Roma. Dentro lo smartphone, a piedi e quasi gratis
Autore: Fabrizio Politi
Editore: Fabbri Editori (gruppo Mondadori)
Collana: Guide
Anno di pubblicazione: 22 marzo 2022
ISBN: 978-88-9158-651-3
Formato: Brossura, 224 pagine (illustrato)
Prezzo di copertina: 16,00 € (cartaceo); disponibile anche in eBook a 9,99 €
Genere: Guida turistica / Narrativa di viaggio urbana
Lingua: Italiano
Ogni città è un testo, e come tutti i testi può essere letto in modi diversi. Roma, poi, è un ipertesto millenario, una stratificazione che non smette di rimandare a se stessa. È la capitale dell’Impero e della cristianità, la città dei Cesari e dei papi, ma anche dei tram che arrancano, delle periferie cresciute come funghi, dei murales che spuntano dietro una serranda. Fabrizio Politi, nel suo Roma. Dentro lo smartphone, a piedi e quasi gratis, propone un metodo di lettura che non appartiene né ai Baedeker ottocenteschi né alle guide ministeriali: un metodo contemporaneo, filtrato attraverso l’oggetto che ha sostituito la bussola e la mappa, ossia lo smartphone.
Il titolo è dichiarazione semiotica: la città esiste come spazio fisico, ma viene ricodificata in immagine digitale, in narrazione istantanea, in traccia luminosa sullo schermo. L’approccio di Politi è quello dell’ “homo viator” digitale: camminare, osservare, condividere. Non a caso, l’autore è un influencer che ha costruito la propria reputazione raccontando Roma sui social. Questo dato non implica superficialità; al contrario, l’esperienza digitale fornisce la struttura di un racconto che procede per lampi e digressioni. Roma diventa un flusso di micro-narrazioni, come un feed da scrollare. Il pregio del libro è assumere questa condizione e trasformarla in metodo. Politi ci conduce tra luoghi noti e meno noti senza ridurli a schede didascaliche. Ogni tappa è un micro-racconto, un dettaglio colto al volo. È, per dirla con termini semiotici, un’“enciclopedia aperta”: la città non è un dizionario che chiude i significati, ma un insieme mobile di interpretazioni. La fontana nascosta in un cortile non è meno significativa del Colosseo; anzi, per il flâneur digitale è più preziosa perché laterale. La storia è sempre presente, ma evocata con leggerezza. Roma non è spiegata come un manuale, ma raccontata come un interlocutore che dialoga col passante.
Politi evita il peso delle cronologie e privilegia il nesso tra passato e presente: il mosaico accanto al bar che serve caffè a un euro, la cupola barocca riflessa nel finestrino di un motorino. Questa giustapposizione restituisce la natura non lineare della città. A chi obiettasse che una guida debba fornire dati certi, Politi risponde implicitamente che ciò che conta non è la verità documentaria, ma l’esperienza. La città non è soltanto patrimonio, è soprattutto ricezione: il modo in cui i suoi abitanti e visitatori la interpretano. Roma come “opera aperta”, direi. Lo smartphone non è un semplice richiamo alla modernità, ma un dispositivo epistemologico. La Roma di Politi è mediata da filtri, stories, geolocalizzazioni. Non è un degrado dell’esperienza, ma un suo raddoppio. L’occhio non basta; serve l’occhio della fotocamera, che archivia e diffonde. Il libro diventa così documento antropologico: mostra come le nuove generazioni non solo visitino, ma producano la città attraverso gesti digitali. Chi cerca un manuale accademico potrebbe restare spiazzato. Non ci sono lunghe spiegazioni né mappe dettagliate. Ma ridurlo a difetto sarebbe ingiusto: Roma. Dentro lo smartphone, a piedi e quasi gratis non intende sostituire i volumi di storia dell’arte; vuole piuttosto offrire un invito a praticare la città. È, se vogliamo, un atto democratico: Roma non come possesso degli esperti, ma come spazio comune che chiunque può vivere e reinventare. Il pregio maggiore sta nel rimettere in circolo l’immaginario urbano. Politi non santifica né condanna Roma; la racconta con affetto e ironia, con l’occhio disincantato di chi la abita. Il suo libro somiglia più a un diario che a una guida: un diario collettivo, perché ciascun lettore è chiamato a proseguire l’itinerario con i propri passi.
Roma, ci ricorda l’autore, non è città da esaurire, ma da attraversare continuamente. Camminarla “a piedi e quasi gratis” significa accettare la sua natura di palinsesto, la sua vocazione a trasformarsi a ogni sguardo. Alla fine, il libro funziona come istruzione di lettura. Roma non si capisce, si interpreta; non si possiede, si attraversa. Lo smartphone è il medium del nostro tempo, e usarlo per guardare Roma non è sacrilegio, ma adattamento. Anche i pellegrini medievali avevano le loro guide e i loro oggetti apotropaici: noi abbiamo mappe digitali e post da condividere. La differenza è di codice, non di sostanza. Così, Roma. Dentro lo smartphone, a piedi e quasi gratis non è solo guida alternativa: è un piccolo trattato di semiotica urbana travestito da manuale popolare. Leggendolo, ci si accorge che la vera merce rara non è il monumento nascosto, ma lo sguardo capace di riconoscerlo. Roma, come ogni testo complesso, non chiede di essere consumata, ma decifrata. L’autore ci consegna non la chiave definitiva — perché Roma non ha chiavi che chiudano il discorso — ma un invito all’interpretazione infinita.
Fabrizio Politi: “Roma. Dentro lo smartphone, a piedi e quasi gratis”