Roma, Palazzo Altemps: ” L’Altana di Palazzo Altemps “

Roma, Museo Nazionale Romano
Palazzo Altemps
L’altana di Palazzo Altemps: emblema araldico, architettura simbolica, restauro d’eccellenza
Roma, 02 luglio 2025
Tra le emergenze architettoniche meno note ma più dense di significato del Rinascimento romano, l’altana di Palazzo Altemps si distingue come un episodio raro e raffinato di architettura elevata al rango di segno identitario. Edificata tra la fine del Cinquecento e l’inizio del Seicento, essa rappresenta non soltanto un’apertura fisica verso la città, ma un vero e proprio balcone del potere, pensato per essere visto e per vedere, in una scenografia urbana carica di valenze simboliche. L’altana si erge al sommo del palazzo che, acquisito nel 1568 dal cardinale Marco Sittico Altemps, fu trasformato in una sontuosa residenza gentilizia destinata all’ostentazione colta del collezionismo antiquario. In tale contesto, l’altana — progettata da Martino Longhi il Vecchio e portata a termine dal figlio Onorio Longhi — assurge a elemento culminante di una grammatica architettonica che intreccia araldica, teologia del potere e spettacolarità urbana. Elemento distintivo della torre-belvedere è la scultura sommitale del caprone rampante, emblema parlante della famiglia Altemps, che campeggia in posizione dominante, affermando visivamente un’identità nobiliare e spirituale che si proietta nel paesaggio della città. La funzione dell’altana non era in alcun modo utilitaria: essa rappresentava un dispositivo visivo e ideologico, una struttura concepita per affermare la presenza del casato in modo verticale, nobilmente superfluo, in dialogo con le altre emergenze simboliche del potere ecclesiastico e principesco romano. Nel quadro del grande progetto “URBS – dalla città alla campagna romana”, è stato recentemente completato un importante intervento di restauro e valorizzazione dell’Altana, finalizzato non solo alla conservazione dell’apparato decorativo, ma alla restituzione della leggibilità architettonica e simbolica dello spazio. L’intervento ha riguardato tanto le superfici interne quanto quelle esterne, includendo dipinti murali, stucchi, intonaci e opere lapidee, con l’obiettivo di riportare alla luce l’aspetto originario della struttura. Il restauro della superficie interna dell’altana ha permesso di riscoprire un sorprendente cielo dipinto d’azzurro, popolato da uccelli in volo, secondo la concezione naturalistica e illusionistica dell’epoca tardo-manierista. Questo dispositivo pittorico, fortemente evocativo, stabilisce un dialogo sottile tra interno ed esterno, tra l’artificio della pittura e la verità del cielo romano, in linea con le poetiche dell’apertura e della dissoluzione spaziale tipiche della cultura visuale cinquecentesca. Il progetto ha preso le mosse da un primo consolidamento eseguito negli anni Ottanta, subito dopo l’acquisizione del palazzo da parte della Soprintendenza, ma ha affrontato oggi una fase nuova e più profonda, dettata dalla necessità di intervenire su superfici fortemente degradate, caratterizzate da estesi fenomeni di lacunosità e da un effetto ruderizzato che comprometteva la leggibilità formale dell’insieme. Per questo motivo si è scelto di non limitarsi alla mera conservazione, ma di procedere a una restituzione calibrata delle principali linee architettoniche, senza tuttavia indulgere a reintegrazioni mimetiche delle decorazioni plastiche più complesse. La metodologia adottata ha previsto il consolidamento dello stucco originale, restituendogli adesione al supporto e coesione materica. Dopo una meticolosa micro-stuccatura, si è proceduto alla ricostruzione delle cornici lineari tramite arricci multipli e finiture a base di calce e polvere di travertino, modellati con appositi modini su supporti in vetroresina. Particolare attenzione è stata dedicata anche al restauro pittorico, estremamente compromesso, condotto secondo criteri di selettiva reintegrazione cromatica. Le operazioni si sono estese anche alle superfici esterne dell’altana, esposte a nord e ovest, dove si è intervenuti su stucchi e intonaci con tecniche tradizionali compatibili, e alla balaustra in travertino, oggetto anch’essa di interventi conservativi mirati. L’obiettivo finale — pienamente conseguito — è stato quello di restituire l’altana alla sua integrità percettiva, restituendo allo sguardo del visitatore l’originaria tensione tra verticalità e trasparenza, tra massa architettonica e leggerezza celeste. In tal senso, l’altana recupera non solo il suo ruolo decorativo, ma la sua funzione narrativa, quale camera visiva incastonata nella fabbrica del palazzo, capace di suggerire, ancora oggi, un’idea di “veduta” non tanto panoramica quanto mentale e simbolica. Questo intervento si configura non soltanto come un’operazione di restauro, ma come un esercizio di fedeltà critica al senso originario del monumento: un modo per ascoltare la voce della storia senza tradirne la materia, per restituire continuità a ciò che il tempo aveva sospeso. L’altana di Palazzo Altemps — la più antica sopravvissuta a Roma, elegante nel suo slancio e discreta nella sua presenza — riacquista così la funzione di punto liminare, sospeso tra la gravità della pietra e la leggerezza del cielo, tra la Roma tangibile dei palazzi e quella immaginata nelle vedute e nei racconti. Il progetto, reso possibile grazie a un investimento straordinario previsto dal Piano Nazionale Complementare al PNRR, si deve alla visione dell’ex direttore Stéphane Verger, il cui impulso scientifico ha saputo coniugare rigore conservativo e ambizione culturale. Il risultato non è soltanto la restituzione materiale di un elemento architettonico, ma il riposizionamento simbolico di un luogo che torna a parlare: non come testimonianza muta, ma come parte viva del racconto urbano, capace di collegare la verticalità del cielo con le profondità storiche della città.