Roma, Casa Museo Boncompagni Ludovisi: “Antonella Cappuccio ‧ Theatrum Mundi”

Roma, Casa Museo Boncompagni Ludovisi
Antonella Cappuccio ‧ Theatrum Mundi
curata da Maria Giuseppina Di Monte(direttrice della Casa Museo Boncompagni Ludovisi) e Tiziano M. Todi
con la collaborazione di Martina Casadio
Roma, 26 settembre 2025
La Casa Museo Boncompagni Ludovisi, dedicata alle arti decorative, al costume e alla moda tra XIX e XX secolo, ospita fino al 30 novembre 2025 la mostra Theatrum Mundi di Antonella Cappuccio, a cura di Maria Giuseppina Di Monte e Tiziano M. Todi, con la collaborazione di Martina Casadio. Il progetto si articola in sedici grandi tele dedicate ai costumi della Sartoria Farani, realtà storica del teatro e del cinema italiano. Cappuccio, artista con una lunga esperienza nel campo delle arti visive e sceniche, non si limita a riprodurre i costumi, ma li reinterpreta pittoricamente, isolandoli dal contesto performativo. L’abito viene restituito come soggetto autonomo, trasformato in immagine, in superficie capace di evocare un corpo assente. Il risultato è una serie di opere in cui l’abito non appare come oggetto inerte, ma come traccia di una presenza già trascorsa o in attesa di compiersi. L’allestimento trova una collocazione naturale negli spazi della Casa Museo. Gli ambienti liberty, caratterizzati da decorazioni e arredi di inizio Novecento, stabiliscono un dialogo silenzioso con le tele. Le stoffe dipinte, illuminate da fondi neutri o scuri, si integrano con la tradizione del museo, senza però sovrapporsi. La scelta di limitarsi a sedici opere consente al visitatore una lettura concentrata, senza dispersioni. Ogni tela si presenta come un fermo immagine: un manto imponente, una silhouette essenziale, un tessuto cangiante che sembra reagire alla luce. La pittura di Cappuccio si concentra sui dettagli costruttivi del costume. Cuciture, passamanerie, lacci e pieghe diventano elementi centrali della composizione. La pennellata alterna zone dense, dove il colore restituisce la matericità della stoffa, a passaggi più leggeri, che suggeriscono trasparenze. La resa pittorica non intende descrivere in maniera fotografica, ma piuttosto restituire la qualità visiva e tattile dei materiali. In questo modo la tela diventa il luogo in cui la tridimensionalità dell’abito viene tradotta nella bidimensionalità dell’immagine, mantenendo intatta la sua forza evocativa. Il titolo della mostra richiama la tradizione del theatrum mundi, l’idea del mondo come palcoscenico in cui ognuno recita un ruolo. Qui il costume assume la funzione di rappresentare l’identità: in assenza del volto e del corpo, è il tessuto a definire il personaggio. L’abito diventa così un linguaggio, un codice capace di comunicare attraverso la forma e la materia. Ogni tela suggerisce uno spazio scenico implicito, che resta fuori campo ma che è percepibile attraverso la disposizione della figura e la costruzione della luce. La presenza della Sartoria Farani, punto di riferimento per il costume italiano, conferisce alla mostra anche una valenza documentaria. La pittura non sostituisce l’abito reale, ma lo fissa in una dimensione diversa, museale e permanente. Si tratta di un omaggio al lavoro delle botteghe artigiane che hanno contribuito a costruire l’immaginario del teatro e del cinema, e che continuano a rappresentare un patrimonio culturale da tutelare. L’inserimento della mostra nelle Giornate Europee del Patrimonio sottolinea l’intento di collocare il costume non come elemento accessorio, ma come parte integrante della storia culturale italiana. Le attività di mediazione organizzate dal museo nei giorni successivi all’apertura hanno contribuito a rendere evidente questa prospettiva, coinvolgendo il pubblico in un percorso che intreccia arti visive, moda e scena. Dal punto di vista critico, Theatrum Mundi si colloca in una zona intermedia tra documentazione e interpretazione. Non è un archivio di costumi, né una celebrazione esclusivamente estetica: è piuttosto un tentativo di trasferire il costume teatrale in un altro linguaggio, quello della pittura, mantenendo intatto il suo carattere evocativo. L’assenza dell’attore, lungi dall’essere un limite, diventa il centro dell’operazione. Le tele di Cappuccio non cercano di ricostruire la scena originaria, ma di conservare la possibilità di una presenza. Il tono complessivo dell’esposizione è misurato e sobrio. Non prevalgono effetti spettacolari, ma una costante attenzione all’equilibrio tra forma e contenuto. La scelta curatoriale appare coerente con la vocazione del museo, che da anni alterna mostre storiche e interventi contemporanei, creando un terreno fertile per riflettere sul rapporto tra tradizione e attualità. Theatrum Mundi si rivolge a un pubblico ampio, interessato non solo al costume e al teatro, ma anche all’arte contemporanea. La pittura di Cappuccio, pur nascendo da un referente specifico, riesce a mantenere un livello di autonomia che consente di apprezzarne il valore anche al di fuori del contesto teatrale. È una mostra che invita a osservare con attenzione ciò che spesso rimane in secondo piano, a riconoscere nel costume non un accessorio, ma un elemento centrale della rappresentazione. In questo senso, il lavoro di Cappuccio contribuisce a restituire dignità al costume come oggetto culturale complesso, capace di unire artigianato, arte visiva e drammaturgia. La sua trasposizione pittorica ne prolunga la vita oltre la scena, collocandolo in uno spazio in cui la memoria e l’immaginazione possono convivere.