Roma, Casino Nobile di Villa Torlonia: “Riapre il Museo della Scuola Romana”

Roma, Casino Nobile di Villa Torlonia
Museo della Scuola Romana – Riapertura del riallestimento
Promosso e curato dalla Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali

In collaborazione con Zètema Progetto Cultura
Con il contributo di BNL BNP Paribas
Progetto scientifico: Federica Pirani, Claudio Crescentini, Antonia Rita Arconti, Annapaola Agati, Elena Scarfò

Allestimento: Stefano Busoni, Andrea Pesce Delfino
Roma, 20 settembre 2025

C’è un tempo in cui Roma smette di essere soltanto capitale della burocrazia e torna a essere capitale delle avanguardie, fucina di linguaggi pittorici che, tra le due guerre, cercano con una testarda eleganza di rimettere ordine nel caos lasciato dalle avanguardie storiche. In questa città che si reinventa continuamente, e che sotto il peso del regime si trasforma in cantiere ideologico, nasce e si sviluppa quella galassia di esperienze che oggi chiamiamo Scuola Romana. È a questa stagione che il Casino Nobile di Villa Torlonia restituisce attenzione, con la riapertura del Museo della Scuola Romana in un allestimento radicalmente ripensato. Non si tratta di una semplice operazione di restyling: il museo diventa laboratorio di senso, luogo in cui il passato si ricostruisce e si rimette in circolo con l’energia del presente. La Sovrintendenza Capitolina, con la collaborazione di Zètema Progetto Cultura, ha guidato questa operazione affidata alla cura scientifica di Federica Pirani, Claudio Crescentini, Antonia Rita Arconti, Annapaola Agati ed Elena Scarfò, mentre l’allestimento porta la firma di Stefano Busoni e Andrea Pesce Delfino. A rendere più ricco il progetto è intervenuta BNL BNP Paribas, che ha prestato sessanta opere del proprio patrimonio, compresa la celebre “Collezione Roma”, quell’insieme di vedute della capitale ideato da Cesare Zavattini e realizzato da una generazione di artisti che di Roma colse tanto le malinconie quanto le contraddizioni. Il nuovo percorso si articola non più secondo un rigido ordine cronologico, ma attraverso sezioni tematiche capaci di restituire la varietà e la complessità del periodo. Da un lato i contesti – la Scuola di via Cavour, gli artisti di Villa Strohl Fern – dall’altro i linguaggi e i movimenti: i volti e i corpi, le ricerche tra le due guerre, le letture della città. Ed è proprio Roma, declinata nei suoi paesaggi, nei cantieri, nelle demolizioni, a diventare protagonista. Una Roma che perde la dimensione mitologica e si mostra ferita, una città senza mito che diventa essa stessa opera, drammaticamente segnata dagli sventramenti e dalle scenografie urbanistiche del regime. Esemplari sono opere come Demolizioni a piazza Navona di Eva Quajotto, il Tempio di Venere e Roma durante le demolizioni per via dell’Impero di Domenico Quattrociocchi o le Demolizioni a via Montanara di Odoardo Ferretti, testimonianze visive di un paesaggio urbano che si fa cronaca di una violenza architettonica e di una modernità imposta dall’alto. In questo contesto si muovono artisti diversissimi, dal “ritorno all’ordine” di Carlo Socrate e Quirino Ruggeri al realismo magico di Antonio Donghi, Francesco Trombadori, Riccardo Francalancia. Si incontra l’espressionismo visionario di Ferruccio Ferrazzi, così distante eppure così vicino all’irriverenza antiaccademica di Mafai, Raphaël e Scipione. Si passa al tonalismo raffinato di Cagli e Cavalli, fino al realismo più crudo e disincantato che prende forma alla vigilia della guerra, con Fausto Pirandello, Alberto Ziveri, Renato Guttuso e il giovane Renzo Vespignani. In parallelo la scultura conosce la forza di Pericle Fazzini, Mirko Basaldella, Leoncillo, mentre l’incisione trova in Luigi Bartolini una voce di straordinaria sensibilità grafica. Sorprende e affascina la presenza femminile. Non soltanto Antonietta Raphaël, già riconosciuta protagonista della Scuola Romana, ma una costellazione di artiste che il tempo aveva ingiustamente relegato nelle pieghe minori della storia dell’arte: Edita Broglio, Leonetta Cecchi Pieraccini, Adriana Pincherle, Katy Castellucci, Pasquarosa, Maria Immacolata Zaffuto, Maria Letizia Giuliani Melis. Voci che si affiancano agli artisti più noti e contribuiscono a comporre una geografia meno patriarcale, restituendo un’immagine di Roma come luogo fertile di incontri e di pluralità. La loro riscoperta è in linea con quanto la Sovrintendenza ha già fatto nelle altre sedi di Villa Torlonia, a testimonianza di un impegno nel riconsiderare il ruolo delle artiste nella cultura novecentesca. Fra i nuclei più preziosi dell’allestimento spicca la “Collezione Roma”, serie di 54 opere di identico formato realizzate tra il 1946 e il 1948. Zavattini, con la sua visionaria capacità di sceneggiatore della realtà, chiamò artisti come Mafai, Guttuso, De Pisis, De Chirico, Savinio, Afro, Pirandello e Vespignani a raccontare la città in piccolo formato. La misura ridotta, quasi un fotogramma cinematografico, obbligava a condensare lo sguardo, a catturare l’essenza più che la veduta. Ne nacque un mosaico di impressioni, una Roma caleidoscopica, raccontata dalle voci più diverse. La collezione, entrata nel 1983 nel patrimonio di BNL BNP Paribas, continua oggi a viaggiare, a prestarsi, a dialogare con il pubblico: un esempio felice di come l’arte possa circolare grazie all’intesa tra pubblico e privato. Il museo non si limita all’esposizione. Potenziati gli apparati didattici, arricchiti con immagini, video dell’Istituto Luce, audio e QR code, con particolare attenzione all’accessibilità. L’idea è che la fruizione diventi esperienza, che il racconto della Scuola Romana non resti confinato all’occhio esperto dello storico dell’arte ma possa aprirsi a un pubblico più vasto. E tuttavia, anche lo sguardo più colto vi troverà pane per i propri denti: basti pensare al ritratto di Amerigo Bartoli a Roberto Longhi, che identificò la Scuola di via Cavour come il primo nucleo artistico di questo movimento, oppure agli Operai dipinti da Maria Immacolata Zaffuto con l’antica tecnica dell’encausto, testimonianza di come tradizione e modernità potessero convivere. Il Museo della Scuola Romana, nato nel 2006 da una virtuosa intesa tra Roma Capitale e studiosi, collezionisti ed eredi di artisti, trova oggi nuova vita. Allora come oggi, il suo senso è quello di salvaguardare un patrimonio che altrimenti rischierebbe di restare confinato nei depositi o nelle collezioni private. Ma non basta conservarlo: occorre rileggerlo, dargli voce, inserirlo in un racconto che parli alla città contemporanea. Roma, che fu luogo di incontro e di collisione, torna a mostrarsi come tale, teatro di energie divergenti ma vitali.