Firenze, Teatro del Maggio Musicale Fiorentino: “Les pêcheurs de perles”

Firenze, Teatro del Maggio Musicale Fiorentino – Stagione d’Opera 2025
LES PÊCHEURS DE PERLES”
Opera in tre atti – Libretto di Michel Carré ed Eugène Cormon
Musica di Georges Bizet
Léila HASMIK TOROSYAN
Nadir JAVIER CAMARENA
Zurga LUCAS MEACHEM
Nourabad HUIGANG LIU
Orchestra e Coro del Maggio Musicale Fiorentino
Direttore Jérémie Rhorer
Maestro del Coro Lorenzo Fratini
Regia Wim Wenders (ripresa da Derek Gimpel)
Scene David Regehr
Costumi Montserrat Casanova
Luci Olaf Freese (riprese da Oscar Frosio)
Drammaturgia Detlef Giese
Firenze, 23 settembre 2025
Terminata la calura estiva, il Teatro del Maggio ha rialzato il sipario della Sala Grande con un titolo affascinante, “Les pêcheurs de perles” di Georges Bizet, tornato in cartellone a Firenze dopo nove anni, stavolta proposto nell’allestimento nato per la Staatsoper Unter den Linden di Berlino. Martedì 23 è andata in scena l’ultima delle tre recite, considerando l’annullamento di quella in programma venerdì scorso a causa dello sciopero nazionale indetto dalla CGIL per Gaza.
Bizet, giovane esordiente, fresco vincitore del Prix de Rome, compose l’opera nel 1863 per il Théâtre Lyrique di Parigi, musicando un libretto convenzionale ma “alla moda” secondo i gusti dell’epoca in quanto di ambientazione orientale. La trama, un classico triangolo amoroso, ruota attorno all’amicizia tra Nadir, pescatore di perle, e Zurga, capo dei pescatori, che si ritrovano a dover affrontare la loro passata – ma ancora attuale – infatuazione per una misteriosa sacerdotessa di nome Léila. Scoperto l’amore corrisposto fra Nadir e Léila, Zurga, geloso, condanna entrambi a morte, salvo poi, in seguito a un’inaspettata agnizione, pentirsi e salvarli.
Partendo dalla scelta di una scenografia essenziale a fondale nero e da costumi semplici ma appropriati, sono state le proiezioni di onde marine, nuvole e ombre di palme al chiaro di luna a evocare davanti al proscenio l’atmosfera esotica dello Sri Lanka (attuale nome dell’isola di Ceylon), così come le didascalie in stile cinematografico e alcuni frammenti video hanno contribuito a rendere più chiari gli eventi dei flashback narrativi. La suggestiva e visionaria regia del tedesco Wim Wenders ripresa da Derek Gimpel ha voluto così porre in risalto ogni movimento ed espressione dei personaggi, su cui ricadeva la responsabilità di animare la scena e di far avanzare lo svolgersi del dramma. Wenders, che ha recentemente ricevuto il Leone d’Oro alla carriera e la cui regia di un’opera è in scena in Italia per la prima volta, ha giustificato la sua scelta sostenendo che un’abbondanza di elementi visivi avrebbe distratto il pubblico da un ascolto attento dell’opera. La regia risulta nel complesso convincente ed è apprezzabile rispetto alle frequenti rivisitazioni fin troppo libere delle opere di repertorio.
Jérémie Rhorer ha diretto consapevolmente l’Orchestra del Maggio, curando i vari dettagli della partitura fra cui il risalto di colori timbrici e dinamiche espressive, relativi ad armonie a quell’epoca considerate bizzarre e inconsuete. Fra i momenti più significativi si evidenziano i toccanti soli dell’arpa e del flauto e le parti ritmiche valorizzate dalle percussioni. L’aver approfondito in passato lo stile di Bizet attraverso la concertazione del repertorio sinfonico lo ha indotto così a ricreare un suono orchestrale emotivamente vivo dotato di senso proprio e allo stesso tempo adatto a ispirare il canto dei solisti e a supportare gli interventi precisi ed efficaci del Coro di pescatori, fachiri e sacerdoti preparato da Lorenzo Fratini con la consueta competenza. Di grande effetto sono stati “Sur la grève en feu”, “L’ombre descend des cieux” e l’invocazione “O Dieu Brahma” ripresa da un Te Deum composto anni prima a Villa Medici. Era in scena anche un gruppo di bambini a interpretare la prole del villaggio.
Il tenore Javier Camarena (Nadir) ha fornito un’ennesima grande prova di talento e sensibilità, risolvendo con sapiente destrezza un ruolo impegnativo e suggellando la sua serata con una straordinaria interpretazione della famosa romanza “Je crois entendre encore”, cantata a mezza voce e impreziosita dall’utilizzo efficace di falsetti rinforzati. Si è mostrato convincente e calato nella parte durante l’intera rappresentazione, distinguendosi anche nei duetti con Zurga e Léila. Di notevole resa è stato soprattutto il celeberrimo duetto nostalgico del primo atto “Au fond du temple saint” che, in linea con l’edizione critica e non con le esecuzioni di tradizione, è confluito nella parte finale “Amitié sainte” anziché concludersi con la ripresa del tema principale. Fin dal duetto iniziale il baritono Lucas Meachem, ha impersonato Zurga gestendo consapevole una grande voce squillante dal timbro scuro e con acuti impetuosi, a cui ha aggiunto spiccate abilità attoriali, arrivando emotivamente al pubblico, in particolare nell’aria del terzo atto “O Nadir, tendre ami de mon jeune âge”. Il soprano Hasmik Torosyan, applaudita di recente in uno splendido Concerto di Belcanto al ROF, ha messo in luce tutte le sue qualità vocali e musicali, rivelando la sua natura di artista completa dotata di bel timbro lirico, buon vibrato e sentita interpretazione. L’apice del suo canto è stata la magnifica esecuzione dell’aria del secondo atto “Me voilà seule dans la nuit… Comme autrefois”. È stata lodevole anche l’interpretazione di Huigang Liu come sacerdote Nourabad, unico ruolo comprimariale dell’opera, per una voce risoluta di basso e una stentorea presenza scenica.
Al termine della recita si è riscontrato un successo generale con applausi a scena aperta in particolare per i tre protagonisti Torosyan, Camarena e Meachem. È uscito da teatro soddisfatto il numeroso pubblico melomane presente, curioso di assistere fra due settimane ai prossimi appuntamenti operistici: la prima esecuzione in tempi moderni de “Il Ciro” di Alessandro Scarlatti al Teatro Goldoni e il “Macbeth” con Luca Salsi per la regia di Mario Martone. Foto Michele Monasta