Roma, Villa Bonaparte, Ambasciata di Francia presso la Santa Sede: “Souvenirs alla Villa Bonaparte”

Roma, Villa Bonaparte, Ambasciata di Francia presso la Santa Sede
SOUVENIRS ALLA VILLA BONAPARTE
Organizzazione Ambasciata di Francia presso la Santa Sede
Collaborazioni Roma Barocca in Musica (Presidente Régis Nacfaire de Saint-Paulet)
Sostegno Aline Foriel-Destezet
Programma musicale:
Domenico Cimarosa“Lasciate che passi la bella damina” dai Baroni di Rocca Azzurra (duetto)
Felice Blangini“Il faut partir” (prima esecuzione moderna, legata alla figura di Paolina Borghese e ripresa postuma in altra composizione commemorativa)
Saverio MercadanteMelodia per arpa e ensemble (ricostruzione da fonti lacunose)
Gaetano Donizetti“Una furtiva lagrima” da L’elisir d’amore
Giovanni Pacini“O tenera madre… Alfin pietoso il cielo” da La regina di Cipro
Giovanni PaciniNotturno a due voci (prima esecuzione moderna)
Giovanni PaciniTre Romanze (prima esecuzione moderna)
Giovanni Pacini / TonassiFantasia concertante sull’opera Saffo per flauto, viola e arpa (prima esecuzione moderna)
Domenico Cimarosa“Io vi lascio perché uniti” dal Matrimonio segreto (duetto conclusivo)
Esecutori:
Romina Casucci, soprano
Francesco Malafronte, tenore
Carlo Martiniello, pianoforte
Trio Chagall
Catello Coppola
, flauto
Adriana Cioffi, arpa
Simone de Pasquale, viola
Roma, 25 settembre 2025
Le soirées musicales promosse dall’Ambasciata di Francia presso la Santa Sede alla Villa Bonaparte hanno assunto negli ultimi anni il carattere di una consuetudine preziosa, capace di unire la dimensione diplomatica al rigore della ricerca musicale. Grazie all’impulso dell’Ambasciatrice Florence Mangin, questi appuntamenti hanno trovato continuità e riconoscibilità, trasformando un luogo istituzionale in spazio vivo di confronto artistico. La recente serata intitolata Souvenirs ha posto al centro la figura di Paolina Borghese, sorella di Napoleone, evocata non soltanto come icona storica e mondana, ma come presenza viva nella memoria sonora del suo tempo. Il concerto ha intessuto un percorso che alternava pagine celebri e brani rari, costruendo un mosaico in cui la storia privata della principessa si specchiava nella produzione di autori che le furono vicini. Così i duetti di Domenico Cimarosa, tratti dai Baroni di Rocca Azzurra e dal Matrimonio segreto, hanno offerto la cornice settecentesca di un mondo ancora intatto, fatto di grazia teatrale e di leggerezza melodica. In questo contesto si è inserita la celebre Una furtiva lagrima dall’Elisir d’amore di *Gaetano Donizetti, la cui presenza, in apparenza dissonante rispetto al filo conduttore della serata, ha rappresentato piuttosto un elemento di confronto: il repertorio entrato stabilmente nel canone posto accanto a quello dimenticato, la memoria collettiva accanto alla memoria che necessita di essere riattivata. La figura di Paolina emerge con forza nell’aria Il faut partir di Felice Blangini, proposta in prima assoluta. Secondo le testimonianze, il brano era associato direttamente alla principessa e, dopo la sua morte, fu nuovamente citato in un’altra composizione con valore commemorativo. Ciò conferisce a questa pagina un significato che va oltre la sua struttura musicale: essa si configura come un segno di sopravvivenza, come la traccia di una presenza che la musica stessa ha voluto prolungare oltre i confini della vita terrena. Il centro di gravità della serata è stato occupato dalle musiche di Giovanni Pacini, figura spesso relegata ai margini rispetto al trionfo di Donizetti e Bellini, ma che in questa occasione ha rivelato una gamma sorprendente di espressioni. L’aria O tenera madre… Alfin pietoso il cielo da La regina di Cipro ha mostrato la dimensione teatrale più ampia della sua scrittura, mentre il Notturno a due voci e le Tre Romanze, eseguite in prima assoluta, hanno restituito un Pacini cameristico, intimamente legato all’idea di un canto raccolto, sostenuto da un pianoforte non ancillare ma pienamente dialogico. Particolare interesse ha suscitato la Fantasia concertante sull’opera Saffo, elaborata da Tonassi e Pacini, nella quale il materiale melodico di una tragedia operistica veniva distillato e trasposto in una tessitura cameristica, affidata al dialogo tra flauto, viola e arpa. È qui che si è potuto cogliere appieno il valore della ricerca che ha reso possibile questa serata. Gli spartiti eseguiti non appartenevano al repertorio consolidato, ma a un patrimonio inedito, trasmesso in copie manoscritte spesso lacunose, con indicazioni contraddittorie o segmenti incompleti. Restituire vita a queste pagine ha significato un lavoro di revisione e di ricostruzione, che Adriana Cioffi ha affrontato con rigore filologico e sensibilità musicale, sciogliendo le ambiguità testuali e restituendo coerenza sonora a frammenti destinati al silenzio. A ciò si è aggiunto l’impegno di Pino Adriano, che ha dovuto superare le difficoltà legate al reperimento delle fonti, spesso custodite in archivi esteri e sottoposte a vincoli normativi. L’opera di mediazione necessaria per ottenere l’accesso e l’autorizzazione all’esecuzione ha reso questa serata non solo un evento musicale, ma anche un atto di restituzione critica, reso possibile da una passione che ha trasformato ostacoli in opportunità. Accanto a Romina Casucci (soprano), Francesco Malafronte (tenore) e Carlo Martiniello (pianoforte), il Trio ChagallCatello Coppola al flauto, Adriana Cioffi all’arpa e Simone de Pasquale alla viola – ha dato sostanza al programma, passando dalla brillantezza cimarosiana alle ombre elegiache di Pacini. Va sottolineato anche il ruolo di Coppola, che ha introdotto i brani con passione e trasporto, guidando l’ascoltatore attraverso un repertorio complesso e non sempre immediato. L’iniziativa si è avvalsa della collaborazione di Roma Barocca in Musica, presieduta da Régis Nacfaire de Saint-Paulet, e del sostegno di Aline Foriel-Destezet, confermando la solidità istituzionale e il respiro internazionale di un progetto che si colloca a pieno titolo nel dialogo tra ricerca filologica e prassi esecutiva. Nel silenzio delle sale della Villa Bonaparte, le voci e gli strumenti hanno restituito un tessuto fragile di memorie, riportando alla luce suoni che rischiavano di restare prigionieri delle biblioteche. Ogni pagina ha testimoniato il lavoro paziente della ricostruzione, ma anche la capacità della musica di farsi medium del ricordo: la voce di Paolina Borghese, inscritta nelle note di Blangini e di Pacini, ha oltrepassato i limiti della storia per farsi ancora presente. Così, nella cornice di una serata diplomatica, la musica ha assunto la funzione più alta: restituire vita al tempo perduto, trasformando l’eco dell’archivio in esperienza viva.