Napoli, Teatro di San Carlo, Stagione d’opera e danza 2024/25
“PICTURE A DAY LIKE THIS”
Opera in un atto su testo per musica di Martin Crimp
Musica di George Benjamin
Performed by arrangement with Faber Music, London
Woman XENIA PUSKARZ THOMAS
Zabelle ANNA PROHASKA
Lover 1 / Composer MARION TASSOU
Lover 2 / Composer’s Assistant CAMERON SHAHBAZI
Artisan / Collector JOHN BRANCY
Attrici e Attore LISA GRANDMOTTET, EULALIE RAMBAUD, MATTHIEU BAQUEY
Orchestra del Teatro di San Carlo
Direttore Corinna Niemeyer
Regia, Scene, Drammaturgia e Luci Daniel Jeanneteau e Marie-Christine Soma
Costumi Marie La Rocca
Video Hicham Berrada ripreso da Mattéo Reydant
Co-commissioned and co-produced by the Festival d’Aix-en-Provence, Royal Opera House – Covent Garden, Opéra National du Rhin, Opéra Comique de Paris, Les Théâtres de la Ville de Luxembourg, Oper Köln and Teatro di San Carlo
Napoli, 26 ottobre 2025
Con Picture a day like this termina la Stagione operistica 2024/25 del Teatro San Carlo. La risoluzione scenica dell’opera di George Benjamin, su testo di Martin Crimp, avviene attraverso l’impianto scenografico e drammaturgico progettato da Daniel Jeanneteau e Marie-Christine Soma, ideatori anche del disegno registico. Un’opera contemporanea – la cui prima è avvenuta nel 2023, al Festival d’Aix-en-Provence, al Théâtre du Jeu de Paume –, paradigmatica dello stile compositivo di Benjamin, che, parafrasando Timothée Picard, riesce a mettere d’accordo, nell’ambito di un formalismo di fondo, soluzioni drammaturgo-musicali variegate e sperimentali. La trama è semplice: a una Donna,
dopo la morte del figlio, viene comunicato che ha tempo fino a sera per donare una nuova vita al figlio – ciò, però, può accadere soltanto sottraendo un bottone dalla manica di una persona felice. La Donna, pertanto, intraprende un viaggio, incontra persone varie – due Amanti, un Artigiano, una Compositrice, un Collezionista –, nessuna delle quali, però, è effettivamente felice. Il carattere irrimediabilmente pessimistico dell’opera viene risolto attraverso un finale presumibilmente lieto (il bottone compare nella mano della Donna, dopo l’incontro con Zabelle, una «creatura»). L’opera – come afferma Benjamin in una conversazione, a cura di Timothée Picard, inserita nel programma di sala – è il racconto di un viaggio, irrealisticamente fiabesco, determinato da «diverse traiettorie intermedie»: una «continuità spezzata», scenica e musicale. La restituzione scenica di questa «fiaba» avviene, pertanto, attraverso un disegno registico intimistico ed estremamente sintetico – la cui essenzialità consente di evidenziare le conseguenze dell’evento traumatizzante che la Donna è costretta ad affrontare: Woman sembra effettuare un
viaggio «da ferma», restando in scena – sembrando, pertanto, interessata da visioni o inverosimili allucinazioni. Anche il finale lieto, dunque, assume la forma di un momento estremamente inverosimile, non tanto per il carattere fantasioso in sé – ammissibile in un racconto fiabesco –, ma perché anch’esso appare come un evento puramente e illusoriamente «immaginario». La Scena ultima, infatti, viene collocata in un «acquario», determinato da proiezioni-video – quelle di Hicham Berrada, riprese da Mattéo Reydant –, attraverso cui avviene la costruzione scenica di un «giardino» sommerso. Tutte le altre scene, invece, accadono in un ambiente estremamente opaco – definito da Jeanneteau come uno «spazio mentale», entro cui la Donna è interessata da angosciose allucinazioni. Alla testa dell’Orchestra del San Carlo, Corinna Niemeyer, che riesce a proporre una lettura appropriata del racconto strumentale: esso assume la forma di un continuum di elementi sonori – la cui distribuzione, come previsto dal compositore, avviene in modo estremamente «minimalista». La scrittura è, all’occorrenza, anche interessata da momenti sonori fortemente espressivi. La restituzione scenica dell’opera appare demandata, soprattutto, al materiale narrativo-testuale e, dunque, alla scrittura vocale. La scrittura strumentale, benché costruita a partire dal testo, sembra destinata a colloquiare «freddamente» con il componimento. L’accompagnamento orchestrale, pertanto, è impegnato a «commentare» il materiale testuale esposto; ma la caratterizzazione delle vicende teatrali è ancora compito affidato
al componimento testuale e, dunque – ancora una volta – alla scrittura vocale. L’opera, dunque, reca in sé somiglianze varie con il teatro di prosa. Nel ruolo della Donna, Xenia Puskarz Thomas. Il mezzosoprano offre un ritratto estremamente convincente della donna-mamma, determinato dal tormento – anche inespresso – che l’evento traumatizzante le ha provocato; una sofferenza estrema, perfettamente ravvisabile nell’Aria – attraverso cui Woman dà voce allo sdegno per la morte e il mancato ritorno alla vita del figlio. Emergono, peraltro: un’opportuna «declamazione» e un’attenta gestione della scrittura vocale, anche quando interessata da momenti di nervosa espressività. A interpretare Composer è Marion Tassou. La risoluzione del ruolo viene effettuata dal soprano con estrema correttezza, e «il pensiero insidioso [del personaggio] / di essere banale» ne determina la condotta vocale: un ritratto scenico-vocale teatralmente efficace, ottenuto attraverso una linea vocale declamatoria. Ottima, peraltro, anche la risoluzione dell’altro ruolo interpretato dal soprano: Lover 1, Amante tradita, irrimediabilmente delusa. Nei ruoli di Lover 2 e Composer’s Assistant, Cameron Shahbazi. Il controtenore gode di una vocalità preziosa, la cui bellezza e il controllo sorprendente dello strumento vocale consentono all’attore-cantante di poter porre in evidenza un pathos estremo, la cui tinta «erotica» determina l’«indeterminatezza» di un rapporto amoroso, quello intrapreso con Lover 1. Parimenti ottimo John Brancy. Il
baritono effettua la risoluzione dei ruoli affidatigli – Artisan e Collector – attraverso una notevole padronanza del registro acuto e un mirabile talento nell’affrontare e nel gestire i momenti «particolari» della scrittura vocale: la presenza del falsetto assume anche un’importanza teatrale. Zabelle è, invece, interpretata da Anna Prohaska. Il soprano garantisce alla «creatura» una vocalità opportuna, adatta a ritrarre l’indefinita «soprannaturalità» del personaggio, la cui restituzione è determinata da: fascino del colore timbrico ed eleganza di fraseggio, elementi utili alla creazione «drammatica» del ruolo. Completano il cast: Lisa Grandmottet, Eulalie Rambaud, Matthieu Baquey (Attrici e Attore). I cantanti indossano i costumi di Marie La Rocca, particolarmente raffinati – soprattutto quello indossato da Artisan, costellato di innumerevoli bottoni. Questa volta, al San Carlo, vi era qualche posto vuoto in platea; vari, invece, erano i palchetti vuoti. Vi era anche una discreta presenza di ragazzi, attratti – magari – dalla novità del titolo proposto o dalla breve durata dell’opera: un’ora circa, anche meno di un film. Attendiamo, adesso, l’inaugurazione della nuova Stagione, che avverrà a dicembre, con Medea. Foto Luciano Romano
Napoli, Teatro di San Carlo: “Picture a day like this”