Arcadi Volodos inaugura la Stagione Concertistica 2025-26 degli Amici della Musica di Firenze

Firenze, Teatro della Pergola, Stagione 2025-26 degli Amici della Musica di Firenze
Pianoforte Arcadi Volodos
Franz Schubert:
Six moments musicaux D.780; Franz Schubert /Franz Liszt: Litanei auf das Fest Aller Seelen, (da “3 Geistliche Lieder”), D.343/Liszt, S. 562; Der Müller und der Bach (da “Die schöne Müllerin”); Franz Schubert: Sonata per pianoforte in la maggiore, D. 959
Firenze, 11 ottobre 2025
Con il concerto di Arcadi Volodos (Teatro della Pergola, sabato 11 ottobre, ore 16:00) ha avuto inizio la stagione concertistica 2025-2026 degli Amici della Musica di Firenze con la direzione artistica di Andrea Lucchesini. La locandina comprendeva brani schubertiani, benché l’opinione diffusa sia che l’opera del musicista austriaco vada ricercata nel Lied. Tale convinzione è talmente consolidata da individuare in questo genere, ove la relazione tra testo poetico e melodia è assai stretta, l’itinerario che porta alla musica strumentale di Schubert. È proprio la struttura liederistica a suggerire l’idea che per il compositore tutto è canto, ovvero il veicolo più diretto a esprimere sentimenti ed emozioni talmente significativi fino ad accorciare lo iato tra interprete e pubblico. Durante il concerto, soprattutto per gli estimatori della musica del romanticismo tedesco, non era difficile immaginare quanto lo studio di Schubert con Antonio Salieri abbia inciso per assorbirne la cantabilità italiana. Volodos ha restituito con intelligenza interpretativa e raffinata lettura il bellissimo programma, trasmettendo una miriade di emozioni fino a far trattenere il fiato. Lo stesso suo curriculum – con studi di canto e di direzione d’orchestra, le incisioni Volodos – Schubert, Volodos Plays Liszt fino al Volodos Plays Schubert che lo ha portato a ricevere l’Edison Classical Award 2020, oltre a sottolineare indubbie qualità musicali e le esperienze artistiche – faceva presagire il successo dell’evento. Dei Six moments musicaux colpivano, a parte la successione tonale dei brani (1. Moderato in do maggiore, 2. Andantino in la bemolle maggiore, 3. Allegro moderato in fa minore, 4. Moderato in do diesis minore, 5. Allegro vivace in fa minore, 6. Allegretto in la bemolle maggiore), la brevità e il carattere intimistico che albergava nella melodia. A Volodos il compito di offrire riflessioni costituite non da semplici ‘suoni alati’ ma di raccontare attraverso il pianoforte questi spartiti colmi di poesia. La parte centrale – con Schubert / Liszt sia in Litanei auf das Fest Aller Seelen (da “3 Geistliche Lieder”), D. 343 /Liszt, S.562 che con Der Müller und der Bach (da “Die schöne Müllerin”), D.795, n.19 /Liszt, S.565, n. 2 – è stata un autentico canto delicato, onirico e molto espressivo in cui, pur con una certa pennellata fantasiosa della trascrizione lisztiana, l’interprete è riuscito a tradurre il tutto in una cantabilità autentica e struggente. Nella seconda parte, con la Sonata per pianoforte in la maggiore D. 959 si è approdati allo Schubert delle ultime tre Sonate scritte nel settembre 1828, a due mesi dalla sua dipartita. Pur ravvisando ‘pensieri’ beethoveniani in realtà riaffiorano gli stilemi più autentici della musica di Schubert. Le strutture formali classiche si aprono a narrazioni più intimistiche tanto che i movimenti Allegro/Andantino/Scherzo. Allegro vivace-Trio: Un poco più lento/Rondò: Allegretto-Presto appaiono più tappe di un musikalische Reise fatto di immagini, visioni e sentimenti colmi di pathos. Per una ricezione più vicina all’autore occorreva allentare l’analisi formale per accogliere un mondo in cui luce e ombra sono intrinsecamente legati come accade nello sviluppo del primo movimento. Nell’Andantino in fa diesis minore, grazie all’affascinante ed eloquente canto della mano destra rispetto all’accompagnamento della mano sinistra, si poteva percepire ancora una volta quella luce che, in una trasposizione visiva e nell’interpretazione di Volodos, diventava contrasto tra il piano celeste e quello terreno come nelle opere artistiche di genere sacro del Rinascimento. Inoltre nella sonata, pur prendendo altre strade, a fronte di una scrittura pianistica che allude a certi sviluppi beethoveniani, percorsi armonici ‘avventurosi’ o a strutture formali che si distaccano dalle consolidate linee formali più strutturate, il lied rimane sempre l’approdo sicuro. Ma se sul piano percettivo erano i richiami, le citazioni e i ricordi a riaffiorare e a catalizzare l’attenzione dell’ascoltatore, sul piano più poetico in tutto il programma, era il caleidoscopico mondo di nuances, di dolcissimi pianissimo e di reiterati respiri musicali a prendere il sopravvento. Questi ultimi, dettati dall’interprete come un autentico oratore e per l’efficacia dei fraseggi, potevano coincidere con quelli del pubblico non solo per i più sensibili alla profonda ed emotiva espressione musicale di Schubert, ma per tutti coloro che desideravano ‘ascoltare’ pienamente il respiro della vita. Un grande successo per Volodos che ha saputo trasformare un programma in una performance edificante costituita da una comunicazione non disgiunta da un vivido pensiero musicale per il quale il pubblico, con reiterati e fragorosi applausi, lo richiamava sulla scena.
Molto generosamente egli ha offerto ben sei fuori programma iniziando con una sua revisione di danze di Schubert, l’Intermezzo di Brahms op. 117 n.1, ancora Liszt con la Rapsodia ungherese n. 13, per proiettarsi verso il XX secolo con musiche di Frederic Mompou ed Ernesto Lecuona. La conclusione, affidata ad un brano di J. S. Bach, ha rappresentato non solo un movimento ideale e di reminiscenza per forme come la sonata e la suite, ma un autentico ritorno alla delicatezza, dolcezza e grande espressività di un musicista che per tutto il concerto non ha mai smesso di far ‘cantare’ il pianoforte. Foto di Giulia Nuti