Roma, Museo della Civiltà
LE FIABE SONO VERE…STORIA POPOLARE ITALIANA
A cura di Massimo Osanna, Andrea Viliani
con le équipe multidisciplinari di Direzione generale Musei, MUCIV-Museo delle Civiltà e ICPI-Istituto Centrale per il Patrimonio Immateriale,
la collaborazione di Cristiana Perrella
e il progetto di allestimento di Formafantasma
Progetto organizzato dalla Direzione generale Musei del Ministero della Cultura e sostenuto da fondi PNRR-Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza
Roma, 23 luglio 2025
Entrando nel Palazzo delle Arti e Tradizioni Popolari all’EUR, si ha la sensazione di varcare la soglia di un tempo che non è mai passato davvero, ma che respira ancora tra le fibre della stoffa, nel legno scolpito, tra i suoni degli strumenti antichi e le forme degli ex voto. La mostra Le fiabe sono vere… Storia popolare italiana, in corso al Museo delle Civiltà, non è solo un’esposizione di oggetti: è un viaggio nel corpo vivo della memoria collettiva, una lunga passeggiata tra simboli, parole non dette, gesti ripetuti nei secoli. È come aprire il baule dei nonni e trovarci dentro non solo utensili e fotografie, ma anche racconti, usanze, timori, desideri che ancora ci appartengono.
Curata con sguardo ampio e sensibile da Massimo Osanna e Andrea Viliani, questa mostra è frutto di un lavoro corale che coinvolge numerosi enti e istituzioni – tra cui il MUCIV, l’ICPI e la Direzione generale Musei – con il sostegno dei fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Ma al di là della sua struttura complessa, si avverte un intento semplice e potente: restituire dignità e voce a ciò che per lungo tempo è stato relegato ai margini della cultura ufficiale. Tradizioni, saperi contadini, racconti tramandati oralmente, oggetti umili, pratiche dimenticate. Eppure tutte queste cose parlano, se si ha il cuore e l’attenzione per ascoltarle. I materiali esposti – più di cinquecento – arrivano da ogni angolo d’Italia: maschere che ricordano i carnevali dell’Appennino, abiti cerimoniali cuciti con pazienza e maestria, strumenti musicali che ancora sanno evocare suoni antichi, giocattoli lignei, ex voto in cera, utensili domestici, fotografie ingiallite, video e filmati d’epoca. La selezione è stata fatta non per impressionare, ma per raccontare. Ogni oggetto è stato scelto per la sua capacità evocativa, per la storia che porta con sé, per ciò che può ancora dire a chi lo osserva.
La struttura della mostra segue un andamento che assomiglia a quello di una fiaba: si parte da una piazza, luogo d’incontro e di scambio, per poi addentrarsi nella foresta – simbolo di mistero e di prova – e approdare infine al paesaggio marino, luogo dell’ignoto e del desiderio. Lungo il percorso si attraversano l’infanzia, il lavoro e la festa, il mondo magico, la migrazione, l’intreccio, il filo della vita. Ogni sezione è costruita con cura, come se fosse una stanza della memoria in cui ci si può fermare a ripensare, a sentire, a riconoscere. Una fiaba originale, scritta per l’occasione da Elena Zagaglia, accompagna i visitatori attraverso il viaggio. È la storia di Elio, un ragazzo che parte, incontra l’altro, scopre mondi nuovi e alla fine torna cambiato. Una trama semplice, ma ricca di simboli, proprio come le fiabe della tradizione. La narrazione è disponibile in diversi formati, accessibile a tutti, perché l’idea che guida il progetto è chiara: la cultura deve essere di tutti, senza esclusioni. Proprio l’accessibilità è uno dei punti di forza più profondi della mostra. Non si tratta di un’attenzione formale, ma di una scelta politica e poetica: ogni persona, indipendentemente dalle sue condizioni fisiche, sensoriali o cognitive, deve poter attraversare questo percorso e trovare un senso, un legame, una memoria. Sono stati realizzati percorsi tattili, materiali semplificati, traduzioni in Lingua dei Segni Italiana e Americana, versioni audio, supporti visivi e simbolici.
Il lavoro è stato portato avanti con la collaborazione di associazioni come AIPD, ANFFAS, ENS, FAND, FISH, UICI e molte altre. Una comunità che si è riunita non per adattare un percorso già pensato, ma per costruirlo insieme, passo dopo passo. L’allestimento, curato da Formafantasma con la co-progettazione dell’architetta Maria Rosaria lo Muzio, è discreto e poetico. Non invade, non costringe. Lascia spazio agli oggetti, ma anche al silenzio, alla riflessione, all’incontro. Si muove tra materiali naturali, luci morbide, superfici tattili. È come camminare in una casa abitata, dove ogni cosa ha un posto e ogni dettaglio racconta una storia. Accanto agli oggetti italiani, alcuni pezzi provengono da contesti extraeuropei, come la Papua Nuova Guinea. Una scelta che ricorda a tutti che le culture non sono mai chiuse, ma sempre in dialogo. Che la tradizione non è un recinto, ma un campo aperto dove si incrociano cammini, linguaggi, speranze. In questo senso, la mostra è anche un invito a ripensare l’identità: non come qualcosa da difendere, ma come qualcosa da condividere.
Le fiabe sono vere… non è un’operazione nostalgica. Non c’è qui il desiderio di tornare a un passato idealizzato, ma piuttosto la volontà di comprendere da dove veniamo per immaginare dove possiamo andare. Le fiabe, come i miti, non servono solo a consolare, ma anche a mettere in discussione. Sono strumenti per leggere il mondo, per affrontare la paura, per attraversare il cambiamento. Camminando tra le sale, si ha l’impressione di non essere soli. Come se ogni oggetto avesse un’eco, un sussurro, un ricordo che ci riguarda. Come se da ogni maschera, da ogni abito, da ogni fotografia venisse fuori una voce che ci dice: anche tu sei parte di questa storia. Anche tu vieni da un racconto, da un intreccio di gesti, parole, sogni. E forse è proprio questa la verità più profonda della mostra: ricordarci che non siamo mai davvero separati, ma legati da fili invisibili che ci attraversano, ci uniscono, ci raccontano. Perché sì, le fiabe sono vere. Lo sono nella misura in cui parlano ancora di noi, dei nostri desideri, delle nostre paure, delle nostre speranze. E in fondo, come accade nelle fiabe più belle, basta ascoltarle con il cuore aperto per ritrovare la strada. Anche quando sembra smarrita. Photocredit MIC
Roma, Museo della Civiltà: “Le Fiabe sono vere…Storia Popolare Italiana”