102° Arena di Verona Opera Festival 2025: “Carmina Burana”

102° Arena di Verona Opera Festival 2025
Orchestra e Coro della Fondazione Arena di Verona
Voci bianche A.LI.VE. e A.d’A.Mus.
Direttore Andrea Battistoni
Maestro del Coro Roberto Gabbiani
Voci bianche dirette da Paolo Facincani, Elisabetta Zucca
Soprano Erin Morley
Controtenore Raffaele Pe
Baritono Youngjun Park
Carl Orff: “Carmina burana” Cantiones profanae cantoribus et choris, comitantibus instrumentis atque imaginibus magicis.
Verona, 15 agosto 2025
La grande cantata scenica che dispiega un numero colossale di esecutori tra solisti, coro, coro di voci bianche e orchestra è tornata all’Arena per la quinta volta; nonostante la popolarità di cui gode è apparsa infatti nell’anfiteatro veronese solo undici anni fa. Orff la compose tra il 1935 e il 1936 con il titolo Carmina Burana: Cantiones profanae cantoribus et choris, comitantibus instrumentis atque imaginibus magicis”, strutturandola su 24 componimenti poetici scelti tra la raccolta medioevale rinvenuta nel 1803 presso il monastero di Benediktbeuern, in Alta Baviera, dove era conservato il Codex Buranus. Si tratta di componimenti scritti dai goliardi e dai clerici vagantes, studenti che nel Basso Medioevo si spostavano per l’Europa. Il musicista si appassionò subito, affascinato dalla varietà degli argomenti trattati scegliendo poesie prevalentemente in latino ma anche in provenzale e alto tedesco: dovette lavorare in un ambito culturale ostile poiché il repertorio medioevale era pressoché sconosciuto tanto nella Germania nazista quanto nella comunità musicale. Il  regime era attentissimo ad ogni nuova forma introdotta nei repertori concertistici, timoroso di vedere indebolita la potenza del Reich che utilizzava anche la musica come strumento di propaganda. I Carmina Burana attraevano Orff ma irritavano non poco il regime di Hitler per il contenuto erotico ed allusivo, licenzioso ed anticlericale di alcuni canti i quali richiedono un organico massiccio per esaltarne i colori, le melodie, le caratteristiche ritmiche e le sonorità strumentali tese a creare suggestioni sonore diversificate. Lo spettacolo, serata unica al 102° Festival, si è avvalso di un nuovo disegno luci, diversificate per ogni sezione musicale della cantata, ed ha visto la conferma sul podio del veronese Andrea Battistoni, direttore principale della Tokyo Philharmonic e direttore musicale del Teatro Regio di Torino, che torna al capolavoro di Orff dopo le edizioni del 2014 e del 2022. Battistoni si impone con autorevolezza dominando la complessa partitura anche nei frequenti passaggi ritmici asimmetrici e con bella varietà di colori e dinamiche, donando una direzione energica e pregnante: lodevole la prestazione dell’orchestra con le percussioni sugli scudi e perfettamente compatta in ogni sezione. Non da meno il coro, preparato da Roberto Gabbiani, che ha saputo caratterizzare i diversi interventi  mettendo in particolare evidenza le voci femminili. Il trio dei solisti, chiamati ad un impegno non indifferente con interventi vocali particolarmente insidiosi, annoverava il soprano statunitense Erin Morley (prossima Gilda in Rigoletto) che ha risolto l’abbandono alla sensualità carnale con adeguata dolcezza di emissione, timbro luminoso e sicura tenuta di suono. Di particolare difficoltà la voce intermedia del trio vocale, per la quale occorre un tenore falsettista o un controtenore a voce piena: la tessitura è particolarmente acuta ma ha trovato in Raffaele Pe (già debuttante in questo ruolo nel 2014), un interprete dotato di vocalità morbida e mai invasiva, capace di proporre con elegante e garbata ironia l’ultimo canto del cigno in Olim lacus colueram. Il baritono Youngjun Park, ormai presenza stabile a Verona, è qui chiamato ad un compito significativo quale cantore della vita nelle sue ricche sfumature che vanno dal risveglio lieto della primavera al richiamo del piacere sregolato dato dal gioco, il cibo ed il buon vino fino alla celebrazione dell’amore sensuale. Di vocalità sicura, perentoria ma con la possibilità di sfumature sonore morbide e delicate alle quali si aggiunge una straordinaria intensità di declamazione ed una linea di canto garbata, ha tuttavia scelto una linea interpretativa poco caleidoscopica smorzando la caratterizzazione vivace imposta dall’impostazione creativa di Orff. Da sottolineare, ancora una volta, l’eccellente apporto dei cori di voci bianche A.LI.VE. e A.Da.Mus. diretti rispettivamente da Paolo Facincani e Elisabetta Zucca, puntuali ed impeccabili nei loro interventi. Pubblico abbastanza numeroso ma lontano dal tutto esaurito, con applausi fuori tempo (che comunque non hanno disturbato l’esecuzione) fino all’ovazione finale con la concessione del bis, il celebre O fortuna che apre e chiude i Carmina Burana, a suggello di una serata musicalmente trionfale. Foto Ennevi per Fondazione Arena