Napoli, Teatro di San Carlo, Stagione d’opera e danza 2024/25
“TOSCA”
Melodramma in tre atti su libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica, dal dramma “La Tosca” di Victorien Sardou
Musica di Giacomo Puccini
Floria Tosca CARMEN GIANNATTASIO
Mario Cavaradossi VITTORIO GRIGOLO
Il barone Scarpia CLAUDIO SGURA
Cesare Angelotti LORENZO MAZZUCCHELLI
Il Sagrestano PIETRO DI BIANCO
Spoletta FRANCESCO DOMENICO DOTO
Sciarrone GIUSEPPE TODISCO
Un carceriere GIUSEPPE SCARICO
Un pastore JAYASURIYA KURANAGE DAHAMI CHETHANA PERERA, WEERASINGHA SANUTHI VETHARA, ALDO GAETA
Orchestra, Coro e del Coro di Voci Bianche del Teatro di San Carlo
Direttore Dan Ettinger
Maestro del Coro Fabrizio Cassi
Maestro del Coro di Voci Bianche Stefania Rinaldi
Regia Edoardo De Angelis ripresa da Paolo Vettori
Scene Mimmo Paladino
Costumi Massimo Cantini Parrini ripresi da Concetta Iannelli
Luci Cesare Accetta
Video Alessandro Papa
Produzione del Teatro di San Carlo
Napoli, 14 settembre 2025
«Tosca è storia di donne e di uomini ma parla di Dio», scrive Edoardo De Angelis nelle sue Note di regia, inserite nel programma di sala del Teatro San Carlo. Attraverso quest’appunto registico, si intende – forse – fare riferimento a un certo «protagonismo» nel melodramma pucciniano del «tema religioso» (su cui, peraltro, si è ottimamente espresso Michele Girardi, come ricorda anche Esther Basile nel summenzionato programma). Un sentimento di «popolare» religiosità anima il disegno registico di De Angelis – ripreso
da Paolo Vettori – e, soprattutto, determina il progetto scenografico di questa Tosca napoletana. I personaggi, però, sembrano acquisire una certa «autonomia» dall’ambientazione romana, forse perché l’ottocentesca Roma papalina è totalmente assente. La vicenda, dunque, sembrerebbe collocata in una zona vagamente «periferica», accuratamente illuminata da Cesare Accetta; «una periferia che è il centro della terra» (De Angelis, nelle suddette Note). Una «perifericità» territoriale dettata dalla trasformazione della basilica di Sant’Andrea della Valle in uno spazio diroccato – determinato da un’irregolare struttura a forma di croce, in ferro e cemento. Non mancano, però, elementi scenici un po’ estetizzanti, come un tavolone enormemente imbandito: vassoi e calici dorati, tanta frutta e vari candelieri. È la camera di Scarpia, in Palazzo Farnese – caratterizzata, però, anche da un vago riferimento di carattere pittorico: uno «studiolo», strutturalmente tanto simile – ma con delle differenze – allo studio del San Girolamo di Antonello da Messina. Insomma, il progetto scenografico – a firma dell’artista Mimmo Paladino – reca in sé un’avvenenza altamente suggestiva, soltanto che in esso si avverte una parziale assenza di attinenza col dramma – cosa che sembra non mancare, invece, nell’atto terzo: sulla piattaforma di Castel Sant’Angelo, giace un «angelo caduto» di ispirazione berniniana. Il «cielo sereno, scintillante di stelle» viene restituito attraverso immagini – di Alessandro Papa – proiettate su un
fondale, sopra cui compare anche una criptica sequenza numerica. Il disegno registico prevede una risoluzione «immediata» del dramma, come se a costituirlo fossero fotogrammi destinati a scorrere sul «grande schermo». Avviene, peraltro, anche una generale restituzione delle indicazioni sceniche presenti nel libretto – e, anzi, tale restituzione conosce momenti di un certo «iperrealismo», come quando, dopo aver pugnalato Scarpia, Tosca si avventa sul corpo del barone pugnalandolo ancora – e come quando, tremando nervosamente, pone un crocifisso sul petto dell’ucciso. Particolarmente rilevanti sono gli interessanti costumi di Massimo Cantini Parrini, ripresi da Concetta Iannelli. Alla testa dell’Orchestra del San Carlo, Dan Ettinger. Egli offre una lettura estremamente convincente della scrittura drammaturgico-musicale pucciniana, consentendo al materiale tematico di assumere una funzione strutturalmente decisiva nella definizione drammatica del concitato continuum delle vicende sceniche, nel pregnante delineamento del carattere psicologico dei personaggi e nelle suggestive restituzioni musicali delle ambientazioni. Un continuum musicale folgorante e appassionato, in teatrale ossequio alle pretese drammatiche dell’opera. Nel ruolo di Tosca, Carmen Giannattasio. Il soprano riesce a dominare appropriatamente la
scena, conferendo alla protagonista un comportamento teatrale drammaticamente pregnante – riuscendo, inoltre, anche a commuovere: un sentimento di profonda tenerezza, ravvisabile anche nella vocalità, è l’elemento che emerge maggiormente. È anche una Floria nervosa, che trema di gelosia e di istintivo coraggio, e che riesce a essere totalmente a suo agio nel momento dell’Aria dell’atto secondo – «Vissi d’arte…», ovviamente. Una certa espressività si ravvisa quando la vocalità assume una condotta teatralmente «declamante» – nell’atto secondo, soprattutto –, e quando avviene un impiego drammatico del materiale vocale. Nel ruolo del cavalier Cavaradossi, Vittorio Grigolo. Sono note le superbe qualità vocali del tenore: scintillante colore timbrico, saldezza vocale in acuti svettanti, la parola sempre così drammaticamente pregna di senso teatrale. Soltanto che il tenore tende a offrire un ritratto profondamente possente del pittore, determinato anche da un certo manierismo vocale e, soprattutto, gestuale. Il personaggio non viene ritratto parzialmente, ma una certa «virilità» tende a prevalere sul sentimento artistico. Ma Mario, ancora prima di essere un «sostenitore» della caduta Repubblica Romana, è un uomo profondamente innamorato e, soprattutto, un artista. Detto questo, resta un’interpretazione certamente valida e – cosa fondamentale – non generica. Il tenore trionfa in «E lucean le stelle…» (atto terzo), e gli spettatori gli tributano un applauso festoso. A interpretare
Scarpia è, invece, Claudio Sgura. Il baritono garantisce al barone un comportamento teatrale assolutamente appropriato: un gentiluomo vizioso, pervaso da una smaniosa «passione erotica»: essa traspare in un «sorriso sardonico» o in un’entusiastica «espressione di ferocia»: indicazioni del libretto tutte perfettamente ravvisabili, restituite attraverso notevoli abilità attoriali – che riescono a trovare perfetta corrispondenza in un comportamento vocale altrettanto appropriato, anche correttamente «declamante», e determinato da un seducente colore timbrico. Completano ottimamente il cast: Lorenzo Mazzucchelli, che offre una corretta interpretazione, vocale e attoriale, di Cesare Angelotti, «console della spenta repubblica romana»; Pietro Di Bianco, ottimo nel ritrarre efficacemente un Sagrestano simpaticamente brontolone; Francesco Domenico Doto (Spoletta), Giuseppe Todisco (Sciarrone), Giuseppe Scarico (Un Carceriere), Jayasuriya Kuranage Dahami Chethana Perera, Weerasingha Sanuthi Vethara, Aldo Gaeta (Un Pastore). Parimenti ottimi: gli interventi del Coro del Teatro San Carlo, notevolmente preparato da Fabrizio Cassi, e gli interventi corali delle Voci Bianche – accuratamente preparate, invece, da Stefania Rinaldi (tanto bella, peraltro, la voce incaricata di eseguire lo Stornello «Io de’ sospiri», all’inizio dell’atto terzo). Un pubblico numerosissimo ha accolto, con estremo entusiasmo, questo interessante allestimento del melodramma pucciniano. Foto Luciano Romano
Napoli, Teatro di San Carlo: “Tosca”