio l’affermazione che la ricchezza non porta felicità o appagamento spirituale e la soddisfazione che si può trarre dalla pace interiore di accettare la parola di Dio e le sue leggi. Ma queste argomentazioni  non sono incentrate su un giorno particolare o su un tema dell’anno ecclesiastico; né Dio, o la nostra lode e apprezzamento dei suoi benefici, sono il punto focale del testo. Si tratta piuttosto di un’opera che guarda all’interno della psiche umana, esplorando nozioni sul comportamento personale, sugli atteggiamenti e sulla ricerca di conforto spirituale e pace interiore. Le quattro arie, raggiungono un senso di varietà e contrasto attraverso diverse combinazioni strumentali. Le due centrali fanno ricorso rispettivamente a un violino e a un flauto come strumenti obbligati, mentre quelle esterne sono leggermente più ricche, la prima per due oboi e l’ultima per orchestra d’archi e flauto. In questo alternarsi di recitativo-aria ascoltiamo la prima (Nr.2) che inneggia alla calma interiore,  splendidamente accompagnata da due oboi che si intrecciano. La seconda (Nr.4) riprende il tema della ricchezza mondana che implica la povertà spirituale (e viceversa) e qui la bella linea vocale dell’aria è accompagnata da un brillante violino solista. Segue il messaggio dell’appagamento attraverso la comunione con Dio e qui l’aria (Nr.6) fa brillare il flauto. Il recitativo finale continua il tema del denaro come radice del male e si sviluppa in arioso in cui anche gli amici della vita mondana sono giudicati inaffidabili. L’aria finale (Nr,8), che amplifica il messaggio, ossia  che la vera felicità deriva dall’unione con Dio, è uno dei più bei brani musicali del repertorio bachiano. Il compositore l’ha utilizzata nuovamente nella Cantata BWV 216/3 e BWV 216a/3 e forse anche nella perduta Passione di San Marco.