Firenze, Teatro della Pergola: Luigi Piovano e Antonio Pappano interpretano Brahms e Rachmaninov

Firenze, Teatro della Pergola, Stagione 2025-26 degli Amici della Musica di Firenze
Violoncello Luigi Piovano
Pianoforte Antonio Pappano
Johannes Brahms: Sonata n. 1 in mi minore, op. 38; Sergej Rachmaninov: Sonata in sol minore, op.19
Firenze, 25 ottobre 2025
Chi ha ascoltato il concerto del duo Piovano-Pappano non dimenticherà questo evento particolare. Due musicisti che, mentre suonano, evidenziano un ascolto reciproco e talmente raffinato da far percepire, grazie ad una significativa intesa, una sorta di autogenesi delle opere in programma. Colpiva nei due interpreti, in un autentico ‘contrappunto alla mente’, una sorta di dialogo inter pares che ricorda Goethe quando si riferisce alla musica da camera. Si è intuita subito la volontà di offrire un’interpretazione profonda e partecipata, quasi una lettura ermeneutica. Ognuno – senza rinunciare ai momenti in cui esplicitava il ruolo di autentico ‘rapsodo’, soprattutto nelle sezioni ove il contrappunto stabiliva la ‘navigazione’ – si inseriva in modo appropriato, rendendo esplicito ogni ingresso e chiarendo gli elementi figurali e strutturali dell’architettura delle composizioni presentate. Ne è scaturito un sapiente equilibrio e fusione tra i due strumenti ove si percepivano sezioni con una gamma di nuances, mentre l’idea di collaborazione esprimeva anche l’armonia sul piano umano.  Piovano, impugnato l’arco e manifestate intenzioni eloquenti (p. espress. Legato), ha esposto il primo tema dell’Allegro non troppo della composizione brahmsiana che, per una serie di ‘coincidenze’, rimanda all’incipit della Sinfonia n. 4 dello stesso autore, quasi anticipando alcuni stilemi ricorrenti. In sostanza: medesima indicazione agogica, tonalità ed altri aspetti, senza dimenticare l’attacco arpeggiato del violoncello nella forma ascendente (nella sonata mi-sol-si) e nella forma retrograda discendente (nella sinfonia si-sol-mi, eseguito dai violini). Poi, come nelle 14 battute iniziali della sinfonia (gruppo dei legni), si ode il piano ‘trasfigurato’ su una tastiera che, grazie a Pappano, sembrava una reductio ad unum di una variegata tavolozza di colori. Il prosieguo è stato un ‘navigare’ nella forma sonata, cogliendo le autentiche espressioni romantiche. L’ Allegretto quasi minuettoTrio ha costituito l’occasione per sentire i due strumenti in una prospettiva molto luminosa. La dolcezza dominava la scena (soprattutto nella prima parte, in la minore) fino ad immergersi nel più lirico Trio (fa diesis minore) ove, nei momenti in cui la destra del pianoforte si unisce allo strumento ad arco, assumeva una connotazione maggiormente ‘sentimentale’. Infine la pausa dell’ultima battuta è diventata respiro musicale per dare inizio all’Allegro finale. Ora, nella tonalità d’impianto, si ascoltava il bel soggetto scolpito e affidato alla sinistra del pianoforte con la risposta dello strumento ad arco. Eredità bachiane che, pur nel dialogo con la struttura tripartita della sonata, permettevano di immaginare l’ammirazione di Brahms verso il contrappunto e per il virtuosismo polifonico del Kantor. Nel movimento si è delineata una chiarezza nell’espressione ed un ineccepile fraseggio tanto da restituire quello stile romantico capace di recuperare stilemi barocchi e classici molto significativi per il compositore di Amburgo. Con l’op. 19 di Rachmaninov (1901), è emersa la buona intuizione del Duo a rimanere nell’alveo di uno stile ancorato alla grande tradizione romantica. Lavoro dalle ampie proporzioni, la cui scrittura esige un approccio assai impegnativo per gli strumenti. Il Lento iniziale, con l’esordio del violoncello (semitono ascendente: re-mib), reiterato e trasposto, fino a coinvolgere il pianoforte, sembra ricordare lo stesso intervallo, nella forma discendente (do-si), presente anche nella sonata brahmsiana. Particolare molto significativo che conferma non solo alcuni modi operandi compositivi comuni ma anche l’attenzione degli interpreti verso ogni dettaglio della scrittura in quanto veicolo di significati che attendono di essere svelati. Già nel Lento iniziale si poteva intuire l’intenzione di continuare a ‘cantare’, in tutti i registri, ognuno con il proprio strumento al punto che, nell’Allegro moderato, pur in presenza dell’incedere del fitto ‘ricamo’ (semicrome) della mano destra del pianoforte, per la leggerezza del pianista si riusciva a godere l’espressività del violoncello. In tutta la composizione è stato quasi sempre lo strumento a tastiera a dare e suggerire l’ ‘imprinting filiale’ dei vari temi anticipandone il carattere così da osservare l’attenzione sempre significativa di Piovano alla ricerca di una coinvolgente intesa. Poi, dopo i tre colpi di tonica (sol) in fortissimo che portano alla chiusa, l’ascoltatore è stato traghettato nell’iniziale sonorità grave dell’Allegro scherzando. Grazie ad una concezione più concertante di Pappano, si poteva cogliere chiaramente il diverso modo di trattare la melodia rispetto all’accompagnamento. L’andamento terzinato di crome dettava una sensibile enfasi ritmica e il bel colore del pianissimo introduceva l’incedere cupo, espressivo e leggiero affidato al registro grave del pianoforte, subito reiterato dal violoncello. Di questo movimento ha colpito la grande energia degli interpreti nel saper restituire varietà di colori, a volte anche molto improvvisi finché, giunti a Un poco meno mosso, il ‘canto’ di Piovano, sostenuto e valorizzato da Pappano, ha fatto intendere di voler ambire ad una maggiore liricità. Tale intuizione si è manifestata maggiormente nel successivo Andante ove l’introduzione, affidata alle mani del pianista, è divenuta una pagina dal carattere spiccatamente lirico, quasi con lontani riecheggiamenti dei Lieder ohne Worte di Felix Mendelssohn. Nell’Allegro mosso, (sol maggiore), è ancora il pianoforte a suggerire e a delineare una lettura luminosa e brillante, a tratti ‘sinfonica’. Il refrain, all’interno della struttura rondò-sonata, è riuscito a contagiare il numeroso pubblico in un’autentica gioia, rispondendo alla fine con sincere e prolungate ovazioni. A chiudere il bel pomeriggio un fuori programma costituito da una perla tratta dal Carnevale degli animali di Camille Saint-Saëns: Il Cigno che, per certi aspetti, sembrava ribadire quanto questi straordinari musicisti riescano ad esprimersi senza mai disgiungere la musica dalla poesia. Foto Giulia Nuti